CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 18165 depositata il 30 giugno 2023
Tributi – Istanza di rimborso – IRAP – Attività di medico odontoiatra – Presupposto impositivo IRAP della autonoma organizzazione – Compensi continuativamente erogati a terzi – Possesso di beni strumentali eccedenti, in relazione all’attività medica svolta, il minimo indispensabile per l’esercizio della professione – Esclusione dall’IRAP del reddito di lavoro autonomo – Rigetto
Rilevato
La contribuente presentava all’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale Firenze – istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per l’IRAP versata negli a.i. 2012-2016. La contribuente, in quanto esercente l’attività di medico odontoiatra, eccepiva la non assoggettabilità ad IRAP della professione esercitata, in quanto priva della struttura organizzativa (presupposto impositivo richiesto dall’art. 2 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
L’ufficio non forniva alcuna risposta, cosicché si formava un silenzio-rifiuto. La contribuente esperiva un tentativo di mediazione, che si concludeva negativamente.
Il silenzio-rifiuto era avversato avanti la CTP di Firenze, che accoglieva le ragioni della contribuente ritenendo modesti (in percentuale, e dunque irrilevanti ai fini dell’integrazione del presupposto dell’autonoma organizzazione) i compensi corrisposti a terzi rispetto ai ricavi dichiarati.
Il collegio d’appello, a fronte del gravame promosso dall’ufficio finanziario, confermava la sentenza.
Insorge il patrono erariale affidandosi ad un unico mezzo, cui replica la contribuente spiegando tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza la parte contribuente ha depositato memoria.
Considerato
Con l’unico motivo di ricorso, sollevando censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma primo e 3, comma primo, lett. c) del d.lgs. n. 446 del 1997, parte ricorrente lamenta l’irrilevanza, sostenuta dalla CTR, dei compensi continuativamente erogati a terzi ai fini della configurazione del presupposto impositivo IRAP della autonoma organizzazione, in quanto di misura percentuale modesta (dal 25% al 35%) rispetto ai ricavi conseguiti dalla contribuente.
Il motivo di ricorso è inammissibile e, oltretutto, infondato.
In primo luogo, il motivo è inammissibile in quanto presuppone un inammissibile riesame di merito di questa Corte, volto ad indagare la documentazione prodotta dalla contribuente e il vaglio critico operatone dalla Commissione di secondo grado. La formale denuncia di errori di diritto, in realtà, sollecita una diversa valutazione della vicenda storica sottesa al giudizio ed un difforme apprezzamento delle risultanze istruttorie vagliate in sede d’appello. Secondo giurisprudenza costante di questa Suprema Corte è facoltà del giudice del merito, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, (…) la delimitazione del campo affidato al dominio del giudice del merito consente innanzi tutto di escludere che chi ricorre in cassazione in questi casi possa limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia stato male apprezzato dal giudice o che sia privo di per sé solo di valenza inferenziale o che comunque la valutazione complessiva non conduca necessariamente all’esito interpretativo raggiunto nei gradi inferiori (Cass., n. 15771 del 2019).
Il riesame dell’apprezzamento probatorio operato in sede di merito, dunque, è sottratto al giudizio di legittimità, a meno che esso non si presenti intrinsecamente implausibile tanto da risultare meramente apparente (…) pertanto chi censura non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, nel vigore del novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (Cass., n. 15771 del 2019).
Oltretutto, il motivo si appalesa infondato.
L’ art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 stabilisce che il presupposto dell’IRAP, imposta a carattere reale, è «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi».
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001, ribadito che l’ IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, ha rilevato che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta, per difetto del suo necessario presupposto, l’autonoma organizzazione, il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, rimessa pertanto al giudice di merito.
La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza 10/05/2016, n. 9451 (in continuità con Cass., Sez .U., 12/5/2009, n. 12108, ma specificando ulteriormente i requisiti dell’impiego del lavoro altrui), ha chiarito i parametri alla cui stregua la questione di fatto deve essere valutata: con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Questa Corte (Cass. 17569/2016), nel confermare l’assoggettabilità ad IRAP del professionista, ha ulteriormente precisato come si possa accertare, nel giudizio di merito, oltre al dato della pluralità di studi professionali, il possesso di beni strumentali eccedenti, in relazione all’attività medica svolta, il minimo indispensabile per l’esercizio della professione (cfr. Cass. 221103/2016, nonché Cass.19011/2016).
Nel caso di specie, occorre rilevarsi la natura meritale della censura mossa, non più revocabile in dubbio che la valutazione del requisito dell’autonoma organizzazione sia rimessa solo ed esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito e non anche del giudice di legittimità.
In secondo luogo, poi, come risulta dalla pronuncia ivi impugnata, «la professionista ha fornito elementi probatori (copie dei quadri IRAP delle dichiarazioni dei redditi, copia dei modelli F24, copia dei bilanci per gli esercizi dal 2012 al 2015, fatture dei costi sostenuti per ciascuna annualità e copia delle certificazioni delle ritenute subite) dai quali traspare che il totale dei costi sostenuti per prestazioni professionali corrisposti ad altri studi odontoiatrici a titolo di compenso a terzi costituisce una percentuale minima in rapporto al totale dei ricavi per i periodi di imposta dal 2012 al 2015».
La lettura della sentenza gravata lascia evincere l’approfondita ed autonoma disamina della documentazione prodotta dalla professionista in sede di merito, disamina compiuta ed attestata dalla Commissione regionale in motivazione ed atta a esplicitare il percorso logico-giuridico che ha condotto i giudici di seconde cure alla declaratoria di irrilevanza dei compensi versati a terzi ai fini dell’integrazione del presupposto di autonoma organizzazione per l’IRAP.
Sussistendo, dunque, i requisiti per l’esclusione dall’IRAP del reddito di lavoro autonomo, il ricorso deve essere rigettato.
Pertanto, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio di legittimità a favore della parte contribuente, che liquida in €. tremilaottantadue/00, oltre ad €.200,00 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, Iva e c.p.a. come per legge.
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