Corte di Cassazione ordinanza n. 18703 depositata il 10 giugno 2022
accertamento analitico-induttivo – rinvenimento di preliminari di vendita
Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento n. THS03690094/2012 per l’anno di imposta 2007, con cui l’Agenzia delle Entrate, dopo aver acquisito una serie di documenti bancari, sottoposti anche al contraddittorio preventivo, rimodulava nei confronti della società E.I. la pretesa fiscale ai fini IRES, Irap ed Iva oltre interessi e sanzioni.
La società intimata impugnava l’avviso di accertamento emesso, eccependone la illegittimità, disconoscendo la veridicità dei preliminari acquisiti , e comunque ribadendo che il prezzo di vendita era quello indicato nei singoli atti di compravendita definitivo e non quelli indicati negli atti acquisiti dall’agenzia, peraltro privi di rilievo giuridico .
La Ctp, ritenendo corretto l’operato dell’Agenzia delle Entrate, respingeva il ricorso .
A seguito di appello proposto dal contribuente, la Ctr in riforma della sentenza di primo grado, premesso che i preliminari acquisiti tramite banca, e su cui si fondava l’accertamento, erano stati disconosciuti e presentata querela di falso, riteneva che l’agenzia avrebbe dovuto svolgere ulteriori indagini , non essendo sufficiente la sola divergenza tra i valori dichiarati nelle compravendite e quelli Orni .
Proponeva ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, tramite l’Avvocatura dello Stato, affidandosi ad unico motivo così sintetizzabile:
1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del DPR n. 600 del 1973 e dell’art. 54 DPR n. 633/1972, dell’art. 2697 cc nonché dell’articolo Cpc e dell’art. 10 della L. n. 212 /2000 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc .
Ragioni della decisione
Il ricorso dell’Agenzia si incentra sulla esistenza di vari errori di diritto commessi dal giudice di appello , in particolare non aveva tenuto conto della portata e consistenza dell’accertamento induttivo effettuato dalla Agenzia delle Entrate, che ove basato su presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, come nel caso in esame, comportava l’inversione dell’onere probatorio laddove la Ctr aveva posto tale onere a carico di essa Agenzia
Il ricorso è fondato.
In particolare il giudice di appello si sarebbe dovuto limitare ad accertare se gli elementi indicati nell’accertamento fossero idonei a dar luogo ad una presunzione di irregolarità fiscale circa l’esistenza di attività non dichiarate, e solo ove fossero state esclusa la qualità di presunzione delle circostanze indicate, come presupposti dell’accertamento induttivo analitico, ai sensi dell’art. 39 Dpr 600/73, poteva essere dichiarato illegittimo l’avviso impugnato. Come questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di accertamento dei redditi, costituisce presupposto per procedere col metodo analitico induttivo la complessiva inattendibilità della contabilità, da valutarsi sulla base di presunzioni ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600, del 1973, alla stregua di criteri di ragionevolezza, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette (Cass., Sez. 5, 14/10/2020, n. 22184). Poiché nel caso la “incompletezza, falsità od inesattezza” dei dati contenuti nelle scritture contabili non era tale però da consentire di prescindere dalle stesse, l’Ufficio accertatore aveva completato le lacune riscontrate, utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, documenti presso le banche nonché anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 e.e. con la conseguenza che l’onere della prova, in tale ipotesi, si spostava sul contribuente.
Nel caso in esame i giudici di merito hanno fondato interamente la decisione sulla sola inidoneità probatoria dei preliminari acquisiti per essere stati disconosciuti dalla società contribuente, pertanto secondo il loro punta di vista , veniva a cadere l’unico elemento da cui emergeva una incongruenza dei prezzi indicati negli atti finali, senza in alcun modo sottoporre a valutazione critica gli ulteriori elementi di fatto evidenziati nell’accertamento, e cioè valore del mutuo concesso non in linea con il prezzo della vendita, perizie estimative svolte dalla banca, e il non allineamento con i valori Orni.
In realtà le norme di cui all’art. 39 Dpr n. 600 del 1973 impongono una ricognizione del complessivo materiale probatorio. Nel caso in esame la Agenzia nell’accertamento aveva specificato come il prezzo indicato nei preliminari consegnati dagli interessati alla banca per istruire la pratica di mutuo, erano di importo maggiore rispetto ai prezzi dell’atto finale di acquisto, che inoltre i mutui ipotecari erogati erano sproporzionati rispetto al prezzo di acquisto, che la banca aveva a sua volta svolta indagini circa il valore dei beni, che il valore Orni non era conforme a quanto dichiarato nelle compravendite. Questa Corte ha più volte affermato che la prova per presunzioni costituisce una prova “completa”, e quindi il giudice di merito nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli di individuare le fonti di prova, aveva l’obbligo di verificarne l’attendibilità dei fatti specificati dalla Agenzia , e se avessero i requisiti delle presunzioni. Non è in discussione il principio che il giudice del merito abbia. il potere di affermare che i fatti addotti non avessero i requisiti della precisione e gravità, sempre che egli fornisca del convincimento così attinto una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria.
