Corte di Cassazione ordinanza n. 18223 depositata il 7 giugno 2022

processo tributaria – nuove domande e/o eccezioni 

Premesso che:

1. l’Agenzia delle Entrate, lamentando violazione dell’art. 57 2° comma dpr 546/1992, ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Calabria ha annullato l’avviso di accertamento TDYCOT4000735 emesso da essa ricorrente nei confronti di A.E. Leone ritenendo dirimente il fatto che, a fronte dell’eccezione formulata per la prima volta dal contribuente in appello di violazione dell’art.42 P.R. 600/73, non era stata prodotta la delega in forza della quale l’avviso era stato sottoscritto da soggetto dichiaratosi delegato del capo dell’Ufficio.

2. il contribuente è rimasto intimato;

considerato che:

1. il ricorso è fondato. 

La CTR ha violato l’art.57, comma 2, del d.lgs. 546/92 che sancisce l’inammissibilità di nuove domande e di nuove eccezioni in appello.

La preclusione di cui all’art. 57 comma 2 d.lgs. 546/1992 si riferisce alle eccezioni in senso stretto (o proprio), rappresentate da quelle ragioni delle parti sulle quali il giudice non può esprimersi se ne manchi l’allegazione ad opera delle stesse, con la richiesta di pronunciarsi al riguardo (Cass., 6918/2013).

Costituisce principio consolidato quello per cui il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, per difetto di elementi formali essenziali, incompetenza o violazione di norme sul procedimento (Cass., 30 settembre 2015, n. 19414), mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (Cass., sez. 5, 29 dicembre 2017, n. 31224).

L’eccezione di nullità dell’avviso per violazione dell’art. 42 comma 1 del d.P.R. 600/73 è un’eccezione in senso stretto, non in senso lato.

E’ stato infatti già molte volte rimarcato che, “nel processo tributario, la nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta nelle successive fasi del giudizio” ( così Cass. 14733/2021 sul richiamo a Cass., sez. 5, 24 giugno 2016, n. 13126; Cass., 26 settembre 2018, n. 22859; Cass., n. 10802 del 2010; Cass., 5 giugno 2002, n. 8114; Cass., n. 13807 del 2003). Tale principio, elaborato dalla giurisprudenza in tema di difetto di motivazione e di sottoposizione a tassazione separata di plusvalenze, è stato ribadito anche per l’ipotesi di (asserita) sottoscrizione dell’atto impositivo da parte di soggetto diverso da quelli individuati dal d.p.r. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, in quanto il comma 3 del medesimo art. 42 sanziona con la nullità la violazione di tale precetto. L’art. 61, comma 2, del d.p.r. n. 600 del 1973 prevede, poi, che “la nullità dell’accertamento ai sensi del terzo comma dell’art. 42 e del terzo comma dell’art. 43, e in genere per difetto di motivazione, deve essere eccepita a pena di decadenza in primo grado”. Pertanto, non può essere rilevata d’ufficio in ogni grado”.

Ed ancora si è osservato che nelle ipotesi di invalidità degli atti impositivi (nella specie, per violazione dell’art. 42, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973), opera il generale principio di conversione dei vizi in motivi di gravame, in ragione della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto, sicché le nullità, ove non dedotte con il ricorso originario, non possono essere rilevate d’ufficio né fatte valere per la prima volta nel giudizio di legittimità (Cass. n. 12313 del 2018).

E’ stato infine anche sottolineato che nel contenzioso tributario, il giudice d’appello, attesa la particolare natura del giudizio, non può decidere la controversia sulla base di un’eccezione non ritualmente dedotta con l’originario ricorso introduttivo (Cass. n. 15769 del 2017);

2. il motivo va pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non vi sono ulteriori questioni cosicché la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario;

3. le spese del merito sono compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M. 

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito rigettando il ricorso originario;

compensa le spese del merito;

condanna il contribuente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1400,00, oltre spese annotate a debito.