Corte di Cassazione ordinanza n. 19209 del 15 giugno 2022

termine di costituzione – onere della prova in tema di contestazione della detraibilità dell’IVA per operazioni inesistenti

RILEVATO CHE

– previo p.v.c. della G.d.F., l’Agenzia delle entrate- Direzione provinciale di Catanzaro, con avviso di accertamento n. YDY0lT300351/12, per l’anno di imposta 2007, recuperava a tassazione nei confronti di S.R., tra l’altro, costi, indebitamente dedotti ai fini delle imposte dirette e detratti ai fini Iva in relazione a fatture emesse dalla ditta M.C. di V. B., afferenti ad operazioni ritenute inesistenti;

-avverso il suddetto avviso, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro che, con sentenza n. 319/01/2013, lo accoglieva parzialmente annullando l’accertamento relativamente alle operazioni ritenute inesistenti in quanto il p.v.c. della G.d.F. redatto nei confronti del terzo (ditta M.C.) non era stato allegato all’avviso di accertamento e di conseguenza non era conoscibile dal contribuente;

-avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Calabria che, con sentenza n. 3490/03/16, dichiarava inammissibile il gravame per omesso deposito, nel termine di legge, della ricevuta di spedizione dell’appello eseguita per posta raccomandata;

-avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4 c.p.c.. deducendo che l’avviso di spedizione dell’appello era stato depositato- come attestato dalla segreteria della CTR- al momento della costituzione in giudizio nel termine di legge e insistendo per l’accoglimento del gravame;

-la CTR della Calabria, con sentenza n. 1034/02/2020: 1) revocava la sentenza n. 3490/03/16, avendo l’Ufficio, con attestazione della segreteria della CTR, dimostrato di aviere prodotto, contestualmente all’atto di appello, la distinta con l’elenco degli atti consegnati all’Ufficio postale per la notifica e 2) accoglieva l’appello dell’Agenzia in quanto – premessa l’avvenuta notifica del p.v.c.. al contribuente – quest’ultimo non aveva prodotto né in sede di verifica né nella successiva fase contenziosa documentazione relativa alla consegna dei beni né altra documentazione atta a comprovare l’effettività dei movimenti finanziari conseguenti alle operazioni commerciali intercorse con la ditta di V. B.;

– avverso la suddetta sentenza S.R. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

– l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

-sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis

cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art:. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 64 del d.lgs. n. 546/92, 115 c.p.c., 24 e 111 Cost., 2697c.c. per avere la CTR accolto la revocazione ritenendo dimostrata dall’Ufficio, in forza della attestazione della segreteria, la produzione, contestualmente all’atto di appello (in data 9.4.2014), della distinta con l’elenco degli atti consegnati all’Ufficio postale per la notifica ancorché 1) la distinta delle raccomandc1te del 14.3.2014 non fosse mai stata elencata in alcun atto processuale dell’appello e, pertanto, non fosse mai entrata in quel processo e 2) l’attestato della segreteria della CTR fosse un atto atipico, redatto in data 3.3.2017 dopo la sentenza revocanda, inidoneo ad assumere valenza probatoria.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3 Nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante), che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legç;1e considera equipollente alla ricezione) (Sez. U, Sentenza n. 13452 del 29/05/2017; Sez. 6 – 5, Ordinanza 19642 del 24/07/2018).

1.4 Nella specie, il giudice di appello, in ossequio al suddetto principio, ha accolto la revocazione avendo ritenuto dimostrato, in forza della attestazione della segreteria della CTR, l’avvenuta produzione da parte dell’Ufficio, contestualmente all’atto di appello, in ossequio all’art. 22, comma 1, richiamato dall’art. 53, comma 2 del d.lgs. n. 546/92, della distinta con l’elenco degli atti conseqnati all’Ufficio postale per la notifica; in particolare, nella attestazione redatta dalla segreteria della CTR della Calabria (riprodotta nel controricorso) si leggeva che “a seguito di richiesta da parte dell’Ufficio finanziario competente, si attesta la presenza, negli atti di causa, in allegato all’appello de/l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Catanzaro, delle copie dei seguenti documenti: distinta del .14.3.2014 della corrispondenza consegnata dall’Ufficio dall’Agenzia Postale di Catanzaro. Si attesta, altresì, che tale documento è stato depositato in Commissione tributaria regionale unitamente all”appello in data 9.4.2014″. In tal senso, nella sentenza impugnata, è stata correttamente valorizzata la certificazione/attestazione rilasciata postuma dalla segreteria del giudice d’appello circa l’effettività di adempimenti processuali (deposito della ricevuta di spedizione in allegato all’appello dell’Agenzia e unitamente ad esso) che, come affermato da questa Corte, fa fede fino a querela di falso, nella specie non proposta (v. sez. 6-5 n.3559 del 2019; n.. 5400 del 2019; Cass. n. 22246 e n. 23100 del 2017).

