Corte di Cassazione ordinanza n. 19082 del 14 giugno 2022
redditometro – contradditorio endoprocedimentale – prova presuntiva
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate notificò ad P.A. quattro avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2004, 2005, 2006 e 2007, dopo che costui aveva omesso di presentare le corrispondenti dichiarazioni dei redditi, pur risultando nella disponibilità di beni mobili e immobili, e previo accertamento dei redditi effettivi mediante il cd. redditometro di cui all’art. 38 d.P.R. 29/09/1973, n. 600.
2. Il P.A. impugnò gli avvisi innanzi alla C.T.P. di Brescia, la quale, riuniti i ricorsi, li rigettò.
3. L’appello proposto dal contribuente innanzi alla C.T.R. di Milano – sezione distaccata di Brescia – fu accolto; la sentenza d’appello, in particolare, si fondò su tre distinte rationes decidendi, e segnatamente: (a) sull’illegittimità del ricorso al metodo di accertamento presuntivo in difetto di previa instaurazione di contraddittorio con il contribuente; (b) sull’insufficienza delle risultanze del cd. redditometro, in mancanza di prove integrative, a supportare la pretesa impositiva; (e) sul mancato rilievo delle disponibilità patrimoniali che il contribuente aveva dimostrato di possedere a giustificazione della capacità di spesa accertata.
4. La sentenza della C.T. R. è stata impugnata dall’amministrazione finanziaria con ricorso per cassazione affidato a tre motivi; resiste l’intimato con controricorso.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 38 P.R. n. 600/1973.
Deduce, in particolare, l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’accertamento sintetico tramite redditometro vada preceduto, a pena di nullità, dall’instaurazione del contraddittorio con il contribuente, analogamente a quanto stabilito in tema di accertamento mediante studi di settore.
1.1 Il motivo è fondato
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, questa Corte ha affermato che l’amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale a pena di invalidità dell’atto esclusivamente per i tributi “armonizzati”; per quelli “non armonizzati” non è invece rinvenibile nella legislazione nazionale una prescrizione generale analoga alla normativa UE, occorrendo così una specifica previsione al riguardo.
Una previsione di tal fatta è rinvenibile, in tema di accertamento sintetico, nel disposto dell’art. 38, comma 7, d.P.R. n. 600/1973, ma solo a partire dal periodo d’imposta 2009 (in quanto la relativa formulazione è stata introdotta dall’art. 22, comma 1, d.l. 31/05/2010, n. 78, conv. in I. n. 122 del 2010), per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio procedimentale (Cass. n. 11283/2016).
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 38 P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ.
La sentenza d’appello è qui censurata per aver ritenuto che il c.d. redditometro non assurga al rango di “presunzione autosufficiente”, essendo necessaria al riguardo un’integrazione probatoria, così come accade nell’ambito dell’accertamento mediante studi di settore.
2.1 Anche tale motivo è fondato.
Nell’ambito della fattispecie che qui occupa, laddove il giudice tributario accerti l’effettiva sussistenza degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, egli non ha poi il potere di privarli della capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, potendo al più valutare la prova che il contribuente abbia offerto in ordine alla provenienza non reddituale (cfr. Cass. n. 21143/2016; Cass. n. 17487/2016; Cass. n. 16284/2007).
Di qui l’erroneità della sentenza impugnata, che ha testualmente affermato la necessità che al riscontro dei parametri di legge si dovessero affiancare ulteriori elementi di conferma probatoria.
3. Infine, con il terzo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione alla ritenuta sufficienza, da parte del giudice d’appello e con riferimento al mantenimento dei beni accertati in capo al contribuente, della prova raggiunta in ordine al fatto che costui godesse di alcune disponibilità patrimoniali.
L’agenzia ricorrente sostiene, infatti, che al fine indicato sarebbe stato necessario altresì che il contribuente dimostrasse la destinazione di tali disponibilità al mantenimento dei beni accertati.
3.1 Anche tale ultima censura è fondata.
La C.T.R. si è infatti discostata dal consolidato orientamento di questa Corte in base al quale, laddove l’amministrazione determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova contraria ammessa per il contribuente (in base all’art. 38, sesto comma, d.P.R. n. 600/1973, nella versione vigente ratione temporis) non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che essi hanno consentito al contribuente di sostenere la spesa contestata (v. ex multis Cass. n. 1510/2017; Cass. n. 1332/2016; Cass. n. 22944/2015).
4. In conclusione, il ricorso è complessivamente fondato e va accolto, con la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per le spese, alla C.T.R. di Milano – sezione distaccata di Brescia – in diversa composizione, che deciderà conformandosi agli indicati principi di diritto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale di Milano- sezione distaccata di Brescia – in diversa composizione.
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