Corte di Cassazione ordinanza n. 18220 depositata il 7 giugno 2022
accertamenti bancari – anomalia motivazionale
Ritenuto che:
P.M. ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della CTR della Calabria, n. 3761/2019 dep. 18.10/2019, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef e IVA anno 2012, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo: valida la delega di firma dell’atto impositivo, contenente l’indicazione nominativa del delegato e il limite della delega; irrilevante la mancata esibizione da parte degli accertatori dell’autorizzazione all’attività d’indagine; legittimo l’accertamento basato in via induttiva sulle movimentazioni bancarie, gravando l’onere della prova contraria sul contribuente.
La CTR, per quanto ancora rileva, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che la sottoscrizione del funzionario delegato da parte del Direttore provinciale di Vibo Valentia in favore del sottoscrittore, Pietro Pugliese, indicato nominativamente con i limiti oggettivi della delega, fosse idonea a comprovare il potere di firma e scongiurare la sanzione di nullità dell’atto; ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo ex art.
32 dpr 600/73, a fronte della presunzione legale per cui sia i prelevamenti che i versamenti sui conti correnti vanno imputati a ricavi, in mancanza di prova contraria da parte del contribuente (anche attraverso presunzioni semplici, richiamando Cass. 199971/16); ana ogamente in materia di IVA, ex art. 51 comma 2 dpr 633/72, ha ritenuto non fornita la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni evidenziate in dichiarazione, ovvero all’estraneità delle stesse alla sua attività (cita Cass. 17156/18).
L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.
Considerato che:
1. Va esaminato prioritariamente, per ragioni logiche, il quarto motivo del rico so, col quale si lamenta la nullità della sentenza, ex art. 360 n. 4 c.c.p.::., in violazione dell’art. 112 c.p.c., per motivazione apparente, avendo la CTR omesso di pronunciarsi sulle ulteriori eccezioni preliminari proposte e sul motivo di merito addotto, quali: l’errata ricostruzione dei corrispettivi ex art. 39 comma 1 lett. D) e 41 bis dpr 600/73; le ragioni della delega di firma; la mancata produzione delle autorizzazioni alle indagini bancarie.
2. Il motivo è infondato, contenendo la sentenza impugnata una motivazione congrua, avendo la Commissione esaminato, contrariamente a quanto dedotto, tutte le doglianze lamentate nell’indicato motivo, avendo considerato: a) valida ed efficace la delega di firma; b) ritenuto, sulla base della funzione, che l’autorizzazione ex art. 51 comma 2 n. 7 Dpr 633/72, non richiede alcuna motivazione, ‘”sic:chè la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento .. che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente”; c) legittimo l’accertamento induttivo e non fornita la prova contraria da parte del contribuente.
2.1 Va peraltro ribadito che per giurisprudenza pacifica (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale richiama, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679; nello stesso senso, tra le altre, Cass. Sez. U. 10/12/2020, n. 28176) «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione». Tale situazione non ricorre nel caso in esame, per cui il motivo va respinto
3. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione di legge, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 42, co. 1 e 3 del d.p.r. 600/73, e art. 21 septies I. 241/90, per nullità insanabile dell’avviso di accertamento sottoscritto da funzionario diverso dal Direttore dell’Ufficio non dotato di regolare atto di delega li motivo è infondato.
3.1. Il Collegio intende dare continuità all’orientamento, confermato dalia Suprema Corte in fattispecie analoghe (cfr. Cass. nn. 11013/2019, 8814/2019, conf. n. 28850 del 08/11/2019), secondo cui, non è richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, né la sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e della legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire anche attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega (cfr. Cass. n. 13512/2011), e che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale parimenti consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa.
Nella fattispecie peraltro il funzionario era stato nominativamente indicato e specificato anche il limite delle sue competenze.
3.2. E’ stato poi affermato, quanto alla motivazione della delega di firma, che l’art. 42, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 è riferibile a una delega per la sottoscrizione, e non può dunque applicarsi ad una figura, quale la delega di firma, la disciplina dettata per la delega di funzioni, dovendo, sotto tale profilo, osservarsi che l’art. 17, comma 1 bis, del d.lgs n. 165 del 2001 si riferisce espressamente ed inequivocabilmente alla «delega di funzioni», laddove prescrive che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze ad essi riservate, a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidate (cfr. Cass. n. 8814/2019 cit.). La CTR si è adeguata ai superiori principi per cui il motivo va respinto.
4. Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 39 comma 1 D) del d.p.r. 600/73 e dell’art. 2727 e.e., essendo l’accertamento basato solo su elementi indiziari.
Il motivo è infondato, avendo la CTR deciso sulla base di giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui, in tema di accertamenti bancari, rilevanti sia ai fini della imposte dirette che dell’Iva, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili (ex multis da ultimo Cass. Sez. 5, n. 13112 del 30/06/2020; conf. n. 10480 del 03/05/2018). Le operazioni bancarie hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia solo dimostrando che ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine (Cass. Sez. 5, n. 2432 del 31/01/2017, conf. Sez. 6 – 5, n. 3628 del 10/02/2017).
5. Col terzo motivo si deduce violazione dell’art. 32 d.p.r. 600/73, ex art. 360 n. 3 c.p.c., non essendo tale norma applicabile ai liberi professionisti in relazione alla sentenza della Corte n. 228/2014 e successiva giurisprudenza di legittimità.
5.1 Il motivo è infondato.
Questa Corte (da ultimo n. 5732/2021) ha confermato l’orientamento secondo cui, in tema di accertamento sulla base delle indagini finanziarie, se i versamenti non giustificati presumono un maggior reddito con riferimento a tutte le tipologie di contribuenti, i prelevamenti hanno invece valore presuntivo solo nei confronti dei titolari di reddito di impresa (cfr, ex multis, Cassazione n. 23859/2019). Si tratta di una presunzione legale relativa (iuris tantum e non juris et de jure), che ammette prova contraria, potendo “il contribuente” dimostrare “che … ha tenuto conto” dei dati risultanti dalle indagini finanziarie “per la determinazione del reddito o che non” hanno “avuto rilevanza allo stesso fine” (articolo 32, comma 1 n. 2 Dpr 600/1973).
5.2 La giurisprudenza si è consolidata all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, che ha dichiarato incostituzionale la norma di cui all’articolo 32 Dpr N. 600/73 nella parte in cui presumeva il prelevamento non giustificato riconducibile al compenso non dichiarato per i possessori di reddito di lavoro autonomo. Ciò riguarda l’efficacia presuntiva dei soli prelevamenti dei lavoratori autonomi: diversamente, la presunzione di redditività dei versamenti non giustificati ha applicazione generalizzata a tutta la platea dei contribuenti.
5.3 Con riferimento ai versamenti effettuati dai predetti soggetti (lavoratori autonomi) sui propri conti correnti resta, quindi, invariata la presunzione legale posta dalla predetta disposizione a favore dell’Erario, che data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 civ. per le presunzioni semplici, superabile da prova contraria fornita dal contribuente (Cass. n. 6237 del 2015 e n. 9078 del 2016), “il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cass. sent. n. 18081 del 2010; cfr. anche sent. n. 22179 dei 2008 e n. 26018 del 2014, n. 16699 del 2016).
5.4 È infondato quindi il presente motivo, avendo il giudice di appello in relazione ai versamenti risultanti dai conti correnti del contribuente, ponendo correttamente a carico dello stesso l’onere probatorio e avendone accertato il mancato assolvimento.
6. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in € 1.400,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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