Corte di Cassazione ordinanza n. 18240 depositata il 7 giugno 2022

vizio di motivazione

RILEVATO

L’Agenzia delle entrate ricorre avverso la CTR per il Lazio che ha riformato la pronuncia della CTP di Roma che, dichiarando il ricorso inammissibile per difetto di prova della sua regolare notifica, non aveva scrutinato le ragioni della parte contribuente in tema di termine di decadenza per la notifica della cartella connessa a sanzioni per rate non pagate o pagate in ritardo, lamentando sia stato calcolato sul terzo anno successivo alla dichiarazione (irregolare) accertata, invece che sul secondo anno successivo al mancato pagamento della cartella.

Il ricorso è affidato a due motivi, mentre sono rimasti intimati tanto la parte contribuente quanto l’incaricata per la riscossione.

CONSIDERATO

Con il primo motivo si prospetta cesura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 25 d.P.R. n. 602/1973 ed art. 3 bis d.lgs. n. 462/1997, nella sostanza lamentando fosse stata ritenuta tardiva la cartella emanata a seguito della decadenza del beneficio rateale per mancato versamento tempestivo della rata dovuta.

In terna di riscossione d’imposta, ai fini della decadenza dal pagamento rateale ex art. 3-bis del d.lgs. n. 462 del 1997, nel testo in vigore “rarione ternporis”, non vi è alcuna distinzione tra il mancato e il ritardato versamento della rata (cfr. Cass. V-6, n. 26776/2017), donde la notificazione delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste dai commi 4 e 4 bis è eseguita entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadena della rata non pagata o pagata in ritardo.

Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., motivazione apparente, non avendo pronunciato sul recupero altresì della residua IVA e IRPEF, non solo della residua IRAP.

Il motivo assolve l’onere dell’autosufficienza, riportando i passi degli atti ove la questione è stata posta (cfr. Cass. V, n. 29368/2017), mentre la gravata pronuncia non ha preso posizione sul punto.

Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018).

Pertanto, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale per il Lazio m diversa compos1z1one, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.