Corte di Cassazione ordinanza n. 19571 del 17 giugno 2022

TFM (trattamento di fine mandato) – competenza per la deducibilità – indennità di trasferta

Premesso che:

1. in causa su avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate nei confronti della s.p.a. E., per recuperare a tassazione ai fini Ires, Iva, Irap dell’anno 2013 varie componenti di reddito ritenute dall’Agenzia non deducibili, tra cui -per quanto ancora interessa- quella per “accantonamenti di trattamento fine mandato dell’amministratore” e quella per “diarie e rimborsi spese ai dipendenti”, la CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, ha annullato l’avviso in riferimento alle due suddette componenti affermando, riguardo alla prima, che, al contrario di quanto ritenuto dall’Agenzia, la deducibilità del trattamento di fine mandato era possibile, ai sensi degli artt. 105 e 17 TUIR, ancorché il diritto al suddetto trattamento non risultasse da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, ed affermando, riguardo alla seconda, che legittimamente la società contribuente aveva applicato il comma 5 dell’art. 51 TUIR essendo il successivo comma 6, al contrario di quanto ritenuto dall’Agenzia, inapplicabile nel caso concreto atteso che, dei tre relativi presupposti applicativi, era presente solo quello della “corresponsione di una indennità in misura fissa a prescindere dalle trasferte mentre mancavano gli altri” due e quindi non potevano “qualificarsi i dipendenti [della contribuente], adibiti a mantenere relazioni esterne con i clienti, come trasfertisti abituali”; 2.l’Agenzia delle Entrate ricorre per la parziale cassazione della sentenza in epigrafe con due motivi con i quali sostiene che la prima delle suddette affermazioni della CTR contrasti con gli artt. 105 e 17 Tuir e che l’altra affermazione contrasti con gli artt. 51 Tuir e 2697 e.e.;

3. la società contribuente resiste con controricorso;

considerato che:

1. il primo motivo di ricorso è fondato. 

Le società possono decidere di corrispondere agli amministratori, al termine del loro mandato, una indennità definita “trattamento di fine mandato”, quale compenso aggiuntivo a quello ordinario stabilito dallo statuto sociale ovvero dall’assemblea dei soci e lasciato alla libera contrattazione delle parti.

L’art. 105 TUIR, comma 1, prevede che gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali e il comma 4 estende le disposizioni del comma 1 anche agli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui alla lettera c), articolo 17, TUIR, ossia alle indennità derivanti dalla cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (tra le quali rientra dunque il TFM).

In base al combinato disposto degli articoli 105 e 17 del TUIR il regime di deducibilità adottato per i costi in argomento è pertanto quello di competenza sempre che il diritto al TFM risulti da atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto; solo in tale evenienza in ciascun esercizio sono deducibili le quote maturate a favore dei singoli amministratori e accantonate nell’apposito fondo, indipendentemente dal fatto che la loro manifestazione finanziaria avvenga in un momento successivo.

In caso contrario, è estesa anche al TFM l’applicazione del principio di cassa stabilito dall’art. 95, comma 5, TUIR, per i compensi spettanti agli amministratori, e gli accantonamenti in esame sono deducibili dal reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento.

La CTR, ritenendo non necessaria, ai fini della deducibilità degli accantonamenti per indennità da corrispondere all’amministratore a fine mandato, la previsione della spettanza di tale indennità in forza di atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, è andata in contrasto con le disposizioni legge.

2. va ribadito il principio per cui: “In tema di redditi di impresa, in base al combinato disposto degli 17, comma 1, lett. c), e 105 del d.P.R. n. 917 del 1986, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall’art. 95, comma 5, del medesimo d.P.R., che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti” ( Sez. 5 -, ordinanza n.26431  del  19/10/2018;  Sez.  5,  sentenza  n.18752  del 05/09/2014);

3. il primo motivo di ricorso va quindi accolto;

4. il secondo motivo di ricorso è infondato. 

L’art. 51 comma 5 del d.p.r. 917/1986 prevede che le indennità percepite dal lavoratore per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale costituiscono reddito imponibile solo se eccedenti un determinato valore giornaliero, calcolato al netto dei costi di viaggio.

Il successivo comma 6 prevede, invece, che gli importi corrisposti ai lavoratori “tenuti per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili” -cosiddetti “trasfertisti”- concorrono a formare reddito imponibile nella misura del 50% del relativo ammontare, anche qualora corrisposti con carattere di continuità.

Quest’ultimo comma è stato oggetto di interpretazione autentica da parte dell’art. 7-quinquies d.l. n.193/2016, introdotto dalla legge di conversione n. 225/2016: “1. Il comma 6 dell’articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta. 2. Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 51 del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51 “.

Merita ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 15 novembre 2017, n.27093, hanno riconosciuto l’art. 7 quinquies del d.l. n. 193 del 2016, conv. con modif. in l. n.225 del 2016 “conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117, comma 1, Cost., sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo di cui all’art. 6 della CEDU”.

Nel caso di specie, la CTR ha puntualizzato -sulla base di un accertamento in fatto che non è sindacabile in questa sede e che, al contrario di quanto sostiene la ricorrente, proprio in quanto positivo accertamento delle circostanze del caso non viola ma pone fuori campo la regola finale di giudizio di cui all’art.2697 e.e.- che il comma 6 dell’art. 51, come interpretato dall’art. 7 quinquies del d.l. n. 193 del 2016, conv. con modif. in l. n. 225 del 2016, era inapplicabile atteso che per la qualificazione dei dipendenti ai cui emolumenti avrebbe dovuto, secondo l’Agenzia, essere applicato, mancavano sia il presupposto della lettera a) sia il presupposto della lettera b) del citato art. 7 quinquies d.l.193/2006, essendovi “soltanto [il presupposto de] la corresponsione di un’indennità in misura fissa a prescindere dal numero delle trasferte”·

5. il secondo motivo di ricorso deve essere rigettato;

6. in conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, il secondo va rigettato, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla CTR della Campania, in diversa composizione, perché la stessa, fermo il principio di cui al superiore punto 2., verifichi se sussistono i presupposti del contestato recupero a tassazione dell’ “accantonamento di trattamento fine mandato dell’amministratore”;

7. il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio;

PQM 

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese alla CTR della Campania, in diversa composizione.