Corte di Cassazione ordinanza n. 18302 depositata il 7 giugno 2022
atto di riclassamento immobiliare – motivazione
RILEVATO CHE
-l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di Stefano Di Marzio e Angelica Parente avverso la sentenza n. 21958/52/2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma di accoglimento del ricorso avverso avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva variato dalla categoria A/3 a A/2 + 3 cantine il classamento dell’immobile dei contribuenti sito a Roma Viale delle Milizie n. 96, con conseguente aumento della relativa rendita catastale;
-i contribuenti resistono con controricorso;
– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
CONSIDERATO CHE
– con l’unico motivo di impugnazione la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli 1, comma 335 della legge n. 311/2004, 2697 c.c. nonché dei principi generali in ordine alla motivazione degli atti in materia catastale, per avere la CTR ritenuto illegittimo, per difetto di motivazione, l’avviso di accertamento di nuovo classamento in questione, ancorché, ad avviso dell’Ufficio, contenesse, oltre alla modifica apportata alla categoria, alla classe e alla conseguente rendita catastale attribuita all’immobile, l’indicazione dei presupposti giuridici e fattuali dell’accertamento;
– il motivo è infondato;
– al riguardo osserva il Collegio che nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento, recentemente confermato, proprio con riferimento ad analoga fattispecie, da , Sez. 5, Sentenza n. 19810 del 23/07/2019 (Rv. 654954 – 01) secondo cui «In tema di estimo catastale, ove il nuovo classamento sia stato adottato d’ufficio ai sensi dell’art. 1, comma 335, della I. n. 311 del 2004 nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato e quello catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, atteso il carattere diffuso dell’operazione, deve essere adeguatamente motivato in ordine agli elementi (da individuarsi tra quelli indicati nell’art. 8 del d.P.R. n. 138 del 1998, come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, affinché il contribuente sia posto in condizione di conoscere “ex ante” le ragioni che ne giustificano in concreto l’emanazione. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva ritenuto adeguatamente motivato il provvedimento di classamento, benché facesse riferimento solo al rapporto di scosta mento, alla microzona ed alle sue caratteristiche, indistintamente individuate, senza né specificare i vantaggi concretamente ritraibili dai singoli immobili rispetto al miglioramento del servizio di trasporto pubblico ed alla qualità del contesto urbano né effettuare indicazioni analitiche relative alle singole unità immobiliari oggetto di variazione)» (conf., ex multis, Cass. n. 22671/2019 e n. 23051/2019).
Nello stesso senso si è pronunciata Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23046 del 17/09/2019 (Rv. 655149 – 01), affermando che «In tema di estimo catastale, la revisione parziale del classamento prevista dall’art. 1, comma 335, della I. n. 311 del 2004, relativa ad unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali per le quali, ai fini dell’applicazione dell’ICI, il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, ha presupposti diversi dalle fattispecie regolate rispettivamente dall’art. 3, comma 58, della I. n. 662 del 1996 (in tema di classamento non aggiornato o palesemente incongruo), e dall’art. 1, comma 336, della I. n. 331 del 2004 (in tema di immobili non dichiarati o soggetti a variazioni edilizie non denunciate), trattandosi di una revisione correlata a fattori estrinseci di carattere collettivo o generale e non specificamente riguardanti il singolo immobile: ne deriva che il procedimento si divide in due fasi, ovvero quella dell’accertamento e specificazione chiara, precisa e analitica, dei presupposti di fatto che giustificano la cd. riclassificazione di massa, e quella della deduzione e prova dei parametri, dei fattori determinativi e dei criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare (ossia l’ubicazione dell’unità immobiliare oggetto di accertamento in una delle cd. microzone anomale)».
-pertanto, ai fini motivazionali dell’atto di riclassamento immobiliare non può ritenersi sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento (Cass. n. 16643/2013, n. 9629/2012 e n. 3156/2015) né il riferimento alla microzona ed alle sue caratteristiche come indistintamente individuate, perché, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona. Oltre al fattore ‘posizionale, ai fini valutativi rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, stato di conservazione, l’anno di costruzione, eccetera), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe (così in Cass. n. 19810 del 2019, cit.).
«La soluzione interpretativa che privilegia una maggiore estensione degli obblighi motivazionali risulta, infatti, l’unica adeguata alle successive indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 249 del 2017, se da un lato ha affermato che «la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 [art. 1 della legge n. 311 del 2004] non presenta profili di irragionevolezza [in quanto] la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene», nello stesso tempo ha evidenziato che «la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento». Il Giudice delle leggi ha così individuato nell’obbligo di motivazione rigorosa un elemento dirimente e qualificante ai fini della legittimità dell’operazione dal carattere “diffuso”, escludendo che tale legittimità potesse affermarsi in via presuntiva; tale requisito va dunque soddisfatto ex ante, e senza che sia sufficiente la mera possibilità del contribuente di fornire prova contraria in sede contenziosa» (Cass. n. 19810 del 2019, cit.).
Peraltro, la motivazione dell’atto di “riclassamento” non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (Cass. n. 19810 del 2019, n. 25450 del 2018 e n. 6065 del 2017), né il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa (al riguardo, cfr. cfr. Cass. n. 7056 del 2014; n. 15842 del 2006; n. 23009 del 2009).
Ne consegue che «Il mero richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta non soddisfa l’obbligo motivazionale nei termini sopra precisati. Si tratta, come è evidente, di formulazioni del tutto prive di specificità e determinatezza ed in ordine alle quali sarebbe impossibile l’opera di traduzione in una precisa percentuale di aumento della rendita catastale delle singole unità immobiliari. Tali formule, infatti, non sono idonee ad indicare i criteri e i modi con cui sono identificati, calcolati, rilevati ed elaborati i quattro parametri prescritti dalla norma e cioè: il valore medio di mercato della microzona (per mq); il valore catastale medio della microzona; il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone; il valore catastale medio per l’insieme di tutte le microzone» (Cass. n. 23046 del 2019, cit.; v. da ultimo Cass., sez. 6-5, n. 29062/2021).
Nel caso in esame la CTR si è uniformata ai suesposti arresti giurisprudenziali avendo ritenuto non motivato l’avviso in questione “senza alcuna indicazione degli elementi tecnici e della logica seguita dall’Ufficio a riprova della loro regolarità”; pertanto, basato, esclusivamente sulla revisione generalizzata del classamento degli immobili compresi in una medesima microzona, in mancanza di qualsiasi specificazione in ordine ai vantaggi ritraibili concretamente dal singolo immobile interessato rispetto ad imprecisati miglioramenti della qualità del contesto urbano, come è chiaramente desumibile dagli stralci del contenuto motivazionale dell’atto impugnato, riprodotto in ricorso;
-in conclusione, il ricorso va rigettato;
-in considerazione dell’avvenuto consolidamento della giurisprudenza in materia anteriormente alla proposizione del ricorso per cassazione, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
-rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 3.000,00 oltre euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.