Corte di Cassazione ordinanza n. 19760 del 20 giugno 2022

accertamento – omessa presentazione della dichiarazione – prova contraria del contribuente del minor reddito

Premesso che:

1. l’Agenzia delle Entrate notificava a Giuseppe Can9elosi un avviso di accertamenti ai fini Irpef, Irap ed Iva dell’anno 1998, per il quale il contribuente non aveva presentato dichiarazione dei redditi, relativamente ad una plusvalenza dal medesimo conseguita per effetto della cessione di un’azienda e quantificata in 120.000,00 euro sulla base del prezzo risultante dal contratto di cessione, e relativamente a provvigioni per attività di intermediazione;:

2. l’avviso, impugnato dal contribuente davanti alla CTP di Palermo, veniva considerato legittimo;

3. con la sentenza in epigrafe la CTR della Sicilia ha ribaltato la decisione di primo grado annullando l’avviso sul duplice rilievo per cui, da un lato, la “quantificazione della plusvalenza era stata effettuata in maniera erronea giacché non si è tenuto conto del valore iniziale dell’azienda, del valore delle merci vendute e del costo dei beni ammortizzati … non sono state prese in considerazione le componenti negative di reddito”, dall’altro lato, per le provvigioni non era stato rispettato il principio di competenza per l’imputazione temporale del reddito;

4. l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe con due motivi: con il primo lamenta violazione degli artt. 41 del d.P.R. 600/73 e 2697 c.c. per aver la CTR ritenuto che stesse ad essa ricorrente allegare e provare le componenti negative dell’azienda ceduta laddove invece l’onere stava a carico del contribuente interessato a contrastare il valore accertato in base al prezzo di cessione dichiarato in contratto; con il secondo lamenta “violazione del principio del principio del giudizio tributario come d’impugnazione merito” sostenendo che la decisione, anche ove dovesse ritenersi immune dal vizio denunciato col primo motivo, sarebbe comunque meritevole di cassazione per avere la CTR annullato l’accertamento invece di rideterminare il valore dell’azienda;

5. l’Agenzia ha espressamente dichiarato di prestare acquiescenza alla decisione per quanto riferita all’accertamento del reddito conseguito dal contribuente per provvigioni;

6. il contribuente si è costituito con controricorso;

7. il contribuente ha depositato memoria;

considerato che:

1. il primo motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha affermato che: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, il potere­ dovere dell’Amministrazione è disciplinato non già dell’art. 39, bensì dall’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi del quale, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, l’Ufficio determina il reddito complessivo del contribuente medesimo; a tal fine, esso può utilizzare qualsiasi elemento probatorio e può fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni c.d. supersemplici – cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 38, comma 3, del d.P.R. citato-, le quali determinano un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante dalla somma algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio“.

La CTR non si è attenuta a questa affermazione: la plusvalenza era stata accertata ai sensi dell’art. 41 del d.P.R. 600/73 in riferimento al prezzo dichiarato nel contratto con il quale il contribuente aveva ceduto l’azienda di cui trattasi; il contribuente non aveva allegato né tanto meno dimostrato che vi fossero elementi negativi da scomputare dalla plusvalenza come sopra accertata;

3. il primo motivo di ricorso va pertanto accolto e, restando il secondo assorbito, la sentenza impugnata deve essere cassata per la parte avente riguardo all’accertamento della ridetta plusvalenza;

4. non vi sono accertamenti in fatto da svolgere ed è pertanto possibile decidere la causa nel merito con rigetto dell’originario ricorso per quanto riferito all’accertamento della plusvalenza de qua;

5. le spese del merito restano compensate come disposto dalla CTR in ragione della reciproca soccombenza;

6. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza;

PQM

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla parte riguardante l’accertamento della plusvalenza oggetto di causa e decide nel merito con rigetto dell’originario ricorso per quanto riferito alla medesima plusvalenza;

compensa le spese del merito e condanna il contribuente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità liquidate in f 5600,00, oltre spese prenotate a debito.