Corte di Cassazione ordinanza n. 18172 depositata il 6 giugno 2022
IVA – cessione di immobili – anticipo
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società Il P.C. di I.P. Sas, nonché, per trasparenza, dei soci I.P., Anna G.M. e B.C., avvisi di accertamento con cui, in esito a verifica della Guardia di finanza, determinava il maggior reddito d’impresa ai fini Irap e Iva, nonché Irpef quanto ai soci, per l’anno 2007 e disconosceva l’agevolazione ai fini Irap prevista dall’art. 15 legge Regione Siciliana n. 21 del 29 dicembre 2003.
L’impugnazione dei contribuenti era accolta dalla CTP di Ragusa limitatamente alle sanzioni irrogate ai fini Irap. La sentenza era parzialmente riformata dalla CTR in epigrafe che riteneva fondata la ripresa con riguardo al solo disconoscimento dell’agevolazione Irap.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con quattro motivi, cui resistono i contribuenti con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con un motivo.
CONSIDERATO CHE
1. Va disattesa, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e in quanto teso ad un riesame del merito della Tali questioni, difatti, rilevano, in ipotesi, con riguardo ai singoli motivi, mentre è escluso che investano l’integrità del ricorso, con cui l’Ufficio denuncia plurime violazioni di legge.
2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992 per aver la CTR, nel ritener illegittimo il recupero Iva per il 2007 trattandosi di dichiarazioni del 2006, deciso in forza di domanda proposta dai contribuenti solo in grado d’appello.
2.1 Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo l’Ufficio riprodotto l’originario ricorso, né la successiva memoria in appello, atti da cui dovrebbe desumersi l’asserito ius novorum in appello.
3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 109 tuir avendo la CTR dato rilievo alla circostanza che gli incassi erano avvenuti nel 2006 mentre, con riguardo alle cessioni di beni immobili, ai fini della determinazione del periodo d’imposta secondo il principio di competenza, occorre fare riferimento alla data di stipulazione dei relativi atti di trasferimento.
3.1 Il motivo è inammissibile per carenza di specificità posto che neppure precisa a quale imposta la doglianza si riferisca, né se esso sia riferito esclusivamente all’avviso emesso nei confronti della società (come, invero, parrebbe desumersi dalla narrativa del motivo ove si precisa che la CTR “ha riconosciuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato motivando che il maggior reddito accertato per il 2007 si riferisce all’anno 2006”) ovvero si estenda anche agli avvisi emessi per trasparenza nei confronti dei soci.
3.2 La CTR, del resto, ha ritenuto il recupero Iva nei confronti della società illegittimo poiché, emergendo dalle dichiarazioni raccolte dall’Ufficio che i versamenti erano avvenuti nel 2006, la relativa (maggiore) Iva doveva essere accertata per tale annualità e non per il 2007, statuizione in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale «in tema di Iva, il versamento di un acconto sul prezzo con emissione della relativa fattura in relazione ad un contratto di compravendita immobiliare costituisce operazione imponibile ex art. 6, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972 in base al quale, ove il pagamento del corrispettivo avvenga in tutto o in parte anteriormente al momento del passaggio di proprietà, il presupposto impositivo si verifica alla data della fattura o a quella del pagamento e limitatamente all’importo pagato, sicché è a questo momento che deve farsi riferimento per la determinazione del periodo di imposta» (v. Cass. n. 1961 del 29/01/2020; Cass. n. 25088 del 26/11/2014; per una fattispecie del tutto omologa a quella in giudizio già Cass. n. 6487 del 19/03/2007, secondo la quale «in tema di IVA, nell’ipotesi di cessione di immobili, ai sensi dell’art. 6, primo e quarto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il presupposto impositivo si verifica al momento del passaggio di proprietà degli stessi e, qualora il corrispettivo venga versato, in tutto o in parte, anteriormente al verificarsi di tale evento, l’operazione si considera effettuata alla data del pagamento, ma solo limitatamente all’importo pagato»).
4. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di pronunciare sull’appello incidentale dell’ufficio.
4.1 Il motivo, in disparte la carenza di autosufficienza della censura per l’omessa compiuta riproduzione del contenuto del gravame incidentale d’appello, è infondato posto che la CTR ha esplicitamente disatteso l’appello dell’Ufficio – il cui oggetto, come individuato dalla stessa CTR, si risolveva «nella conferma degli accertamenti» – affermando: «ritiene che l’appello proposto dalla società contribuente e dai soci merita di essere parzialmente accolto con la conseguente riforma della sentenza impugnata ed il rigetto dell’appello incidentale dell’Ufficio», per poi procedere alla disamina del merito del giudizio.
5. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli 115 e 116 c.p.c. per non aver valutato, congruamente, le prove offerte dall’Ufficio.
