Corte di Cassazione ordinanza n. 18294 depositata il 7 giugno 2022
delega di firma degli atti impositivi – decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni
Ritenuto che:
G.G. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Calabria, n. 3479/2019 dep. 3 ottobre 2019, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef, anno 2009, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo valida la delega di firma dell’atto impositivo, in quanto “è irrilevante la specificazione della singola persona fisica delegata, essendo l’accertamento riconducibile sempre all’Autorità delegante”, ed avendo l’Agenzia delle entrate conferita detta delega al firmatario per tutta la durata dell’incarico e non per il singolo atto; la delega era stata regolarmente allegata in fase di costituzione in giudizio e nuovamente riprodotta in fase di appello.
L’Agenzia si costituisce con controricorso.
Considerato che:
1. Col primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli 112 cod. proc. civ. in rapporto all’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, per mancanza di legittimazione del delegato e conseguente difetto di sottoscrizione dell’atto.
2. col secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR ritenuto in ogni caso legittima la firma prodotta in atti all’Agenzia, pur in assenza del nominativo del delegato, individuato in base alla funzione ricoperta.
3. col secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 360 3 c.p.c., per avere la CTR ritenuto in ogni caso legittima la firma prodotta in atti all’Agenzia, pur in assenza del nominativo del delegato, individuato in base alla funzione ricoperta.
4. Va preliminarmente esaminato, per ragioni logiche, il secondo motivo del ricorso che è infondato e va respinto.
2.1 Il Collegio intende dare continuità all’orientamento, recentemente confermato dalla Suprema Corte in fattispecie analoghe (cfr. nn. 11013/2019, 8814/2019, conf. n. 28850 del 08/11/2019, Cass. 09/09/2020, n. 18675), che con riferimento alla delega di firma degli atti impositivi ha ritenuto valido il provvedimento che legittima l’impiegato alla firma mediante la sola indicazione della qualifica rivestita, secondo cui non è pertanto richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, né la sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e della legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire, come nella specie, attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega (cfr. Cass. n. 13512/2011; Cass. 29/03/2019, n. 8814), che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale parimenti consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa;
2.2 è stato poi specificato, quanto alla motivazione della delega di firma, che l’art. 42, primo comma, del P.R. n. 600 del 1973 è riferibile a una delega per la sottoscrizione, e non può dunque applicarsi ad una figura, quale la delega di firma, la disciplina dettata per la delega di funzioni, dovendo, sotto tale profilo, osservarsi che l’art. 17, comma 1 bis, del d.lgs n. 165 del 2001 si riferisce espressamente ed inequivocabilmente alla «delega di funzioni», laddove prescrive che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze ad essi riservate, a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidate (cfr. Cass. n. 18383/2019; Cass. 09/09/2020, n. 18675; Cass. n. 8814/2019 cit.).
3. La CTR si è sostanzialmente adeguata ai superiori principi, per cui il motivo va respinto.
4. Il primo motivo, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degii 112 cod. proc. civ. in rapporto all’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 va dichiarato inammissibile in virtù del principio secondo cui «Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa» (Cass. n. 11493 del 2018; conf. Cass. n. 2108 del 2012).
5. Conclusivamente il ricorso va respinto.
6. Le spese sepono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Le spese vengono liquidate in €. 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.