Corte di Cassazione ordinanza n. 18014 depositata il 6 giugno 2022
trattamento fiscale dei canoni di locazione
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate notificò a F. s.a.s. di G. C. (d’ora innanzi “F.”), esercente l’attività di locazione di immobili, e a M. a.s. di G. M. (d’ora innanzi “M.”), posseduta da F. per una quota del 99, 72%, vari avvisi di accertamento inerenti a ricavi non dichiarati per gli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007, in relazione alla locazione di un immobile sito a Roma e adibito a residence.
2. Detto immobile era stato locato nel 1992 da M. a tale Residence Cadore s.a.s., cui era subentrata, con “scrittura privata aggiuntiva” del 18 gennaio 1992, la società P. Residence a r.l.; quest’ultima, con nota del 14 gennaio 2001, aveva comunicato alla locatrice e a F. di aver ceduto il contratto alla società Passo del P. r.l., che aveva versato i canoni locativi per € 150.740,00 annui fino a tutto il 2010; la locatrice non aveva emesso fatture relative ai canoni percetti, che la cessionaria del contratto aveva dunque provveduto ad autofatturare.
In sede di verifica, F. aveva affermato di aver risolto il contratto con la P. Residence nel 2002, di seguito avviando un procedimento per la convalida di sfratto, e che, pertanto, la Passo del P. stava occupando l’immobile abusivamente, cosicché gli importi da lei versati andavano imputati a risarcimento danni per illegittima occupazione.
Negando siffatta ricostruzione del rapporto, sulla base della documentazione acquisita, l’amministrazione ricostruì il maggior reddito delle società contribuenti; di qui la notifica degli atti impositivi alle predette ed ai soci.
3. Gli avvisi furono impugnati innanzi alla T.P. di Roma, che respinse il ricorso.
L’appello proposto dai contribuenti fu invece accolto dalla Commissione regionale.
I giudici di appello ritennero che non sussistesse un rapporto locativo con la società Passo del P., mancando la prova tanto della conclusione del contratto di locazione, quanto di un valido subentro (inteso come novazione dell’originario rapporto), poiché la comunicazione del 14 gennaio 2001 non era stata accettata – né aveva ottenuto alcun riscontro – dalla locatrice. Anche il giudice civile investito della controversia per lo sfratto dell’originaria conduttrice, peraltro, aveva qualificato la società subentrata come occupante abusiva.
Conseguentemente, la sentenza d’appello ritenne che le somme versate alla locatrice non costituissero materia imponibile.
4. Avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Gli intimati hanno depositato controricorso, illustrato da successiva memoria.
Considerato che:
1. Il primo motivo di ricorso denunzia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti.
L’amministrazione ricorrente si duole del fatto che la sentenza d’appello abbia ritenuto l’insussistenza di un valido rapporto locativo fra F. e la società Passo del P. riportando ampi stralci dei propri atti difensivi e della documentazione agli stessi allegata, donde tale circostanza emergeva invece con chiarezza.
Assume, in particolare, che la C.T.R. avrebbe omesso di considerare che: (a) negli anni precedenti a quelli oggetto di accertamento, le società contribuenti avevano fatturato le somme ricevute dalla Passo del P. come “canoni di locazione”; (b) tanto la F. quanto la M. avevano sottoscritto per ricevuta la lettera (consegnata “a mani”) con la quale era stata loro comunicata la cessione del contratto dalla P. Residence alla Passo del P.; (c) era stata acquisita una nutrita corrispondenza fra le parti che documentava l’esistenza di un contratto; in particolare, vi erano missive con le quali la locatrice domandava a detta società di adeguare gli importi dei canoni, ovvero le comunicava gli estremi del conto corrente bancario sul quale eseguire gli accrediti.
1.1 I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità della censura, richiamando l’insegnamento di questa Corte essenzialmente riconducibile alla nota Sez. U., n. 16628/2009 – in base al quale il ricorso per cassazione è inammissibile se il ricorrente, anziché narrare i fatti di causa ed esporre l’oggetto della pretesa come prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., si limiti a trascrivere integralmente gli atti dei precedenti gradi del giudizio ovvero li alleghi al ricorso mediante “spillatura”.
Tale, tuttavia, non è la situazione che ricorre nella specie. il motivo di ricorso, infatti, è confezionato in modo da consentire una chiara ricostruzione della vicenda e del contenuto dei giudizi di merito, recando incorporati stralci di atti e documenti colà prodotti solo a maggior chiarezza di quanto riportato in fatto.
1.2 Ciò posto, nel merito il motivo è fondato.
La sentenza d’appello ha escluso che i versamenti poi ripresi a tassazione costituissero materia imponibile sull’unico e fondamentale rilievo del fatto che tra F. e Passo del P. «non fosse sorto un vero e proprio contratto di locazione»; e ciò in quanto «non risulta stipulato alcun contratto [ …] né risulta avvenuto alcun subentro (né tantomeno novazione) nel contratto di locazione, tenuto conto che la comunicazione del 14.11.2001 non ha alcuna rilevanza sul piano giuridico, trattandosi di atto meramente unilaterale che non ha trovato conferma e/o accettazione da parte della F.».