5.1 Il motivo è inammissibile sia per la genericità della doglianza, carente in punto di autosufficienza quanto all’asserita documentazione non presa in considerazione dalla CTR, sia perché diretto a contestare non solo la sufficienza e adeguatezza della motivazione – non più consentita ex art. 360 n. 5 c.p.c. ratione temporis applicabile – ma la stessa valutazione delle prove operata dal giudice di merito, la cui ammissibilità era esclusa anche con riguardo al testo previgente.
6. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge Regione Siciliana n. 21 del 2003 per aver la CTR disconosciuto l’agevolazione Irap ivi prevista per essere stata la società costituita nel 2002, da cui l’esclusione della determinabilità della media della base imponibile per il triennio 2001-2003.
6.1 Il motivo è infondato.
6.2 L’art. 15, comma 1, della legge Regione Siciliana n. 21 del 2003 prevede che «Al fine di incentivare lo sviluppo dell’economia siciliana, è concessa l’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e successive modifiche ed integrazioni, per i cinque periodi di imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2003, alle imprese già operanti in Sicilia per la parte di base imponibile eccedente la media di quella dichiarata nel triennio 2001-2003, ad esclusione delle industrie chimiche e petrolchimiche».
La norma, dunque, riconosce un incentivo alle imprese che siano operanti in Sicilia sotto forma di esenzione fiscale la cui determinazione viene espressamente individuata in relazione alla “parte di base imponibile eccedente la media dichiarata nel triennio 2001-2003”.
Diversamente da quanto sostenuto dalla contribuente, pertanto, già dal dato letterale della disposizione emerge che non è sufficiente che l’impresa preesista al 2003 ma è necessario che essa sia operativa da almeno un triennio atteso che, in mancanza, non sarebbe neppure possibile la quantificazione dell’agevolazione stessa.
Occorre ricordare, sul punto, che – in coerenza con la costante giurisprudenza di questa Corte – una norma intesa ad attribuire una agevolazione (o un’esenzione) va interpretata in termini rigorosi e restrittivi (v., ex multis, Cass. n. 12804 del 26/06/2020 in tema di esenzioni tributarie a favore di enti non commerciali ed ONLUS; Cass. n. 34343 del 23/12/2019 in tema di agevolazioni in materia di mutualità; n. 23081 del 17/09/2019 in tema di radiofonia mobile; Cass. n. 28055 del 14/10/2021 in tema di agevolazione per l’acquisto della prima casa; Cass. n. 22174 del 14/10/2020 in tema di agevolazioni per le aree svantaggiate).
Milita ulteriormente in tal senso, del resto, la stessa attenzione prestata dal legislatore regionale al successivo comma 3 della norma («L’applicazione della presente disposizione è subordinata al rispetto della vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, nonché della definizione della procedura di cui all’articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea»), evidentemente intesa ad evitare che il beneficio trasmodi in un indebito aiuto di Stato.
L’indicata esegesi, d’altra parte, trova riscontro anche sul piano della interpretazione sistematica e teleologica atteso che il complesso delle agevolazioni riconosciute dagli artt. 13-15 della legge regionale n. 21 del 2003 assolve alle finalità di favorire il superamento di possibili gap operativi e di rilanciare e consolidare le iniziative economiche sul territorio regionale in presenza di specifiche condizioni:
- l’art. 13 persegue l’obbiettivo di favorire la nuova imprenditoria giovanile e femminile, tradizionalmente soggetta a maggiori ostacoli nonostante la validità delle iniziative e delle idee;
- l’art. 14 favorisce, a sua volta, lo sviluppo della nuova imprenditoria ma in specifici settori (turismo, beni culturali, …) valutati di peculiare interesse per il territorio e con positive ricadute sull’economia regionale, il cui avvio, frequentemente, non è agevole;
- l’art. 15, infine, offre un sostegno all’imprenditoria esistente in termini più generalizzati, in quanto esteso alla generalità delle attività produttive, purché esse, tuttavia, siano già operative da un congruo periodo di tempo, mirando ad assicurare un rafforzamento ed un radicamento più efficace.
Né si pone un problema di costituzionalità della disposizione quanto alla previsione di un intervallo di attività minimo di tre anni, indicazione che rientra nell’ambito della discrezionalità del legislatore e che, in concreto, appare ragionevole ove si consideri che tale circostanza porta ragionevolmente a ritenere l’impresa già, in sé, in grado di operare con efficacia sul mercato e non meramente estemporanea o artefatta.
Neppure si rileva un’irragionevole divergenza rispetto a quanto previsto con gli artt. 13 e 14 cit. posto che, in tali ipotesi, il beneficio mira ad incentivare l’avvio di nuove attività nonché ad ovviare ad una potenziale obbiettiva condizione di maggiore difficoltà, condizioni entrambe assenti rispetto alla fattispecie delineata dall’art. 15 cit.
7. In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale.
Le spese, attesa la reciproca soccombenza, vanno compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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