Corte di Cassazione ordinanza n. 19083 del 14 giugno 2022
Plusvalenza – esclusione del valore determinato ai fini dell’imposta ipo-catastale
Rilevato che:
1. R.R. impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Rieti l’avviso di accertamento notificatole in seguito alla cessione – da parte sua, e di altri comproprietari, a tale Impresa Edile M.G. & Figli s.n.c. – di un suolo edificatorio, per il corrispettivo dichiarato di € 000,00, importo poi rettificato dall’amministrazione, in sede di controllo ai fini dell’imposta di registro, in € 1.125.750,00.
Per effetto di tale rettifica, la quota di plusvalenza realizzata dalla R.R., pari ad 1/6 di quella complessiva, veniva ripresa ai fini delle imposte sui redditi, con aggiunta di interessi e sanzioni.
Pendente il giudizio di primo grado, in parziale autotutela l’amministrazione finanziaria rideterminò la quota di plusvalenza in € 25.207,00, sulla base della riliquidazione ai fini dell’imposta di registro compiuta medio tempore dall’Ufficio di Campobasso, luogo di residenza dei restanti comproprietari.
All’esito del giudizio il ricorso venne accolto, sul rilievo del fatto che, nel frattempo, la C.T.P. di Campobasso aveva annullato l’atto di rettifica adottato dall’Agenzia delle entrate di quell’Ufficio con sentenza del 30 agosto 2010, che costituiva giudicato opponibile dal condebitore in solido ex art. 1306 cod. civ.; in ogni caso, poi, l’amministrazione non aveva tenuto conto dei diversi elementi offerti dalla contribuente a suffragio della tesi secondo la quale l’immobile aveva un valore inferiore.
2. L’Agenzia L’Agenzia delle entrate appellò la sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale di Roma, che la riformò
integralmente.
I giudici d’appello rilevarono anzitutto che la sentenza della C.T.P. di Campobasso, tempestivamente appellata dall’Agenzia delle entrate, non aveva acquistato efficacia di giudicato e non poteva, perciò, spiegare alcun effetto sulla controversia.
Quindi osservarono che l’amministrazione aveva accertato la plusvalenza con metodo presuntivo, richiamando la stima del valore di mercato dell’immobile; pertanto, spettava alla contribuente la prova delle specifiche ragioni per le quali il trasferimento era avvenuto a prezzo inferiore. A tale riguardo, tuttavi21, costei si era limitata ad affermare che il suolo venduto sarebbe divenuto concretamente edificabile «solo a seguito delle necessarie ed onerose opere di intervento», ma tale circostanza era smentita dal fatto che il terreno risultava già oggetto di specifica programmazione edificatoria, essendo stato inserito dal PRG in un’area con specifici indici di fabbricabilità.
3. Avverso tale sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi; l’Agenzia delle entrate, che non ha depositato controricorso nei termini, si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, denunziando omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe completamente trascurato di considerare che la rettifica del valore del suolo operata dall’Agenzia delle entrate di Rieti era dipesa esclusivamente dal precedente avviso di rettifica e liquidazione emesso dall’Agenzia delle entrate di Campobasso, tuttavia successivamente annullato dalla C.T.P.
Di tale sentenza essa aveva evocato il valore ai fini della determinazione della propria quota di debito solidale, in quanto con l’annullamento del primo avviso di rettifica era «venuto meno il presupposto stesso de/l’accertamento opposto»; non ne aveva dunque invocato l’efficacia di giudicato, come invece erroneamente ritenuto dal giudice d’appello.
Ad avviso della ricorrente, inoltre, la C.T.R. avrebbe omesso di considerare «la chiara inadeguatezza motivazionale>) dell’avviso di accertamento, ovvero «l’esclusività e l’insufficienza dei piatto rinvio a valore accertato ai fini delle imposte indirette», quantunque da lei espressamente eccepite.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 67 e 68 P.R. 22/12/1986, n. 917, 42 d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e 2697 cod. civ., assumendo che la C.T.R. si sarebbe discostata dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, per la determinazione della plusvalenza realizzata con la vendita di un immobile, occorre aver riguardo alla differenza fra il prezzo della cessione e quello di acquisto, e non al valore di mercato del bene; assume, in ogni caso, che la stima operata con esclusivo riferimento a tale ultimo parametro non avrebbe potuto ex se legittimare alcuna inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
3. Infine, con il terzo mezzo, dolendosi della decisione sulle spese, assume che la C.T.R., in considerazione dell’esito del giudizio di primo grado, avrebbe dovuto compensarle anziché applicare il criterio della soccombenza.
4. Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Conviene anzitutto premettere che la censura formulata ex art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. deve riferirsi all’omesso esame di un preciso accadimento o di una precisa circostanza in senso storico-naturalistico; essa, pertanto, non può ricomprendere questioni in diritto o argomentazioni, ed è perciò inammissibile ove estenda irritualmente il paradigma normativo anche a questi ultimi profili (v. fra le altre Cass. n. 22397/2019; Cass. n. 26305/2018).
Il primo motivo, pertanto, non supera il vaglio dii ammissibilità nella parte in cui contesta alla sentenza impugnata il mancato esame del motivo di appello attinente alla motivazione dell’c1tto impositivo, che, costituendo questione in diritto, non è censurabile sotto il profilo dedotto.
Il motivo è poi infondato nella parte in cui ha ad oggetto l’omesso esame della sentenza della C.T.P. di Campobasso che ha annullato l’atto di rettifica i cui esiti, secondo la prospettazione della contribuente, funsero da presupposto all’accertamento qui in esame; si è già detto, infatti, che tale circostanza è stata espressamente presa in considerazione dal giudice d’appello, il quale ne ha dato conto in termini decisivi ai fini del giudizio, ancorché senza attribuirvi, in diritto, gli effetti invocati dalla ricorrente.
5. È invece fondato il secondo motivo.
La sentenza d’appello ha ritenuto legittimo il ricorso, da parte dell’amministrazione finanziaria, ad accertamento con metodo induttivo sulla base del valore venale determinato dalla stessa amministrazione, per mezzo degli uffici competenti, ai fini dell’imposta di registro.
E tuttavia, come questa Corte ha ripetutamente affermato (ex plurimis, Cass. n. 12131/2019; Cass. n. 9513/2018; Cass. n. 19227/2017; Cass. n. 12265/2017), siffatta interpretazione non tiene conto dello jus superveniens rappresentato dall’art. 5, comma 3, del d.lgs. 14/09/2015, n. 147, a mente del quale, per quanto qui rileva, gli artt. 58, 68, 85 e 86 t.u.i.r. si interpretano nel senso che «per le cessioni di immobili e di aziende, nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347».
Tale norma – che vale come interpretazione autentica della previgente disciplina, con efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertc1to o definito ai fini dell’imposta di registro.
Pertanto, l’automatica trasposizione del valore dato al cespite ai fini dell’imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza non trova più ingresso in sede di valutazione della prova, nel senso che non è possibile ricondurre a quel solo dato il fondamento dell’accertamento, dovendo invece provvedere l’Ufficio a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, al quale poi, eventualmente, spetterà di contraddire alle risultanze probatorie offerte dall’amministrazione.
6. La fondatezza del motivo comporta l’accoglimento del ricorso, con assorbimento della restante censura; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
La natura della decisione, improntata all’applicazione di uno jus superveniens, costituisce giusta ragione di compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettando il primo e dichiarando assorbito il restante, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente; compensa le spese.
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