Corte di Cassazione ordinanza n. 19117 del 14 giugno 2022

utili extracontabili – omesso esame di un fatto storico, principale o secondario

RILEVATO CHE

– C.C. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 309/01/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Caltanisetta che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi proposti dalla S.I. r.l. e dal suddetto contribuente, quale socio, rispettivamente avverso: 1) l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato, per l’anno 2007, nei confronti della società un maggior reddito di impresa ai fini Ires, Irap e Iva; 2) l’avviso di accertamento con il quale era stato imputato al socio un maggiore reddito da partecipazione societaria stante la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili a causa della ristretta base societaria;

– la CTR, per quanto di interesse, ha ritenuto che: 1) la motivazione dell’avviso notificato al socio contenesse integralmente la motivazione posta a fondamento dell’atto di accertamento destinato alla società; 2) posto il carattere di intrinseca autonomia della posizione del socio rispetto a quella della società, una volta assodata l’esistenza di un accertamento nei confronti della società, costituente atto presupposto, non integrava alcun vizio incidente sulla legittimità dell’accertamento la priorità temporale della notifica del relativo avviso al socio dovuta, eventualmente all’evidente esigenza di rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni previsto per la società, se sottoposta a verifica;

– l’Agenzia resiste con controricorso;

-sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

CONSIDERATO  CHE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212/00 e 42 del d.P.R. n. 600/73 per avere la CTR- a fronte della  contestazione  del  contribuente  circa  il  difetto  di motivazione dell’avviso emesso nei suoi confronti stante il rinvio per relationem al contenuto dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, non allegato al primo, e non ancora notificato neanche alla società alla data della notifica (23.10.2012) al socio dell’avviso emesso nei suoi confronti- ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento notificato al contribuente ancorché in esso si facesse un generico riferimento agli “Elenchi clienti e fornitori” posti dall’Ufficio a fondamento della pretesa impositiva nei confronti della società, senza alcuna menzione alla circostanza chiarificatrice – contenuta nell’allegato 1 all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società – che tali elenchi fossero quelli trasmessi dagli asseriti clienti all’Agenzia delle entrate; peraltro, la CTR avrebbe errato nel considerare irrilevante la notifica dell’avviso emesso nei confronti della società in una data successiva a quella in cui era stato notificato l’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio, in quanto, ad avviso del ricorrente, l’atto richiamato risultando “in corso di notifica” alla data della notifica dell’avviso al socio, doveva considerarsi inesistente.

2. Il motivo si profila, in parte inammissibile, e, in parte infondato. 

3. Premesso che secondo il consolidato orientamento di legittimità, in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della n. 212 del 2000, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. Parimenti l’art. 42, secondo comma, ultima parte, del d.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce che solo se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (Cass. n. 28713 del 2017; n. 407 del 2015; n. 18073 del 2008; v. da ultimo, Cass. n. 14995 del 2020); in particolare, che in materia di accertamento tributario di un maggior reddito nei confronti di una società di capitali, organizzata nella forma della società a responsabilità limitata ed avente ristretta base partecipativa, e di accertamento conseguenziale nei confronti dei soci, l’obbligo di motivazione degli atti impositivi notificati ai soci è soddisfatto anche mediante  rinvio  per  relationem  alla  motivazione  dell’avviso  di accertamento riguardante i maggiori redditi percepiti dalla società, anche se solo a quest’ultima notificato, giacché il socio, ex art. 2476 cod. civ., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (2/10/2020, n. 21126; cfr. anche 28/11/2014,  n. 25296; 4/06/2018, 14275; 18/02/2020,  n. 3980, queste ultime richiamano il diritto di controllo della documentazione sociale da parte dei soci, previsto dall’art. 2261 cod. civ.; da ultimo Cass. n. 4239 del 2022), nella specie, il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione degli artt. 7 della legge n. 212/00 e 42 del d.P.R. n. 600/73, in realtà tende ad un’inammissibile rivisitazione di un apprezzamento di fatto compiuto dalla CTR in ordine alla integrale riproduzione nella motivazione dell’atto impositivo emesso nei confronti del socio della motivazione posta a fondamento dell’avviso emesso nei confronti della società. Infatti, al riguardo, il giudice di appello ha affermato che “l’atto notificato al socio, quanto alla sua motivazione, contiene integralmente la motivazione posta a fondamento dell’atto di accertamento destinato alla società” (pag.3).

