Corte di Cassazione ordinanza n. 19068 del 14 giugno 2022
giudicato esterno
Rilevato che:
1. A seguito di un processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate Direzione Regionale Abruzzo notificava a B. p.a. – società avente ad oggetto la produzione di lenti in vetro ottico per l’applicazione tipica della protezione solare – un avviso di accertamento relativo all’anno 2004, recuperando a tassazione ai fini IRAP maggiori imposte e irrogando corrispondenti sanzioni.
L’accertamento conseguiva alla contestazione della deducibilità di costi sostenuti dalla società per l’acquisto di lenti ottiche provenienti da Hong Kong ed, essendo tale paese indicato nella cd. «black list», l’Agenzia contestava la deducibilità dei costi sulla base dell’art. 110 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (t. u.i.r.), secondo il quale la deducibilità era condizionata alla prova alternativa, a carico del contribuente, che le imprese estere svolgessero attività effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondessero a un effettivo interesse economico e avessero avuto concreta esecuzione.
Il contribuente, pertanto, su invito dell’Agenzia delle Entrate, produceva la documentazione attraverso la quale dimostrava la ricorrenza di entrambe le condizioni, pur essendo sufficiente la prova di una sola di esse.
Di tale produzione documentale, l’avviso di accertamento dava espressamente conto nelle pagine 4 e 5; in particolare, l’Ufficio riconosceva come dimostrata la sola effettiva esistenza delle società estere, ma non anche l’interesse economico del contribuente.
2. La contribuente presentava ricorso dinnanzi la C.t.p. di Pescara, rilevando: preliminarmente, l’incompetenza della Direzione Regionale delle entrate che aveva effettuato l’accertamento; il fatto che fosse stato lo stesso Ufficio ad avere affermato l’esistenza effettiva delle società estere, circostanza che da sola avrebbe legittimato la deduzione dei costi; che l’ulteriore circostanza della sussistenza dell’interesse economico conseguisse dal fatto che gli unici produttori di tali lenti erano quei fornitori esteri (non esistendo in Italia e in Europa altri produttori oltre alla B.); la necessità che tale acquisto fosse conseguita all’insufficiente produzione di tale tipologia di lenti all’interno dell’azienda B. nonché che il prezzo di acquisto risultasse inferiore al costo di produzione diretto della lente.
La C.t.p., rigettato il motivo sull’incompetenza dell’Ufficio accertatore, accoglieva nel merito il ricorso del contribuente, ritenendo provata l’effettività dell’interesse economico all’acquisto delle lenti polarizzate all’estero.
3. La sentenza della C.t.p. veniva appellata innanzi alla C.t.r. dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, dall’Ufficio il quale, in contraddizione con quanto espresso in accertamento, svolgeva deduzioni in ordine alla mancata prova, da parte del contribuente, (anche) dell’effettivo svolgimento dell’attività da parte delle società estere; invero, sul punto, nessuna pronuncia veniva resa dalla t.p. in ordine all’effettiva esistenza dei fornitori esteri, in quanto lo stesso Ufficio l’aveva riconosciuta espressamente nell’accertamento. Pure, l’Ufficio contestava la deduzione dei costi anche sulla base di una ragione mai indicata nell’avviso di accertamento, costituita dalla mancata rilevazione dei medesimi nel modello UNICO.
Nel giudizio di appello, il contribuente, riproposta l’eccezione preliminare in ordine al difetto di competenza della Direzione regionale delle Entrate, chiedeva respingersi l’appello erariale rilevando la contraddittorietà tra gravame e accertamento, la novità del preteso obbligo dichiarativo e la sua infondatezza, nonché l’esistenza sia della prova dell’effettiva attività svolta dalle società estere, che dell’effettivo interesse economico agli acquisti (circostanze richieste, peraltro, alternativamente, dall’art. 110 del d.P.R. n. 917 ciel 1986) nonché ritenendo l’ininfluenza dell’indicazione separata dei costi nel modello UNICO ai fini della relativa deducibilità ..
4. Avverso la sentenza della C.t.r., l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi, con i quali denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 110, d.P.R. 917 del 1986.
La B. s.p.a si è costituita in giudizio proponendo controricorso incidentale condizionato.
La causa è stata discussa nella camera di consiglio del 21 marzo 2022, per la quale la B. s.p.a ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis. l cod. proc. civ.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 civ. e dell’art. 110, comma 11, del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., lamentando l’errar in iudicanda nella parte in cui la C.t.r. ha ritenuto provata l’effettività dello svolgimento, in via principale, di un’attività commerciale da parte dell’impresa estera fornitrice delle lenti.
1.1 Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 civ. e dell”art. 110, comma 11, del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., lamentando l’errar in iudicanda nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto provata l’esistenza di un interesse economico effettivo all’acquisto delle lenti e della concreta esecuzione dell’operazione contestata.
2. Va premesso che con la memoria ex 380 bis.1 c.p.c., la B. spa ha depositato sentenza di questa Sezione, medio tempore intervenuta tra le stesse parti ed avente ad oggetto i medesimi motivi di ricorso – afferente, peraltro, un accertamento avente ad oggetto l’anno di imposta 2009 ai fini IRPEF – sentenza che ha dichiarato l’inammissibilità del gravame proposto dall’Ufficio erariale.
Premesso ciò, si impone di verificare se il giudicato derivante dalla sentenza n. 1048 del 2022 possa spiegare effetti vincolanti nel presente giudizio e, quindi, di accertare i limiti in cui è configurabile nel processo tributario l’istituto del giudicato esterno e la sua efficacia espansiva.
Secondo i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza del 16/07/2006, n. 13916 «qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo »; e « tale principio non trova deroga in caso di situazioni giuridiche di durata, giacchè anche in tal caso l’oggetto del giudicato è un unico rapporto e non gli effetti verificatisi nel corso del suo svolgimento, e conseguentemente neppure il riferimento al principio dell’autonomia dei periodi di imposta può consentire un’ulteriore disamina tra le medesime parti della qualificazione giuridica del rapporto stesso contenuta in una decisione della commissione tributaria passata in giudicato ».
Le Sezioni Unite hanno pure precisato che il processo tributario non è giudizio sull’atto (da annullare), ma ha, invece, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente ed è quindi un giudizio che inevitabilmente si estende al merito e, dunque, all’accertamento del rapporto, con la conseguenza che deve escludersi che il giudicato esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato e deve ammettersi la sua potenziale capacità espansiva in altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili – nei limiti della «specificità tributaria» – da quelle che disciplinano l’efficacia del giudicato esterno nel processo civile.
In applicazione dei suddetti principi, questa Corte, pur avendo pacificamente escluso la configurabilità del giudicato esterno in relazione a controversie relative a rapporti giuridici diversi e relative ad imposte diverse (Cass. 14/3/2007, n. 5943, Cass .. 09/01/2014, n. 235), con pronunce successive a quella delle Sezioni Unite, ha ribadito che il giudicato si forma sul rapporto d’imposta, come configurato dalla pretesa fatta valere con l’atto impositivo, nonchè sull’applicazione ed interpretazione di una norma in relazione ad una specifica fattispecie accertata dal giudice, e non sull’affermazione di un principio astratto avulso da un caso concreto (Cass. 03/01/20, n. 37).
Inoltre, le controversie in materia di IVA richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 e.e., e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove sia impedita la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto, come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato d’imposta (Cass. 05/10/2012, n. 16996; Corte Giustizia, 03/09/2009, Sentenza 3 settembre 2009, Messner).
3. Quanto all’esame dei motivi, essi possono esaminarsi congiuntamente in quanto riguardanti i due profili -· alternativi – che devono essere provati dalla contribuente per beneficiare dell’esimente dalla rigorosa disciplina black list.
