Corte di Cassazione ordinanza n. 19212 del 15 giugno 2022
accertamento con redditometro – oggetto della prova contrari – motivazione apparente
RILEVATO CHE
– l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva accolto l’appello proposto da Emilio Bitonto avverso la sentenza n. 1429/1/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto di rigetto del ricorso avverso avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione aveva contestato, con metodo sintetico, ex art. 38 P.R. n. 600 del 1973, un maggior reddito di euro 232.200,00 ai fini Irpef, add reg. e add. com., interessi e sanzioni, in relazione all’anno 2012;
– la CTR, per quanto di interesse, ha alffermato che il contribuente – a fronte della presunzione legale relativa di maggior rnddito ex 38 del d.P.R. 600/73 – aveva assolto all’onere della prova a contrario, dimostrando, sulla base della prodotta documentazione, che i mezzi finanziari, utilizzati per le spese contestate, provenivano da giacenze monetarie già presenti al 1/1/2012, dia elargizioni familiari, quale la donazione di euro 100.000,00 mediante bonifico ricevuto dalla madre, da rendite proprie, quali un bonifico ricevuto dalla Fondiaria SAI e da incassi vari oltre che da finanziamenti infruttiferi di terzi (genitore e società C. sas);
– il contribuente resiste con controricorso;
– sulla proposta avanzata dal relatore cli sensi del novellato 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
CONSIDERATO CHE
– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 p.c., per avere la CTR, accolto l’appello del contribuente, con una motivazione apparente, affermando apoditticamente il superamento da parte di quest’ultimo della presunzione di maggior reddito operata dall’Ufficio applicando il metodo sintetico di accertamento, senza indicare il ragionamento logico- giuridico sotteso al suo convincimento;
-il motivo è infondato;
-la controversia portata all’attenzione del collegio afferisce all’accertamento di maggiori redditi conseguiti di Emilio Bitonto, desunti da indici di ricchezza incongruenti con il reddito dichiarato, riconducibili alla rilevazione di spese sostenute dal contribuente, sintomaticamente rivelatrici di reddito (finanziamenti di euro 344.200,00 rimasti ingiustificati per euro 215.971,00 a società di cui il contribuente era socio e altre spese certe di euro 12.478,00 e di euro 3.751,00);
-premesso che per giurisprudenza di questa Corte una sentenza è inficiata da “motivazione apparente” allorquando la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio (ex multis: Cass., Sez. 51\ 7 aprile 2017, n. 9105) e, quindi, tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (ex multis: Cass., Sez. 1 A, 30 giugno 2020, n. 13248), nella specie la CTR – a fronte della determinazione sintetica ex art. 38 cit. da parte dell’Ufficio di un maggior reddito imponibile – con argomentazioni idonee a rivelare la ratio decidendi, ha ritenuto assolto l’onere della prova a contrario a carico del contribuente avendo quest’ultimo dimostrato, sulla base della documentazione prodotta, la disponibilità finanziaria, avuto riguardo alle giacenze monetariie già presenti al 1/1/2012 sul conto cointestato con il coniuge, alle elargizioni familiari, (donazione di euro 100.000,00 mediante bonifico ricevuto dalla madre), alle rendite proprie (quale il bonifico dalla Fondiaria SAI), ad incassi vari e ai finanziamenti infruttiferi da parte di terzi (bonifici della C. sas e del genitore);
-con il secondo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 4, del d.P.R. n. 600/73 e 2697 e.e. per avere la CTR – a fronte dell’accertamento sintetico di ma 11gior reddito imponibile in considerazione di finanziamenti infruttiferi concessi da Emilio Bitonto a società partecipate da quest’ultimo (M. s.r.l., C. s.a.s., C. s.r.l.) e di altre spese sostenute nel periodo di imposta in oggetto – ritenuto assolto l’onere probatorio a contrario a carico del contribuente in base alla dimostrazione della mera disponibilità finanziaria all’interno del nucleo familiare senza che fosse stato provato il sostenimento delle contestate spese con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
– va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza e genericità del secondo motivo di ricorso atteso che lo stesso sviluppa una chiara sintesi dell’intera vicenda processuale e mette in luce le ragioni a sostegno dello stesso, con espressa menzione degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda;
-ugualmente priva di pregio è l’eccezione che il controricorrente prospetta con riferimento al motivo di ricorso in esame in base alla considerazione che l’Agenzia tenderebbe ad ottenere la rivalutazione del merito; in realtà, la ricorrente non ha contestato la ricostruzione in fatto operata in sentenza, ma la violazione delle norme in tema di accertamento sintetico e dei criteri distributivi dell’om:!re della prova;
– il motivo è infondato;
– va premesso che questa Corte ha affermato che in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva. Resta invece a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass., 19 aprile 2013, 9539; 10 agosto 2016, n. 16912; 31 ottobre 2018, n. 27811);
