Corte di Cassazione ordinanza n. 18250 depositata il 7 giugno 2022
giudicato esterno
RILEVATO CHE
– l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di Stefano Caselli avverso la sentenza n. 142/10/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna di accoglimento del ricorso proposto dal contribuente avverso cartella di pagamento con la quale l’Ufficio aveva iscritto a ruolo la somma di euro 5.907,80 relativa ad imposte ipotecarie e catastali per l’anno 1981;
– la CTR- premesso che, come esposto dal contribuente, la richiesta di pagamento di cui alla cartella in oggetto nasceva da una richiamata decisione della Commissione tributaria centrale di accoglimento parziale del ricorso di quest’ultimo – ha affermato che la detta cartella era del tutto immotivata non contenendo l’indicazione dei presupposti di fatto e degli estremi essenziali della pretesa ” che sarebbe stato ben possibile esporre trattandosi di una pretesa finanziaria che nasce[va] da una sentenza ormai passata in giudicato”;
-il contribuente resiste con controricorso;
-l’Agenzia ha depositato istanza di fissazione di udienza a seguito di diniego di condono ex art. 6 del d.I. n. 119/2018, conv. con mod. dalla legge n. 136 del 2018 con atto prot. 49160/2020 notificato al contribuente il 15/6/2020;
- sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato 380
bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
-il controricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
– va preliminarmente osservato che il diniego di condono ex 6 del d.l. n. 119/18 (prot. 49160/2020) è stato notificato – come da documentazione prodotta in giudizio – il 15/6/2020 al contribuente nel termine del 31 dicembre 2020 e nel rispetto delle modalità previste per la notificazione degli atti processuali di cui agli artt. 16, 16-bis e 17 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (sul punto, v. anche Circolare dell’Agenzia delle entrate del 1° aprile 2019 n. 6/E) e non è stato da quest’ultimo
impugnato. Invero, ai sensi del comma 12 dell’art. 6 cit. «L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia». Non essendo stato il diniego di condono – tempestivamente notificato al contribuente – impugnato da quest’ultimo, sussistendo l’interesse dell’Agenzia, occorre procedere, pertanto, al vaglio del motivo di censura formulato nel presente procedimento;
– con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, 3 della legge n. 241 del 1990, 7 della legge n.
212 del 2000 nonché del d.m. n. 321 del 1999, per avere la CTR confermato l’annullamento della cartella esattoriale in questione ritenendola immotivata ancorché quest’ultima recasse un chiaro e puntuale riferimento alla sentenza n. 7354 del 2006 della Commissione tributaria Centrale di Roma che, in accoglimento parziale del ricorso, tra l’altro, del contribuente, aveva statuito la legittimità della tassazione, ai fini delle imposte ipotecarie e catastali della cessione di quota di azienda individuale di cui all’atto del 24.12.1980;
-il motivo di ricorso va rigettato in forza dell’applicazione estensiva, ai sensi dell’art. 1306 c.c., del giudicato esterno – formatosi in favore del coobbligato d’imposta C.S. – del quale ha dedotto di volersi avvalere la contribuente nella memoria illustrativa;
-in particolare, con la detta memoria, la contribuente – premesso che la cartella in questione, emessa a seguito di sentenza n. 7354/2006 della Commissione tributaria centrale di accoglimento parziale del ricorso avverso l’atto impositivo presupposto, era stata autonomamente impugnata dai coobbligati (C.S., C.St. e F.A.) cui era stata notificata, e che il giudizio intentato da C.S. si era concluso favorevolmente al contribuente con l’ordinanza della Corte di cassazione, sez. 6-5, n. 1349 del 18/1/2022 di rigetto dell’appello dell’Ufficio avverso la sentenza di prime cure che aveva ritenuto illegittima la cartella medesima per difetto di motivazione non essendo sufficiente il riferimento in essa contenuto alla sentenza della CTC n. 7354/2006 – invoca l’estensione in proprio favore del giudicato favorevole formatosi nei confronti del coobbligato C.S.;
– questa Corte ha precisato che “Nel processo tributario, la sentenza resa tra creditore e condebitore solidale è opponibile al creditore da parte di altro condebitore ove ricorrano le seguenti condizioni: 1) la sentenza sia passata in giudicato; 2) non si sia già formato un giudicato tra il condebitore solidale che intende avvalersi del giudicato e il creditore; 3) ove si tratti di giudizio pendente, la relativa eccezione sia stata tempestivamente sollevata (non dovendo il giudicato essersi formato prima della proposizione del giudizio di impugnazione nel corso del quale viene dedotto); 4) il giudicato non sia fondato su ragioni personali del condebitore solidale” (Cass. Ord. n. 18154 del 5 luglio 2019). Nel caso di specie è indubbio che le quattro condizioni sussistano essendosi il giudicato formato in forza dell’ordinanza della Corte di cassazione, 6-5, del 18.1.2022 n. 1349, successivamente al deposito del controricorso da parte del contribuente C.St. nel giudizio in esame e non essendo fondato su ragioni personali al condebitore solidale; merita ribadire il principio di diritto secondo cui “in tema di solidarietà tributaria, la facoltà per il coobbligato, destinatario di un atto impositivo, di avvalersi del giudicato favorevole formatosi in un giudizio promosso da altro coobbligato, secondo la regola generale stabilita dall’art. 1306 c.c., non è preclusa per il solo fatto di avere autonomamente impugnato l’avviso di accertamento, essendo di ostacolo al suo esercizio solo la definitiva conclusione del giudizio da lui instaurato con sentenza sfavorevole passata in giudicato atteso che, ex 324 c.c., il giudicato stacca il rapporto tra il contribuente ed il fisco dalla propria causa originaria, integrandone una nuova, riguardante esclusivamente la parte a cui la decisione definitiva si riferisce” (Cass. Sez. 5, Ord. n. 6411 del 09/03/2021);
-in conclusione, il ricorso va rigettato;
– in considerazione della formazione dell’eccepito giudicato in pendenza del giudizio di legittimità, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese tra le parti;
-rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
PQM
La Corte rigetta il ricorso; compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità;