Corte di Cassazione ordinanza n. 19199 del 14 giugno 2022
giudicato esterno
FATTI DI CAUSA
Il club Mediterranee ha impugnato l’avviso di accertamento n. 1/IS/2011, notificato dal Comune in data 11/10/2011 relativo alla Tarsu degli anni dal 2006 al 2011, opponendo, tra l’altro, l’assenza di una norma primaria che giustifichi la pretesa impositiva, la mancata considerazione della stagionalità dell’attività svolta, l’erronea determinazione della superficie tassabile,nonché la parziale attivazione da parte del Comune del servizio di raccolta dei rifiuti e la conseguente necessità del club di avvalersi di una società per lo smaltimento, la illegittima applicazione di sanzioni e interessi.
ll ricorso è stato respinto in primo grado. Il club ha proposto appello che è stato respinto dalla Commissione regionale tributaria, osservando che costituiscono nova in appello, e pertanto inammissibili, le eccezioni proposte in ordine alla nullità dell’avviso di pagamento per violazione del giudicato esterno (formatosi sull’annullamento di precedenti avvisi di pagamento Tarsu per gli anni 2003- 2004- 2005) ; che il club non ha provato che la superfice tassabile sia inferiore a quella considerata dal Comune, né che sia stata denunciata variazione della superficie imponibile, che non risulta che il contribuente abbia presentato una dichiarazione al Comune di non volersi avvalere del servizio pubblico di smaltimento rifiuti, né provato l’esistenza di disservizi nella raccolta. La CTR rileva inoltre che -contrariamente a quanto dedotto dalla parte- sussiste una base normativa per la imposizione della Tarsu sino all’anno 2012.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il club, affidandosi a quattro motivi. Si è costituito con controricorso
il Comune. Il Procuratore generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Il club ha depositato memoria evidenziando che con sentenza n. 3108/2017 pubblicata il 26/06/2017 il Consiglio di Stato ha annullato le delibere della Giunta Municipale del Comune di Pizzo che avevano determinato le tariffe Tarsu per gli anni 2008 e 2009, ed ha allegato la predetta sentenza.
La causa è stata trattata alla udienza del 27 aprile 2022.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso la parte ricorrente lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. Deduce che la Commissione regionale non avrebbe tenuto in debito conto il giudicato esterno formatosi in merito al sollecito di pagamento Tarsu anni 2004-2005 e dell’ingiunzione di pagamento Tarsu anno 2003, atti annullati in quanto non preceduti dal necessario avviso di accertamento.
Il motivo è infondato.
Sebbene il giudice d’appello abbia errato a ritenere che l’eccezione di giudicato non possa sollevarsi in grado di appello (Cass. n. 34662 del 2021), l’eccezione è infondata poiché si invoca un giudicato che riguarda avvisi di accertamento relativi ad annualità diverse e le ragioni di annullamento, per come dedotte dalla parte, attengono allo specifico esercizio della pretesa tributaria per quella determinata annualità.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, che in tema di imposte periodiche il giudicato formatosi su alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente ma non con riferimento ad elementi variabili e non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità: ad esempio, il giudicato sulle modalità di esercizio di una determinata attività, che sono suscettibili di modificarsi nel tempo, non spiega efficacia espansiva negli altri periodi di imposta (cfr. Cass. n. 7417 del 15/03/2019; Cass. n. 25516 del 10/10/2019; Cass. n. 5939 del 04/03/2021 Cass. 38950/2021).
2.- Con il terzo motivo del ricorso, che ha priorità logica sugli latri, si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 5 c. 1 D.L 208/2008, all’art. 14 c. 7 del D.lgs. 23/2011 e all’art. 23 Cost. stante il difetto di una base legale della pretesa tributaria per gli anni 2010-2011-2012, posto che la norma primaria istitutiva della Tarsu, (Sezione II Capo XVII TU Finanza Locale e Capo III D.Lgs. 507/1993), veniva abrogata dall’art. 49 del D.lgs. 22/1997 e la disciplina transitoria, che ne consentiva l’applicazione, prorogata dal legislatore solo per gli anni 2007, 2008 e 2009, così come previsto dall’ art. 5 comma 1 D.L. 208/2008.
Il motivo è infondato.
L’originario termine per l’introduzione della nuova tariffa è stato più volte prorogato ad opera di disposizioni legislative emanate a scadenze quasi sempre annuali e portato al 30.6.2010 dal D.L. n. 194 del 2009, art. 8, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 2010. Ciò non significa che dal 1^ gennaio 2010 fossero venuti meno i presupposti di legittima applicazione della TARSU ovvero della tariffa Ronchi, stante la ultrattività generale della disciplina Tarsu come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 238/2009 la quale ha ricollegato il definitivo passaggio (da TARSU/TIA alla tariffa integrata) non soltanto all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dal D.Lgs. n. 156 del 2006, art. 238, comma 6, ma altresì al completamento di tutti gli adempimenti necessari per dare piena attuazione alla nuova tariffa. Inoltre, sulla legittimità dell’applicazione della Tarsu e della Tariffa Ronchi da parte dei Comuni si sono espressi anche il MEF con la circolare 3/D dell’11 novembre 2010 (cfr. punto 2.1. della circolare) e la Corte dei conti, sezione di controllo della Lombardia, nella delib. 28 gennaio 2011, n. 21. Pertanto, per l’anno 2011 la tassa richiesta era senz’altro dovuta dalla società contribuente (v. Cass. n. 8083/2018; Cass. 20961/2019).
3.- Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta ai sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 62 del D.lgs. 507/ 1993 e in particolare deduce che è stata erroneamente quantificata la superficie tassabile.
A questo motivo deve inoltre aggiungersi il rilievo contenuto nella memoria depositata ex art. 380 c.p.c. e cioè l’incidenza del fatto nuovo, intervenuto dopo la notifica del ricorso per cassazione, consistente in una sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato le delibere relative alle tariffe Tarsu per gli anni 2008 2009.
Il motivo è infondato, salvo quanto appresso si dirà sugli effetti dell’annullamento da parte del giudice amministrativo.
Sulla estensione della superficie tassabile la ricorrente sollecita la revisione di accertamenti di fatto, in questa sede inammissibile, peraltro anche sulla base di documenti diversi da quelli che il giudice d’appello ha ritenuto necessari a dimostrare l’esercizio stagionale dell’attività; deve rilevarsi in particolare che la estensione della superficie tassabile e il carattere stagionale dell’uso dei locali, ai fini della riduzione della tariffa, deve essere allegato e documentato dal contribuente in sede di denuncia originaria o in variazione dei presupposti della tassa ed, in difetto, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo (Cass. 14037/2019; Cass.3955/2021 tra le stesse parti).
Deve però rilevarsi che la tariffa applicata dal Comune per gli anni 2008 e 2009, la cui contestazione è implicita nel motivo di ricorso, non può più ritenersi legittima dopo l’annullamento delle relative delibere.
Se il regime tariffario viene annullato dal giudice amministrativo, il giudice tributario, preso atto dell’effetto vincolante della decisione, non può limitarsi al mero annullamento dell’avviso ma deve individuare ed applicare la disciplina tariffaria che regola il rapporto tributario, atteso che il contribuente non è liberato dall’obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei rifiuti, continuando, invece, a trovare applicazione, ai sensi dell’art. 69, comma primo, ultimo periodo, del d.lgs. n. 507 cit., la tariffa precedentemente vigente (Cass. n. 8870 del 14/04/2010 Cass. n. 2199 del 31/01/2011). Con la precisazione che l’annullamento giurisdizionale della delibera comunale di determinazione della tariffa per un’annualità precedente non ha efficacia caducante sulle delibere (non impugnate) meramente “ripetitive” degli anni successivi, poiché ogni deliberazione tariffaria regola la materia in modo autonomo rispetto alla precedente e dovendosi quindi escludere sia l’operare del giudicato esterno, sia il dovere del giudice tributario di disapplicare in via incidentale l’atto sulla base di tale presupposto (Cass. n. 28675 del 09/11/2018; Cass. n. 14039 del 23/05/2019) Pertanto, la tariffa dovrà essere rideterminata solo per gli anni 2008 e 2009.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si rileva la violazione degli artt. 7 e 10 dello Statuto del contribuente lamentando l’errore dei giudici di merito che nel ritenere legittima l’applicazione da parte del Comune delle sanzioni e degli interessi sulla maggior superficie ritenuta tassabile.
Il motivo è inammissibile in quanto generico e stereotipato.
La parte si limita a ricapitolare alcune massime di giurisprudenza sul legittimo affidamento del contribuente senza specificare per quale ragione l’ente impositore avrebbe applicato illegittimamente le sanzioni e gli interessi e quali le ragioni del legittimo affidamento. Peraltro già il giudice di merito aveva rilevato che sul punto il motivo di appello era estremamente generico e che il contribuente non aveva provato di avere mai inoltrato al Comune di Pizzo richiesta per l’applicazione di riduzione del tributo stesso.
Ne consegue, in parziale accoglimento del motivo secondo, respinti gli altri, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione per rideterminare la tariffa per i soli anni 2008 2009, sulla base della tariffa precedentemente vigente, nei termini indicati in motivazione.
Il giudice del rinvio provvederà sulle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie parzialmente il secondo motivo del ricorso, respinti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, per un riesame nei termini indicati in parte motiva, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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