2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all”art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 e.e. per avere la CTR accolto l’appello dell’Agenzia ponendo sul contribuente l’onere di provare l’effettività delle operazioni ritenute inesistenti senza indicare gli elementi probatori offerti dall’Ufficio a carico del contribuente e senza esaminare la sentenza di assoluzione nel merito emessa dal Tribunale penale di Catanzaro n. 1571/14 allegata dal contribuente agli atti di causa.

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. Va premesso che “ai fini della identificazione del soggetto onerato della prova, nella ipotesi di contestazione formulata dall’Ufficio in ordine alla inesistenza, o parziale inesistenza, delle operazioni commerciali fatturate, la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato in tema di iva (ma i principi valgono per tutte le imposte accertabili mediante la contestazione della veridicità delle fatturazioni) che qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (Cass., sent. 19352 del 20:1.8; n. 29002 del 2017; n. 428 del 2015; n. 17977 del 2013); in particolare, questa Corte, nelle ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti, ha affermato che «ove la fattura costituisce in tutto o in parte mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, l’amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. nn. 21953/07, 9784/10, 9108/12, 15741/12, 23560/12; 27718/13, 20059/2014, 26486/14, 9363/15; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C-439/04; 21 febbraio 2006, C-255/02; 21 giugno 2012, C-80/11; 6 dicembre 2012, C-285/11; 31 novembre 2013, C-642/11), del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata, dopo di che spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate; tale prova, tuttavia, non può consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione  fittizia (Cass. nn. 26790 del 2020; 11624 del 2020; 28572 del 2017; 5406 del 2016, 28683 del 2015, 428 del 2015, 12802 del 2011, 15228 del 2001); e comunque, una volta accertata l’assenza dell’operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente [rilevante invece nella diversa ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti], il quale ovviamente sa bene se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il prezzo o corrispettivo» (Cass. n. 18118 del 2016, in motivazione; Cass. n. 16473 del 2018); quanto alla prova di cui è onerata l’Amministrazione, e che già dal principio appena riportato si desume possa avere anche solo natura indiziaria, la Corte ha affermato che ai fini dell’accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente” che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2,c.c. (Cass., ord. n. 14237 del 2017; Cass n. 11624 del 2020); nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, in quanto – in disparte, stante l’autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale (Cass., sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16262 del 28/06/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 27814 del 04/12/2020), le risultanze di cui alla richiamata sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Catanzaro – a fronte della contestazione dell’Ufficio della indebita deduzione di costi ai fini delle imposte dirette e detrazione di Iva in relazione a fatture asseritamente fittizie emesse dalla ditta “M.C.” di V. B. afferenti ad operazioni ritenute inesistenti – ha ritenuto legittimo l’avviso in questione, senza indicare, in violazione dei principi in tema di distribuzione dell’onere probatorio, gli elementi presuntivi offerti dall’Ufficio a sostegno della assunta falsità della fatturazione, facendo ricadere direttamente sul contribuente l’onere della prova a contrario circa l’effettività degli acquisti, ritenuto non assolto (per non avere lo stesso prodotto né in sede di verifica né nella successiva fase contenziosa, “i documenti di trasporto relativi alla consegna di beni ed eventuale altra documentazione atta a comprovare l’effettività dei movimenti finanziari conseguenti alle operazioni commerciali intercorse con la ditta B.”).

3. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto – e rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributc1ria regionale della Calabria, in diversa composizione.

P.Q. M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione;