Corte di Cassazione ordinanza n. 19099 del 14 giugno 2022
indennità di trasferta – tassazione
RILEVATO
L’Agenzia delle entrate ricorre avverso la sentenza della CTR per la Sicilia – Messina che ha confermato la pronuncia della CTIJ di Messina ove sono state accolte le ragioni del contribuente in tem,i. di spese di viaggio che devono essere escluse dalla base imponibile del lavoratore dipendente.
Il ricorso è affidato ad unico motivo.
Ha spiegato tempestivo controricorso il contribuente, interponendo altresì ricorso incidentale avverso la compensazione delle spese.
La controversia già chiamata per la trattazione alla camera di consiglio del 8 febbraio 2021 è stata rinviata a nuovo ruolo per nuova proposta del relatore e torna quindi oggi all’esame.
CONSIDERATO
Con l’unico motivo di ricorso si prospetta censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 51 d.P.R. n. 917/1986, nella sostanza lamentando falsa applicazione della disciplina delle spese di. viaggio. Occorre ricordare che, al comma quinto, la prefata disposizione prevede l’esenzione dal reddito delle indennità (o diarie) percepite per missioni fuori dal territorio comunale, entro cifre normativamente stabilite, al netto delle spese di viaggio e di trasporto, che quindi non sono schiave d’imposta tanto da essere detratte dall’eventuale indennità di trasferta corrisposta al dipendente o al lavoratore autonomo. L’indennità di trasferta, forfettaria, è esenzione quindi prevista con finalità di ristoro patrimoniale per il maggior disagio connesso al prestare le proprie energie lavorative al di fuori de1l’abituale (e consensualmente convenuta) sede di lavoro, rimanendo ben distinta dalle spese di viaggio che sono gli importi spesi per raggiungere il luogo dove eseguire la prestazione, in deroga all’abituale sede.
Entrambe non esprimono capacità contributiva; tuttavia, per non perdere la propria natura, l’indennità deve rimanere entro determinati valori prefissati in sede normativa o di organizzazione generale, diversamente aprendosi la strada a surrettizie lievitazioni dei compensi. È anche per questo che le spese di trasferta debbono essere dedotte dall’indennità, in modo da depurarla da altre voci di spesa reale e mantenere il suo carattere forfettario all’interno dei predetti parametri. In tema di imposte sui redditi, il rimborso delle spese di trasferta ex art. 51, comma 5, d.P.R. n. 917 del 1986, può essere analitico, se ancorato agli esborsi, per vitto, alloggio e viaggio, effettivamente sostenuti e adeguatamente documentati dal dipendente, ovvero forfetario, se operato attraverso il riconoscimento di una provvista di denaro per sostenere le spese di vitto e alloggio, con la conseguenza che, mentre nel primo caso il rimborso non determina alcuna tassazione in capo al dipendente, nel secondo l’importo che oltrepassi il limite massimo previsto dall’art. 51 cit. concorre alla formazione del reddito di lavoro (Cass., 8489/ 2020). In particolare, poi, in tema di imposte sui redditi, le somme corrisposte per spese di viaggio effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al Comune di residenza sono percepite a titolo di rimborso spese, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta ai sensi dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1986, n. 917, poiché la loro quantificazione è determinata non con criterio forfettario, ossia sganciata dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato (Cass., 6793/2015; Cass., 30264/2021).
Nella specie, la CTR si è uniformata a tale principio, avendo ritenuto l’esenzione da imposta del rimborso per le spese di viaggio per la diretta commisurazione al chilometraggio percorso, anche se in misura unitaria forfettaria per chilometro.
Può essere esaminato il ricorso incidentale autonomo, il cui unico motivo prospetta cesura ex art. 360 n. 3 per violazione dell’art. 15 d.lgs. n. 546/1992 e art. 91 c.p.c. per aver compensato le spese senza motivazione specifica.
In tema di compensazione delle spese processuali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, modificata dall’art. 2, comma 1, lett. a, della 1. n. 263 del 2005), il giudice è tenuto ad indicare, ove non sussista soccombenza reciproca, i giusti motivi posti a fondamento della stessa che non possono essere costituiti dal riferimento alla natura o al modesto valore della controversia ovvero risolversi nell’uso di motivazioni illogiche o meramente apparenti (cfr. Cass. VI – 5, n. 25594/2018; Cass. IV, n. 20617 /2018). A tali principi non si è uniformata la gravata sentenza.
Pertanto, il ricorso incidentale è fondato e merita accoglimento;
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia – Messina, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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