Nell’esporre tale convincimento, tuttavia, il giudice d’appello non ha minimamente dato conto di quanto emergeva da alcuni documenti prodotti dall’amministrazione; e ciò quantunque si trattasse di documenti non privi di rilievo nell’indagine sull’esistenza, ai fini fiscali, di un rapporto locativo.
Si fa riferimento, in particolare: (a) alle fatture emesse da F. a Passo del P. a titolo di “canone di affitto commerciale” fra il settembre ed il novembre 2001, riprodotte in ricorso alle pagg. 14- 16; (b) alla comunicazione inviata dalle società contribuenti a Passo del P., che indica il nuovo conto corrente bancario nel quale dovranno essere effettuati i «versamenti di cui al contratto di locazione in corso» (riprodotto alla pag. 19 del ricorso); (c) nonché, infine, alla lettera con la quale la precedente conduttrice P. Residence s.r.l. comunica il subentro di Passo del P. nel contratto, sottoscritta per ricevuta dalla locatrice (riprodotta alla pag. 13 del ricorso) ed in sé idonea a produrre l’effetto di cui all’art. 36, primo comma, della I. 27 luglio 1978, n. 392, fatta salva la verifica degli ulteriori presupposti per l’operatività della fattispecie, che la C.T.R. ha ritenuto tuttavia di non scrutinare qualificando tale comunicazione come «atto privo di rilevanza sul piano giuridico».
1.3 La sentenza impugnata, pertanto, appare viziata sotto il profilo denunziato, poiché, nel formulare un giudizio di insussistenza del rapporto locativo presupposto dagli accertatori, ha completamente trascurato di considerare menzionati documenti, il cui esame risulta invece, in tale ottica, decisivo.
2. Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 55 P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (t.u.i.r.), 1591 cod. civ., 53 della Costituzione e 41-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Osserva in proposito la ricorrente che, anche a voler ritenere successivamente caducato l’originario contratto locativo, e quindi considerando la Passo del P. alla stregua di un occupante abusivo, ciò non spiegherebbe alcun effetto sul regime fiscale del rapporto.
L’art. 1591 cod. civ., infatti, prescrive che il conduttore in mora è tenuto a restituire la cosa e a versare il corrispettivo pattuito fino alla riconsegna; e la stessa natura di “corrispettivo” è attribuita alle somme conseguite dal locatore dopo la scadenza del contratto dalle ulteriori norme richiamate.
Secondo l’agenzia, pertanto, le somme in esame dovevano essere contabilizzate come ricavi, non essendo consentita una loro sottrazione dall’imposizione, così come erroneamente affermato dai giudici d’appello sul rilievo della loro riconducibilità ad una occupazione sine titulo.
2.1 Anche tale motivo è fondato.
La C.T.R. ha infatti escluso l’imponibilità dei versamenti sul mero rilievo dell’insussistenza del rapporto locativo, dal quale ha desunto che la Passo del P. si sarebbe «immessa arbitrariamente in una situazione di fatto, non classificabile, comunque, come locazione».
Così statuendo, il giudice d’appello ha tuttavia omesso di verificare se, quantunque in tal guisa qualificati, i versamenti ricevuti dalle contribuenti potessero in ogni caso concorrere a formare il loro reddito imponibile, e ciò sotto il duplice profilo normativo evidenziato in censura.
2.2 Per un verso, infatti, qualificando la condotta di Passo del P. come protrazione sine titulo di un rapporto locativo, la C.T.R. avrebbe dovuto fare buon governo del principio, più volte affermato da questa Corte (v. fra le altre Cass. n. 10926/2018; Cass. n. 15876/2013), secondo il quale l’obbligo del conduttore di versare il corrispettivo convenuto permane sino alla riconsegna anche senza necessità di sua costituzione in mora ex art. 1591 cod. civ., ed esaminarne le conseguenze sul piano fiscale.
2.3 In ogni caso, e decisivamente, a prescindere da ogni valutazione sul perdurante effetto della preesistente locazione, la C.T.R. ha omesso di considerare i profili applicativi dell’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 917/1986, in relazione al quale, comunque, anche le indennità versate dall’occupante abusivo possono – al di fuori dei casi in cui sia accertata la nullità del contratto di locazione – essere sottoposte a tassazione (in tema si veda fra le altre Cass. n. 7709/2017).
2.4 Sullo specifico punto, pertanto, vale la pena affermare il seguente principio di diritto: “il venir meno del rapporto locativo non esclude l’imponibilità dei versamenti successivamente effettuati dall’occupante al proprietario, ben potendo gli stessi essere ricondotti all’obbligo di pagamento del corrispettivo fino alla riconsegna, per il quale non è neppure necessaria la costituzione in mora ex 1591 cod. civ., e ferma comunque l’applicazione, nei casi consentiti, dell’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 917/1986 in relazione alle indennità conseguite a titolo di risarcimento danni“.
3. In conclusione, il ricorso va accolto in relazione ad entrambi i profili di censura e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale di Roma, la quale, decidendo in diversa composizione, terrà conto dei documenti richiamati in motivazione e si conformerà all’indicato principio di diritto, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese per la fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale di Roma in diversa composizione anche per le spese.
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