Nel caso il giudice del merito non ha fatto buon governo del potere discrezionale di valutare le prove in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento. Infatti il giudicante si è limitato ad affermare senza procedere ad una valutazione analitica e neppure complessiva di tutti gli elementi acquisiti, che l’agenzia aveva eseguito l’accertamento su preliminari disconosciuti e quindi fatto ricorso a mere congetture, non ponendo in relazione tra loro i singoli elementi indicati nell’accertamento, per eventualmente escludere che la combinazione di tali elementi fosse in grado di fornire una valida prova presuntiva. In definitiva il giudice non poteva solo limitarsi ad affermare che i preliminari fossero disconosciuti senza considerare le altre circostanze dedotte dalla Agenzia, il che suona come disapplicazione di una legge, ma era obbligato a valutare se i fatti dedotti, pure escludendo i preliminari integrassero presunzioni semplici. In sintesi il giudice di appello, dando prevalenza abnorme alla mera affermazione della società circa la falsità dei preliminari, nel successivo approccio alla vicenda non ha valorizzato le circostanze che erano state evidenziate dall’Ufficio, ai fini dell’operatività delle presunzioni per l’accertamento, sul piano delle probabilità, del fatto ignoto, con il conseguente onere a carico del contribuente della prova contraria. Il giudice di appello non ha dedicato alcun tipo di approfondimento circa l’erogazione di mutui non proporzionati al prezzo indicato nella compravendita (per esempio, come risulta· dall’accertamento riportato nel ricorso ai fini della autosufficienza, nell’atto di acquisto della Valentini il mutuo erogato era stato di 95 mila euro a fronte di un prezzo dichiarato di 100 mila euro, immobile acquistato dai signori Federico e Bongrazio il mutuo erogato era di 193 mila euro rispetto al prezzo di vendita finale di 17omila euro, addirittura inferiore ) in quanto proprio per la funzione del mutuo ipotecario di garantire l’istituto erogante in caso di inadempimento in genere non supera il 70% . Risulta mera affermazione, e contraria alla logica economica quanto indicato in sentenza secondo cui “gli istituti bancari fossero soliti erogare mutui di importo superiori al valore dell’immobile in quanto risultavano sufficienti le ulteriori garanzie personali prestate dai mutuatari “.
Se ciò fosse vero non si comprende le ragioni per cui gli istituti avessero di propria iniziativa valutato gli immobili e senza che fosse stata data la prova delle garanzie personali rilasciate dai mutuatari. Proprio la circostanza che gli istituti bancari, quali terzi e dotati di elevata qualità professionale nel settore, avevano effettuato a loro volta valutazioni estimativa di gran lunga superiore al prezzo di vendita, accertamento avvalorato proprio dall’Osservatorio dei prezzi, denota il limite del ragionamento della ctr . Tali circostanze dovevano far sorge la presunzione che il prezzo indicato non fosse reale in quanto normalmente un imprenditore, che agisce nel campo delle costruzioni, non accetta di vendere ad un prezzo inferiore a quello di mercato.
Per quanto riguarda i preliminari acquisiti, frettolosamente sono stati considerati non rilevanti, senza considerare che essi erano stati rinvenuti presso distinti istituti di credito e appare anche difficile ipotizzare che due soggetti bancari distinti avessero entrambi la diponibilità di preliminari falsificati, non comprendendosi la ragione di siffatta falsificazione, in quanto normalmente tali atti rimanevano nella esclusiva disponibilità privata, essendo stati acquisiti dalla Agenzia solo in via eccezionale allorchè era emersa una discrepanza tra mutui erogati e prezzo di vendita che meritava approfondimento , come specificato nell’accertamento . Inoltre non risulta che tali atti siano stati dichiarati falsi da una qualsiasi autorità giudiziale e neppure essere stata presentata querela di falso civile circa la falsificazione dei dati relativamente agli importi di acquisto. Proprio perché in sede di gravame la società contribuente aveva dedotto non la falsità della firma dei contratti preliminari ma solo l’alterazione dei prezzi di acquisto, e quindi era suo onere provare tale circostanza alla luce di quanto specificato, prova che non emerge che sia stata data . Pertanto non essendosi la CTR attenuto ai principi di diritto in tema di accertamento induttivo analitico , ed applicando in modo erroneo l’onere della prova, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla ctr di Bologna , in diversa composizione che riesaminerà i fatti alla luce dei principi suddetti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Ctr di Bologna, in diversa composizione la quale regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
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