Corte di Cassazione ordinanza n. 18108 depositata il 6 giugno 2022

motivazione apparente

RILEVATO CHE 

– l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di Fabrizio Salvoni, quale presunto socio-amministratore di fatto di “CLV società cooperativa di produzione e lavoro”, avverso la sentenza n. 429/01/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Verona che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento n. T6Z030601345/2008 con il quale l’Ufficio, a seguito di p.v.c. del 10.9.2013 redatto dalla Direzione Centrale Accertamento­ Ufficio centrale Antifrode, aveva contestato a “CVL scpl” – quale cooperativa interposta fittizia tra la società consortile G. srl e le imprese utilizzatrici di manodopera non specializzata – un maggior reddito di impresa, per l’anno 2008, imputato per trasparenza, tra l’altro, a Fabrizio Salvoni, quale assunto socio- amministratore di fatto;

– il contribuente è rimasto intimato;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

 

CONSIDERATO  CHE 

1. con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546/92, 112 e 132, comma 2, n. 4 c.p.c. nonché 111, comma 7, Cost. per avere la CTR confermato la decisione di prime cure affermando apoditticamente che dai documenti prodotti non emergevano elementi idonei a provare l’assunto ruolo di Fabrizio Salvoni come socio- amministratore di fatto della “CLV scpl” senza esporre il ragionamento logico-giuridico sotteso a tale decisione.

2.11 motivo è fondato.

2.1. Va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; v. da ultimo Cass. 22949 del 2018). Come da ultimo precisato da questa Corte, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018; n. 26766 del 2020).

3. Peraltro, in tema di processo tributario, è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c.,   la   sentenza   della   commissione   tributaria   regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 15884 del 2017). Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle a/legazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. n. 22022 del 2017; Cass. n. 28113 del 2013).

4. Nel caso di specie, è palese che la sentenza della CTR, dopo essersi limitata a premettere che la CTP aveva accolto il ricorso sotto l’assorbente profilo della carenza di prova della qualità di socio­ amministratore di fatto della “CLV scpl” in capo a Fabrizio Salvoni, senza, peraltro, riportare il contenuto delle doglianze mosse in appello da!l’Ufficio (pagg. 11-13 del ricorso), ha confermato la decisione della CTP affermando apoditticamente che “l’Ufficio ha depositato, già nel giudizio di primo grado, il processo verbale di constatazione dell’Ufficio centrale Antifrode della Lombardia in data 9.2013 ma non gli allegati e il verbale di contraddittorio con Rodolfo del Torchio. Contrariamente a quanto emerge nei confronti di altri soggetti ritenuti soci di “CLV scpr .. dai predetti documenti non emergono però elementi idonei a ritenere che il Sa/vini, otre a quello commerciale che è fuori discussione, abbia svolto anche un ruolo gestionale della cooperativa e più in generale del sistema utilizzato per perpetrare la frode fiscale”; pertanto, nella specie, la motivazione della sentenza impugnata, come reso evidente dal contenuto della stessa, «non solo non è autosufficiente (nel senso che solo dalla lettura della stessa e non aliunde sia possibile rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto che stanno alla base della decisione)» (Cass. n. 777 del 2011), ma le considerazioni svolte «non disvelano il percorso logico-giuridico seguito dal decidente» e di certo non «può essere lasciato all’occasionale arbitrio dell’interprete integrare la sentenza, in via congetturale, con le più varie, ipotetiche argomentazioni motivazionali (cfr. Cass. civ. 5 agosto 2016, n. 16599). L’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata, alla stregua della nozione di “motivazione apparente” innanzi delineata» (Cass. S.U. citate).

5. In conclusione, va accolto il ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione.

P.Q.M. 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione;