Corte di Cassazione ordinanza n. 19591 del 17 giugno 2022
la dichiarazione e la sua presentazione in via telematica costituisce un unico complesso atto – motivazione apparente
FATTI DI CAUSA
1. Si controverte dell’impugnazione, da parte di B.I. S.p.a. (“B.I.”), di un avviso di accertamento emesso ai fini Ires, Irap, per il 2010, recante le seguenti riprese a tassazione: (i) rilievo n. 1, indeducibilità della quota di ammortamento dei maggiori valori iscritti a bilancio in seguito all’operazione di fusione mediante incorporazione di Basf Agro S.p.a. (“Basf Agro”) in B.I., deliberata il 27/04/2004, a causa della mancata compilazione, da parte della società, dei righi (RR24, col. 4, RR29) della dichiarazione dei redditi, che sarebbe stata necessaria per fruire dell’esenzione da imposta. Da una diversa prospettiva, la ripresa a tassazione era motivata anche in ragione della natura elusiva della menzionata fusione; (ii) rilievo n. 2, indeducibilità della quota di ammortamento del disavanzo da annullamento della partecipazione derivante dall’operazione di fusione mediante incorporazione di B.E. S.p.a. (“B.E.”) in B.I., avvenuta nel 1998, per omessa richiesta dell’agevolazione fiscale nella dichiarazione dei redditi; (iii) rilievo 3, indeducibilità, ai sensi dell’art. 110, comma 10, t.u.i.r., di costi derivanti da operazioni con imprese con sede in Paesi cd. black list in assenza delle esimenti.
2. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza qui impugnata, disattendendo l’appello dell’ufficio, ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva annullato i rilievi sopra descritti.
3. L’Agenzia delle entrate ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza di appello; B.I. resiste con controricorso, illustrato con una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione e falsa applicazione degli 6 comma 2 e 4 d.lgs. 8.10.97 n. 358, e degli artt. 3 c. 2 e 4 c. 1 lett. a) d.lgs. 12.12.2003 n. 344, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»], con riferimento ai rilievi nn. 1 e 2 (disconoscimento della quota di ammortamento dei maggiori valori iscritti a fronte del disavanzo da annullamento emerso in seguito alla fusione mediante incorporazione di Basf Agro e di B.E. da parte di B.I.), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha erroneamente ritenuto che, per ottenere il riconoscimento fiscale gratuito, ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, dei maggiori valori iscritti a pareggio dei disavanzi da annullamento delle partecipazioni emersi a seguito delle operazioni di fusione mediante incorporazione, la società non fosse obbligata a manifestare espressamente la relativa opzione nella dichiarazione dei redditi, secondo il disposto dell’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 358 del 1997, in ragione del fatto che lo stesso articolo 6 era stato abrogato dall’art. 3, comma 2, d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, relativamente alle operazioni di fusione perfezionatesi dopo il 31/12/2003. A giudizio dell’ufficio, invece, la norma transitoria dell’art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 344 del 2003, che manteneva in vigore, fino al 30/04/2004, l’esenzione d’imposta, aveva inteso implicitamente riferirsi anche alla modalità procedurale di cui all’art. 6, comma 4, cit., e cioè alla necessità che la società al fine di avvalersi della disposizione agevolativa esercitasse l’opzione nella dichiarazione dei redditi, ciò che nella fattispecie concreta non era accaduto in quanto B.I., nella dichiarazione presentata in via telematica, non aveva richiesto il beneficio né per la fusione mediante incorporazione della partecipata Basf Agro né per quella di B.E..