4. Quanto al profilo concernente la notifica dell’avviso emesso nei confronti della società in una data successiva a quella in cui era stato notificato l’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio, la CTR ha correttamente ritenuto – “una volta assodata l’esistenza di un accertamento nei confronti della società” – tale circostanza non incidente sulla legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio; ciò in ossequio al principio secondo cui l’accertamento operato dall’Amministrazione finanziaria nei confronti della società a ristretta base ai fini Ires, Irap ed Iva, e quello conseguenziale operato nei confronti del socio, ai fini Irpef, costituiscono atti distinti e separati pur essendo legati da vincolo di pregiudizialità. Ciò comporta che per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società di capitale avente ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio contesti la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società ma è necessario che contesti lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio ed il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti della prima rispetto a quello verso il secondo (cfr., Sez. 5, 19/12/2019, n. 33976). Questa Corte ha anche affermato che “nell’ipotesi – di accertamento tributario di un maggior reddito nei confronti di una società di capitali, organizzata nella forma della società a responsabilità limitata ed avente ristretta base partecipativa, e di accertamento conseguenziale nei confronti del socio – fermo restando che deve ritenersi soddisfatto l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento notificato al socio mediante rinvio, per relationem, alla motivazione dell’avviso di accertamento riguardante la società, l’accertamento nei confronti del socio è indipendente da quello svolto nei confronti della società, costituendo quest’ultimo unicamente il presupposto di fatto, ma non condizione dell’accertamento nei confronti del socio stesso, con la conseguenza che il vizio di notifica attinente all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società non impedisce l’accertamento nei confronti del socio” ( Cass. sez. 5, n. 39285 del 2021).

5. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa fatti decisivi e controversi per il giudizio, per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso emesso nei confronti del contribuente senza considerare i fatti decisivi e oggetto di discussione (che l’accertamento operato nei confronti della società scaturiva dall’inserimento della società nella lista selettiva riservata ai contribuenti che avevano omesso di presentare le dichiarazioni per l’anno 2007; che il presupposto da cui era scaturito l’accertamento operato nei confronti della società era rappresentato non dal contenuto dell’elenco dei clienti e fornitori presentato dalla società ma da quelli presentati dagli asseriti clienti) risultanti dal contenuto dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società atteso che l’accertamento nei confronti del socio era insufficientemente motivato attraverso il rinvio per relationem ad altro atto né allegato né notificato neanche alla società contestualmente all’avviso notificato al socio.

6. Il motivo è inammissibile. 

7. L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive del contribuente in ordine alla assunta insufficienza motivazionale dell’avviso emesso nei confronti dello stesso (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021).

In ogni caso, anche a volere configurare, nella specie, la deduzione dell’omesso esame di fatti storici, il ricorrente non ha assolto all’onere, in punto di autosufficienza e specificità, di argomentare circa la decisività degli stessi; invero, come affermato da questa Corte la decisività richiesta dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per integrare il vizio di motivazione è costituita dalla potenziale idoneità di un elemento, risultante dal processo e non sottoposto ad adeguata critica da parte del giudicante, a determinare una decisione diversa, atteso che la decisione deve essere il risultato necessario di un percorso volto ad escludere ogni alternativa e che la motivazione è la descrizione di questa necessità, sia in positivo, attraverso l’esplicitazione degli elementi interni al ragionamento del giudicante, sia in negativo, attraverso la critica di elementi (di natura materiale, logica o processuale) che, rimasti estranei al ragionamento del giudice, sarebbero stati idonei a determinare una decisione diversa da quella adottata; tuttavia, affinché sia rilevabile in sede di legittimità di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non è sufficiente che sussista un elemento trascurato dal giudice di merito e potenzialmente idoneo a condurre a diversa decisione, ma è necessario che tale elemento sia integralmente ed adeguatamente descritto, nel suo contenuto e nella sua decisività, dallo stesso ricorso, dovendo quest’ultimo essere, a tal fine, autosufficiente (Cass. n. 25257 del 2017; Cass., n. 3183 del 2.4.99).

8. In conclusione, il ricorso va rigettato. 

9. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q. M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.