Corte di Cassazione ordinanza n. 19732 del 20 giugno 2022
dichiarazione di fallimento di una delle parti non integra una causa di interruzione del relativo giudizio – ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile “ratione temporis”, è irrilevante la presentazione della denuncia penale oltre i termini di decadenza
Fatti di causa
Con avvisi di accertamento, venivano rispettivamente recuperati, per periodo di imposta 2006, maggiori importi Iva, Irap e Ires dovuti dalla società contribuente in relazione ad utili extracontabili e più cospicue somme Irpef dovute dai soci, in favore dei quali si presumeva la distribuzione dei predetti utili, avuto riguardo alla ristretta base societaria dell’ente.
I pvc sui quali si imperniavano gli avvisi rappresentavano l’epilogo di un’indagine della Guardia di Finanza, che imputava alla contribuente d’aver interposto fittiziamente uno schermo societario, la Pars Auto s.r.l., per realizzare vendite imputabili ad Autostop s.p.a. L’interposta ometteva tutti i versamenti fiscali dovuti. Il suo fatturato veniva ricondotto alla Autostop, ascrivendo a quest’ultima maggiori ricavi non contabilizzati, in relazione ad operazioni solo in apparenza poste in essere dalla Pars Auto, ma in realtà riconducibili proprio alla contribuente.
La CTP di Frosinone, riuniti i ricorsi scaturiti dalla separata impugnazione degli avvisi di accertamento, li rigettava.
La CTR del Lazio accoglieva, invece, l’appello presentato dalla Autostop s.r.l. e dai soci Filippo Palmieri e Romina Marandola. Il giudice d’appello riteneva, in particolare, che l’Agenzia fosse decaduta dal potere di accertamento, ai sensi degli artt. 57 d.P.R. n. 633 del 1972 e 43 d.P.R. n. 600 del 1973, posto che la denuncia penale veniva inoltrata in un momento successivo all’emissione dell’avviso e in relazione a situazioni non suscettibili di integrare fattispecie di reato.
L’Agenzia ha affidato il proprio ricorso per cassazione a due motivi.
i soci resistono con controricorso. Il P.G. ha formulato conclusioni.
Ragioni della decisione
È stato dichiarato i! fallimento della società, ma la circostanza viene dedotta solo nella presente sede. Ciò ne esclude la rilevanza, dovendosi dar seguito all’orientamento univoco di questa Corte secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, la dichiarazione di fallimento di una delle parti non integra una causa di interruzione del relativo giudizio, posto che in quest’ultimo opera il principio dell’impulso d’ufficio e non trovano, pertanto, applicazione i comuni eventi interruttivi del processo contemplati in via generale dalla legge” (Cass. n. 7477 del 2017; Cass. n. 21153 del 2010).
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR escluso il raddoppio dei termini per l’accertamento tributario ai sensi degli artt. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 d.P.R. n. 633 del 1972.
Il motivo è fondato e va accolto.
Come chiarito da questa Corte: “In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile “ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, atteso il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento tributario” (Cass. n. 9322 del 2017).
Il giudice nomofilattico ha condivisibilmente rimarcato l’irrilevanza della presentazione della denuncia penale oltre i termini di decadenza, in particolare riconoscendo l’operatività del raddoppio in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza (Cass. n. 11620 del 2018; Cass. n. 26037 del 2016).
Nella specie, la CTR, trascendendo il perimetro dei presupposti, suscettibili di essere apprezzati solo in astratto, si è peritata di svolgere un penetrante vaglio fattuale sulla rilevanza penalistica delle condotte, d21 ritenersi eccentrico rispetto alle previsioni di legge.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati ognetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la CTR trascurato circostanze ed elementi istruttori “molteplici e variegati, ben maggiori rispetto ai pochi elencati nella superficiale sentenza di appello”.
Il motivo rimane assorbito.
In ultima analisi, va accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. La sentenza d’appello dev’essere cassata e la causa rimessa alla CTR del Lazio – Sez. Staccata di Latina, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, ivi comprese quelle della presente fase di legittimità.
Per questi motivi
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, ivi comprese quelle della presente fase di legittimità, alla CTR del Lazio – Sez. Staccata di Latina, in diversa composizione.
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