2. Con il secondo motivo [«2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 commi 2 e 4 d.lgs. 8.10.97 n. 358, e degli artt. 3 c. 2 e 4 c. 1 lett. a) d.lgs. 12.12.2003 n. 344; 1427 e 2697 c.c.; 3 commi 1 e 9 dpr 322/1998, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»], l’ufficio assume che la sentenza impugnata afferma che la dichiarazione cartacea redatta dalla società contiene la compilazione dei righi RR24 e RR29, omessa per errore materiale nella dichiarazione telematica, a dimostrazione della volontà di optare per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’imputazione del disavanzo da annullamento delle partecipazioni nella società incorporata. Svolta questa premessa, l’Agenzia addebita alla C.T.R. di avere trascurato che, dovendosi qualificare l’opzione per il riconoscimento fiscale come una manifestazione di volontà e non come una dichiarazione di scienza, il presunto errore, rilevante soltanto se riconoscibile, non poteva essere opposto all’ufficio in quanto l’omessa compilazione degli appositi righi della dichiarazione non era affatto riconoscibile dall’Amministrazione. In subordine, per la ricorrente, non è corretta l’affermazione della Commissione regionale secondo cui in caso di contrasto tra i dati risultanti dalla dichiarazione presentata in via telematica e la copia cartacea della dichiarazione si possa attribuire preferenza a quest’ultima e, perciò, si possa ritenere che la dichiarazione cartacea sia opponibile al fisco, in quanto, in applicazione delle norme di cui rubrica del motivo, la dichiarazione presentata dal contribuente è unicamente quella trasmessa in via telematica e non quella cartacea.
3. Con il terzo motivo [«3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 commi 2 e 4 d.lgs. 8.10.97 n. 358, e degli artt. 3 c. 2 e 4 c. 1 lett. a) d.lgs. 12.12.2003 n. 344; 1427 e 2697 c.c.; in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»], con riferimento all’annullamento del rilievo n. 2, (mancato riconoscimento fiscale del disavanzo da annullamento correlato alla fusione per incorporazione di B.E.), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha ritenuto sussistente la prova della volontà negoziale della società di avvalersi dell’esenzione d’imposta e dell’errore di lettura della dichiarazione telematica da parte del sistema informatico dell’Amministrazione, sebbene risultasse dagli atti che gli appositi righi (RN24 e RN28) della dichiarazione (presentata in via telematica) non erano stati compilati, e sebbene non vi fosse prova di errori riconoscibili commessi dalla contribuente e di disfunzioni del sistema di lettura della dichiarazione telematica.
4. Con il quarto motivo [«4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 c. 2 n. 4 d.lgs. 31.12.1992 n. 546, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. (omissione totale di motivazione)»], sempre con riferimento al rilievo n. 2, l’Agenzia addebita alla Commissione regionale di avere affermato che sussisteva un errore di lettura della dichiarazione presentata in via telematica da parte del sistema informatico dell’Amministrazione, senza alcuna spiegazione delle ragioni poste a fondamento di tale conclusione.
5. Con il quinto motivo [«Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. (infrapetizione)»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata, che ha omesso di pronunciare sui motivi di appello riguardanti l’indeducibilità dei costi derivanti da operazioni con imprese in Paesi cd. black list in quanto, senza che vi fosse alcun nesso con il precedente sviluppo argomentativo (incentrato, come si è visto, sulle riprese connesse a due fusioni societarie), ha laconicamente concluso che (cfr. pag. 5 della sentenza) «ogni altra deduzione trova assorbenza nella parte motiva esposta».
6. Preliminarmente, è priva di fondamento l’eccezione della contribuente di inammissibilità del ricorso dell’ufficio, ai sensi dell’art. 366, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per mancata esposizione sommaria dei fatti di causa e per omessa deduzione funzionale dei motivi di ricorso, in violazione del principio di autosufficienza. A giudizio della Corte, i motivi di ricorso sono autosufficienti e illustrano con chiarezza tanto i fatti di causa che le critiche mosse dall’Agenzia alla decisione di appello, sicché la contribuente, nel controricorso che consta di 57 pagine, ha svolto le proprie difese con dovizia di argomenti.
7. Il primo e il secondo motivo, da esaminare insieme per connessione, sono fondati.
7.1 La decisione della C.T.R. si discosta dal precedente sezionale (Cass. 01/02/2022, n. 2926, in motivazione), reso tra le stesse parti, nella medesima fattispecie, in relazione ad altra annualità, che il Collegio condivide e ribadisce, che in risposta alla questione di diritto circa l’abrogazione o meno dell’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 358 del 1997, da parte dell’art. 3, lgs. n. 344 del 2003, sottolinea come «[m]antenendo espressamente in vita il secondo comma del prefato articolo 6, ove prevede la possibilità di agevolazione, si deve ritenere mantenuto in vita anche il comma quarto che ne indica le modalità. Non si potrebbe infatti fruire del beneficio se fossero abrogate le modalità attuative. Donde è corretta la tesi ermeneutica dell’Avvocatura nel negare beneficio a chi non abbia poste in essere le attività formali richieste, peraltro necessarie a rendere edotto il Fisco di quanto si intende fare, giustificandosi così non solo come mera forma, ma come strumento di conoscenza per l’Erario e trasparenza del contribuente su come intende condursi in un determinato affare. Trattasi infatti non di mera dichiarazione di scienza, ma di manifestazione di volontà negoziale, il cui errore dev’essere riconoscibile dall’Amministrazione. Ed infatti, in questo senso è attestata la giurisprudenza di legittimità in fattispecie analoga, ove si è ritenuto che la dichiarazione dei redditi affetta da errori è emendabile con limitato riguardo ai dati riferibili ad esternazioni di scienza o di giudizio, mentre, nel caso di errori relativi all’indicazione di dati costituenti espressione di volontà negoziale, il contribuente ha l’onere, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., di fornire la prova della riconoscibilità e dell’essenzialità di detti errori. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha escluso, sul presupposto che la mancata scelta del contribuente di affrancare gratuitamente il disavanzo di fusione ex art. 6 del d.lgs. n. 358 del 1997, in alternativa all’iscrizione di una posta a titolo di avviamento, abbia valenza negoziale, che integri un’ipotesi di errore riconoscibile e quindi emendabile l’omessa compilazione dei righi RR24-RR29 della dichiarazione). (così, Cass. V, n. 30404/2018)» Non si può nemmeno dimenticare che le “istruzioni” dell’Unico 2008 per il 2007 (come per le altre annualità) sono chiarissime.
7.2 Nel caso di specie, la fusione mediante incorporazione di Basf Agro da parte di B.I., perfezionatasi dopo il 31/12/2003, ma deliberata entro il 30/04/2004 (segnatamente, il 27/04/2004), era quindi ratione temporis soggetta all’applicazione dell’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 358 del 1997, e pertanto necessitava di espressa richiesta in dichiarazione. Identica considerazione vale, a maggior ragione, per la fusione mediante incorporazione tra B.I. e B.E., che era stata deliberata con decorrenza degli effetti civilistici e fiscali dal 01/01/1998.
7.3 Per la T.R., testualmente (cfr. pag. 5 della sentenza), come sopra accennato (cfr. p. n. 2) «la dichiarazione cartacea redatta dalla società contiene la compilazione dei righi RR24 e RR29 (omessa invece, per semplice errore materiale, nella dichiarazione telematica), a chiara dimostrazione della volontà di optare per il riconoscimento fiscale dei nuovi maggiori valori iscritti in bilancio […]». L’asserzione, innanzitutto, trascura le prescrizioni normative in tema di deposito in via telematica della dichiarazione. L’art. 3, secondo comma, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, (rubricato “Modalità di presentazione ed obblighi di conservazione delle dichiarazioni”), secondo la formulazione temporalmente vigente (in relazione alla dichiarazione dei redditi del 2004), recita «Le dichiarazioni previste dal presente decreto, compresa quella unificata, sono presentate in via telematica all’Agenzia delle entrate […], direttamente o tramite gli incaricati di cui ai commi 2-bis e 3»; inoltre, ai sensi del sesto comma, i soggetti di cui ai commi 2-bis e 3, rilasciano al contribuente l’impegno a trasmettere in via telematica all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle dichiarazioni (art. 3, comma 6, d.P.R. n. 322 del 1998); infine, per l’ottavo comma dell’articolo 3, la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all’ufficio postale ovvero è trasmessa all’Agenzia delle entrate mediante procedure telematiche direttamente o tramite uno dei soggetti di cui ai commi 2-bis e 3.
7.4 In secondo luogo, il giudice tributario d’appello non si attiene all’orientamento della Corte secondo cui la procedura di presentazione della dichiarazione in via telematica, prevista dall’art. 3, d.P.R. n. 322 del 1998, comporta che la dichiarazione e la sua presentazione costituiscano, diversamente dal sistema cartaceo (per il quale vi è una dichiarazione distinta dalla prova del suo invio o della sua presentazione all’ufficio), un unico, complesso atto, che viene ad esistenza giuridica soltanto con l’invio da parte del contribuente, il quale, quindi, non può addurre dati diversi desunti da una propria dichiarazione cartacea (salvo il caso di errore da lui compiuto nel formare ed inviare la dichiarazione, eventualmente emendabile secondo le regole generali), attesa l’irrilevanza di quest’ultima, poiché non costituente copia della dichiarazione presentata all’ufficio, in quanto l’elaborazione telematica attribuisce certezza (superabile solo con rigorosa prova contraria attinente al sistema informatico di trasmissione dei dati) della conformità del file (contenente la dichiarazione) giunto all’Amministrazione a quello inviato dal contribuente (cfr. Cass. 16/06/2017, n. 15015, che dà seguito al principio di diritto enunciato da Cass. 10/01/2013, n. 385).
7.5 Del resto, posto che la società ha omesso, nella dichiarazione telematica — che è l’unica dichiarazione rilevante, la sola cioè che l’Amministrazione può prendere in considerazione —, di manifestare la volontà dell’opzione per l’agevolazione fiscale, è da escludere che si sia in presenza dell’inadempimento di un onere meramente formale, secondo la peculiare (e non condivisibile) ricostruzione della rilevanza giuridica della mancata compilazione dell’apposito quadro della dichiarazione telematica, ribadita dalla contribuente in memoria.
7.6 Da un’ottica ancora differente, infine, è eccentrico al tema in esame il riferimento, nella stessa memoria di parte (cfr. pagg. 9 e seguenti), a un’ipotetica violazione del principio dell’equo processo, sancito dall’art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, nel caso in cui si dovesse dare seguito ad una lettura della fattispecie che, giova ripeterlo, ad avviso della contribuente, peccherebbe d’eccessivo formalismo. A giudizio di questa Corte, invece, non si tratta di una sterile questione di forme degli atti, ma di un decisivo elemento sostanziale, in ragione del fatto che l’omessa compilazione del relativo quadro della dichiarazione ha determinato l’assenza della (indefettibile) manifestazione di volontà circa l’opzione per il beneficio fiscale. Sicché, in ultima analisi, rispetto a tale tema sostanziale, è priva di fondamento la ventilata violazione del parametro convenzionale costituito dall’art. 6, CEDU, che garantisce il diritto delle parti ad un giusto processo, inteso, nei suoi diversi risvolti applicativi, come diritto di accesso alla giustizia senza restrizioni eccessive e a “parità delle armi”.
8. Il quarto motivo è fondato e il terzo è assorbito.
8.1 Come ricordato da ultimo da Cass. 23/05/2022, n. 16653, le Sezioni Unite della Corte hanno chiarito che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 [p. 7.2.], che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 [p. 2.4.]; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 [p. 3.5.]). Ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 (che cita, in motivazione, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione».
8.2 Nella motivazione della sentenza (che cita la giurisprudenza maggioritaria della Commissione regionale lombarda formatasi sulle questioni in esame) si afferma che l’omessa compilazione dei righi relativi all’esercizio dell’opzione di cui all’art. 6, comma 4, lgs. n. 358 del 1997, era dovuta ad un “semplice errore materiale”, comprovato dalla discrasia rispetto alla dichiarazione cartacea, nella quale invece gli stessi righi erano compilati. Nel passo successivo, tuttavia, in maniera inconciliabile con la precedente asserzione, la C.T.R. sostiene che, in realtà, si sarebbe trattato di un errore di lettura del sistema informatico della dichiarazione telematica. Sicché, in ultima analisi, non si comprende se la ragione dell’annullamento del rilievo erariale sia l’omissione, per errore riconoscibile, nella compilazione della dichiarazione oppure il malfunzionamento del sistema informatico dell’Amministrazione nella lettura della dichiarazione telematica in parte qua completa.
9. Il quinto motivo è fondato.
9.1 L’enunciato della C.T.R. sulla contestata indeducibilità dei costi per operazioni con società aventi sede in Paesi cd. black list è una vuota clausola di stile e si riduce ad un’omissione di pronuncia (ex 112, cod. proc. civ.).
10. In conclusione, accolti il primo, il secondo, il quarto e il quinto motivo, assorbito il terzo motivo, la sentenza è cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per la valutazione dell’incidenza dello ius superveniens in tema di sanzioni, e per la disciplina delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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