Corte di Cassazione ordinanza n. 19883 del 20 giugno 2022
cartella di pagamento – litisconsorzio necessario – esclusione
Rilevato che:
In data 22 marzo 2013, con sentenza n. 180/53/13, la CTP di Roma dichiarò inammissibile il ricorso presentato da L.G. (d’ora in avanti, anche “il contribuente” o “l’odierno ricorrente”) avverso la cartella di pagamento n. 09720080281956191 avente ad oggetto Irpef, sulla base del motivo che il contribuente avesse omesso di notificare il ricorso anche all’Agenzia delle Entrate, quale ente impositore.
Il contribuente propose appello, censurando la statuizione in rito e riproponendo tutte le doglianze di merito avverso la cartella di pagamento, proposte in primo grado.
La CTR confermò la sentenza di primo grado dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, sulla base di nove motivi.
Resiste Equitalia Sud s.p.a. con controricorso.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. G.L., ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360 3 c.p.c. per erronea applicazione dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999 e successive modificazioni”, il contribuente ha dedotto che l’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999 recita: “il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.
Il contribuente, dunque, ha censurato la sentenza impugnata perché, anche in base all’orientamento di questa Corte, nella fattispecie di causa non potrebbe ravvisarsi l’esistenza di un litisconsorzio necessario tra l’Agenzia delle Entrate e l’agente della riscossione (all’epoca, Equitalia sud s.p.a.).
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Sia il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 39 del lgs. n. 112 del 1999, richiamato dall’odierno ricorrente, sia la giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte (oltre alle pronunce citate a sostegno del motivo di ricorso qui in esame, cfr. Cass., sez. 5, n. 10019/2018, Rv. 64796301; Cass., sez. 5, n. 22729/2016, Rv. 64188401; Cass., sez. 6-5, n. 97/2015, Rv. 63411901) escludono che, nel caso di impugnazione della cartella di pagamento, sussista un litisconsorzio necessario tra l’Agenzia delle Entrate e l’agente della riscossione, sul quale incombe l’onere di chiamare in causa l’ente impositore nel caso in cui la lite riguardi anche la validità di atti diversi da quelli esecutivi, qualora non voglia rispondere dell’esito della controversia di fronte all’amministrazione titolare del credito.
1.3 Gli altri motivi, relativi alla contestazione, sotto profili formali e sostanziali, della pretesa tributaria, sulla quale il giudice di merito non si è pronunciato, restano assorbiti dall’accoglimento del primo
2. Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Lazio che, in diversa composizione, esaminerà e giudicherà nel merito i motivi di appello proposti dal contribuente avverso la sentenza di primo grado, provvedendo anche a regolare le spese del presente grado.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione, che provvederà altresì a regolare le spese del presente giudizio.
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