–l’oggetto della prova contraria da parte riguarda non solo la disponibilità di ulteriori redditi, ma anche l’entità dii tali redditi e la durata del loro possesso. Si è, al riguardo, chiarito che, pur non prevedendosi esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi siano stati utilizzati per coprire le spese contestate, si chiede espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso deve essere letto lo specifico riferimento alla prova risultante da «idonea documentazione» – della «entità» di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata>> del relativo possesso, previsione che ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico (Cass., sez. 5, 18/04/2014, n. 8995; Cass., sez. 5, 26/11/2014, n. 25104; Cass., sez. 6-5, 16/07/2015, n. 14885; Cass., sez. 5, 20/01/2017, n. 1510; Cass., sez. 6-5, 23/03/2018, n. 7389; Cass., sez. 6-5, 10/07/2018, n.. 18097). La prova incombente sul contribuente non è comunque tipizzata, sicché essa può essere data con qualsiasi mezzo idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale dell’elemento accertato dal Fisco, e la durata del possesso. Al fine di meglio delimitare l’ambito della prova contraria gravante sul contribuente, questa Corte ha precisato che la prova documentale richiesta dalla norma in grado di superare la presunziione di maggiore reddito ben può essere fornita con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo alla parte contribuente, idonei a dimostrare, mediante l’indicazione dell’entità dei redditi e delle date dei movimenti, anche la «durata» del possesso dei redditi e, quindi, non il loro semplice «transito» nella disponibilità del contribuente (Cass., sez. 6-5, 16/05/2017, n. 12214; Cass. sez. 6 – 5, 16/05/2018, n. 12026; Cass., sez. 6-5, 23/03/2018, n. 7389; n. 28157 del 2020; n. 16637 del 2020; 15760/2021; n. 5504 del 2022),;
-pertanto, la parte contribuente, seppur non debba dare la prova dell’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali, deve comunque dare la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi oltre che dell’entità degli stessi e della durata del loro possesso, «che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta» (Cass. n. 25104 del 2014; successive conformi, Cass. n. 3084 e n. 20477 del 2017, n. 1455, n. 1332 e n. 916 del 2016, nonché n. 22944, n. 14885 del 2015); al riguardo si è precisato che la norma in esame non richiede «un onere di dimostrazione, aggiuntivo, circa la provenienza oltre che l’effettiva disponibilità finanziaria delle somme occorrenti per gli acquisti operati dal contribuente», in quanto «una diversa interpretazione, in nessun modo correlata al tenore testuale del ricordato art. 38, comma 6, ult. cit., determinerebbe in definitiva, una sorta di trasfigurazione del presupposto impositivo, non più correlato all’esistenza di un reddito ma, piuttosto, all’esistenza di una spesa realizzata da redditi imponibili ordinari e congrui o da redditi esenti o da redditi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d’imposta» (Cass. n. 1455/2016); si è quindi ulteriormente osservato che, seppur la norma chieda qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi, ovvero che «l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione •, e, quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente, è anche vero che un tale tipo di prova non può ritenersi particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad 1esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” di quel possesso (Cass. n. 899S del 2014; conf. Cass. n. 3804 del 2017; n. 14711 del 2018); è stata quindi ritenuta idonea e sufficiente la documentazione bancaria rappresentativa della «sequenza temporale dell’operazione di accredito e poi di quella di addebito degli assegni circolari utilizzati per l’acquisto» (Cass., sez. 5, 22/03/2017, n. 7258);
-la CTR si è attenuta ai suddetti principi nella formulazione del giudizio sulla giustificazione dei contestati finanziamenti, avendo ritenuto assolto, in base alla documentazione bancaria prodotta, l’onere probatorio a contrario a carico del contribuente in considerazione della dimostrata capacità finanziaria alla data del 1° gennaio 2012 e, in particolare, della” seguente disponibilità all’interno del nucleo familiare (allo 01/01/12 il C/C cointestato al coniuge n. 165/27469-4, aveva una disponibilità di euro 32.240,82; il C/C personale n. 185/27988-2 aveva una disponibilità di euro 144.100,00 e il C/C cointestato con il fratello n. 185/21327-0 aveva una risorsa di euro 107.316,75)” e, dunque, della prova della esistenza, entità e durata del possesso di tali redditi atti a giustificare i finanziamenti contestati effettuati in data 11.6.12 (v. pag. 3 del ricorso); peraltro, quanto alla durata del possesso, la stessa ricorrente (v. pag. 39 del ricorso) ammette che il contribuente avesse prodotto gli estratti conto relativi all’intera annualità 2012;
-in conclusione, il ricorso va rigettato;
-le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
– rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, al pagamento in favore del controricorrente, delle spese processuali che liquida in euro 5.600,00, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dei i difensori antistatari.