Corte di Cassazione ordinanza n. 18245 depositata il 7 giugno 2022

accertamento bancario – presunzione legale – onere della prova del contribuente anche con presunzioni sempolice

RILEVATO

L’Agenzia ricorre avverso la sentenza della CTP di secondo grado di Bolzano che ha riformato la pronuncia della CTP di Bolzano, ove non erano apprezzate le ragioni della parte contribuente in tema di controprova di versamenti bancari con vincite di giuoco maturate all’estero.

La parte contribuente ha spiegato difese e, in prossimità dell’adunanza, altresì depositato memoria a sostegno delle proprie ragioni.

Il ricorso è affidato a due motivi.

CONSIDERATO

Con il pruno motivo si profila censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 32, primo comma, n. 2 e 7, d.P.R. n. 600/1973, ritenendo non superabile con una diversa presunzione la prova presuntiva (semplice) della npresa a tassazione del maggior reddito dedotto in base a versamenti in contante su conto bancario.

Con il secondo motivo si profila ancora cesura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione degli articoli 2727 e 2729 e.e., in relazione all’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, ritenendo non superabile, con elementi indiziari o con una presunzione semplice, la presunzione (semplice) fissata dalla legge.

I motivi possono essere trattati congiuntamente per evidente connessione.

In tema di giudizio di cassazione, la causa, dovendo essere rinviata alla pubblica udienza allorché “non ricorrono le ipotesi previste all’articolo 375”, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. (introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), ben può essere definita con rito camerale anche nel caso in cui ricorra una ipotesi (tra quelle indicate dal citato art. 375, n. 5, cod. proc. civ.) diversa da quella opinata dal relatore nella relazione. (Nella specie, la Corte ha deciso per la manifesta infondatezza del ricorso, mentre il relatore aveva opinato nel senso della manifesta fondatezza) (cass. S.U. n. 8999/2009).

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi e a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (cfr. Cass. V, n. 25502/2011; VI-5 n. 11102/2017).

Non di meno, si applica qui il principio già affermato da questa Corte ed al quale il Collegio intende dare continuità secondo il quale In tema di accertamenti bancari gli artt. 32 DPR n. 60011913 e 51 DPR 63311912 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dai contribuente attraverso una prova analitica con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultane (Cass. 13111/2020; Cass. 10973/2020).

La CTR non ha fatto corretta applicazione di questo principio, perché a fronte delle risultanze degli accertamenti bancari, e della circostanza che il reddito del contribuente era certificato, trattandosi di un dipendente dello Stato, ha ritenuto sufficiente la plausibilità delle giustificazioni date dal Palermo, non sostenute da prova delle vincite, ma solo degli accessi alle case da gioco.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può decidersi nel merito, rigettando l’originario ricorso del contribuente.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della controricorrente e si liquidano come da dispositivo, mentre possono essere compensate le spese dei gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa fra le parti le spese dei gradi di merito, mentre condanna la parte contribuente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di lite del presente giudizio di legittimità, che liquida in €. cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.