L’Ufficio prospetta la violazione dell’art. 110, undicesimo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986 per non aver il giudice d’appello verificato la sussistenza di entrambe le esimenti ivi previste ossia l’effettività dello svolgimento, in via principale, di un’attività commerciale da parte dell’impresa estera e l’esistenza di un interesse economico effettivo all’acquisto delle lenti e della concreta esecuzione dell’operazione contestata. In particolare, con specifico riguardo ad alcune operazioni intercorse con soggetti residenti ad Hong Kong ed al fine di escludere la deducibilità dei costi ad esse relativi, si sarebbe dovuto vagliare l’insussistenza delle esimenti previste dal succitato comma 11 dell’art. 11O del d.P.R. n. 917 del 1986, essendo esse previste daIla norma, nel testo allora applicabile, in via alternativa e non cumulativa.
L’art. 110, decimo ed undicesimo comma, del t.u.i.r. prevede, invero, al decimo comma, che « Non sono ammessi in deduzi1one le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti». All’undicesimo comma prevede che «Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. La deduzione delle spese e degli altri componenti negativi di cui al comma 10 è comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontari dedotti».
Orbene, la C.t.r. ha valutato, sulla base delle risultanze probatorie, che le importazioni dalla Cina di lenti speciali, contestate dall’Ufficio, erano, in realtà, rispondenti sia alle esigenze di produzione che alla convenienza economica della società ricorrente e che, pertanto, i relativi costi erano stati dalla stessa correttamente contabilizzati e dedotti. In particolare, ha argomentato che la B. s.p.a. aveva provato con documenti che le società fornitrici cinesi svolgevano una effettiva attività commerciale e che gli altri produttori di “calottine” – oltre alla stessa B. s.p.a. – erano cinesi poichè non esistevano in Italia ed in Europa altri produttori di tali beni e che il prezzo pagato per l’acquisto era addirittura inferiore al costo di produzione diretto delle stesse calottine. Sul punto, la B. s.p.a. aveva dimostrato in giudizio che 200.000 paia di lenti acquistate sono costate il 33% in meno, 50.000 paia di lenti sono costate il 39% in meno e che le restati 54.660 paia di lenti acquistate sono costate i 31-33%, in meno.
Ancora, la contribuente aveva provato con produzione documentale che tale acquisto era stato determinato dalla necessità di far fronte ad esigenze improvvise di mercato poiché nel 2004 la sua struttura non era riuscita a produrre lenti necessarie alle richieste non programmate e non programmabili e che tale materiale non poteva essere detenuto in magazzino come scorta perché la richiesta di mercato è relativa a specifici modelli di occhiali (con lenti appropriate) e non a modelli ipotetici di occhiali; per questi motivi, si era rivolto acl alcuni produttori cinesi di lenti che, insieme alla stessa società B. ed alla società Nakanishi, erano gli unici produttori al mondo di calottine per lenti polarizzate.
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4/11/2013, n. 24679; Cass. 16/11/2011, n. 27197; Cass. 6/04/2011, n. 7921; Cass. 21/09/2006, n. 20455; Cass. 04/04/2006, n. 7846; Cass. 9/09/2004, n. 18134; Cass. 7/02/2004, n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 7/01/2009, n. 42, Cass. 17/07/2001, n. 9662).
Riducendosi ad una sostanziale richiesta di rivalutazione del merito o del bilanciamento dell’apporto probatorio, il ricorso erariale si dimostra inammissibile.
4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, la contribuente denuncia un’omessa pronuncia per non avere la t.r. reso una decisione in merito alla questione preliminare relativa alla denunciata incompetenza della Direzione regionale delle Entrate ad eseguire verifiche (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.). La contribuente censura la sentenza impugnata nella parte in cui omette di pronunciare sull’invocata nullità dell’accertamento per la asserita incompetenza dell’Ufficio accertatore laddove la verifica non era stata condotta dall’Agenzia delle entrate Ufficio di Pescara — né dalla Guardia di Finanza – ma dalla Direzione regionale dell’Abruzzo.
Il ricorso incidentale condizionato è assorbito poiché la contribuente è totalmente vittoriosa.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
Dichiara il ricorso inammissibile ed assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.250,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
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