Corte di Cassazione ordinanza n. 19894 del 21 giugno 2022
imposta di registro – società immobiliari
RITENUTO CHE
Con sentenza n. 3427/8/17, depositata in data 13/12/2017, la Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna ha accolto l’appello col quale l’Agenzia delle entrate aveva censurato la sentenza di primo grado, che aveva affermato l’illegittimità della qualificazione come elusiva, ai sensi dell’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, dell’operazione di conferimento in società di suoli edificatori, gravati di un mutuo ipotecario acceso dai conferenti per passività non inerenti, il cui accollo era stato considerato dall’Ufficio come modalità di pagamento del prezzo di cessione degli immobili (compravendita), e della conseguente liquidazione, con l’impugnato avviso, della maggiore imposta di registro in misura proporzionale, con base imponibile calcolata sul valore (€ 1.305.000,00) dichiarato del bene conferito.
L’appello erariale è stato accolto sul rilievo che l’invocato art. 37 bis, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, riguarda esclusivamente i cosiddetti tributi armonizzati e che l’art. 50, d.P.R. n. 131 del 1986, non consente “una deduzione indiscriminata delle passività ed oneri gravanti sui beni conferiti ed impone una verifica circa la sussistenza del < < collegamento > > tra la passività e l’acquisizione del bene da parte del cedente e del cessionario ……”, mentre nel caso di specie si tratta di debiti contratti “per ragioni strettamente personali”.
I contribuenti P.A., P.R. e la I.M. s.r.l., propongono ricorso per cassazione due motivi, illustrati con memoria.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con i motivi di impugnazione, che possono essere esaminati congiuntamente, i contribuenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, e dell’art. 50, d.P.R. n. 131 del 1986, nonché dell’art. 37 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n.3 e n. 5, d.P.R. n. 600 del 1973, avuto riguardo all’erronea valutazione, da parte del giudice di appello, della sussistenza del cd. “disegno elusivo”, pur in assenza di riscontri probatori, nonché della non necessarietà dell’attivazione preventiva del “contraddittorio endoprocedimentale”, a tutela delle ragioni del contribuente.
CONSIDERATO CHE
Questa Corte ha già avuto modo di esaminare operazioni analoghe a quella sopra richiamata e di esprimersi sulla valenza dell’art. 50 d.P.R. n.131 del 1986, statuendo che la norma, interpretata alla luce della disciplina comunitaria (Direttiva CEE n. 335/69), impone che, qualora siano conferiti in società immobili, diritti reali immobiliari o aziende, sono deducibili, ai fini della determinazione della base imponibile, le soltanto passività ed oneri inerenti al bene o diritto trasferito, con esclusione di quelli che, anche se gravanti sul conferente il bene ed accollati alla società, non sono collegati all’oggetto del trasferimento.
L’imposta di registro, infatti, è liquidata sul valore reale del bene conferito o da conferire dai soci, previa deduzione delle obbligazioni assunte e degli oneri sopportati dalla società a causa di ciascun conferimento, non è quindi consentito alla norma nazionale la deduzione indiscriminata delle passività e degli oneri gravanti sul bene o sul diritto conferito, essendo al contrario necessaria un’attenta verifica, onde accertare la sussistenza di un collagamento fra le passività ed i beni conferiti, anche al fine di evitare mutui ipotecari costituiti in funzione di elusione del carico tributario (Cass. n. 23234 del 2015; n.29403/2020).
Con particolare riguardo al conferimento di immobili in società, ove i conferenti siano persone fisiche, la base imponibile non può essere depurata delle passività connesse ad ipoteche che, come nel caso in esame, pur se gravanti sull’immobile oggetto di conferimento, sono state accese dai conferenti per ottenere il mutuo, essendo l’ipoteca sui cespiti da acquistare accesa in epoca anteriore al conferimento dell’immobile in società (Cass. n. 26504/2021, n. 27675/2021, n. 9209/2019, n. 5760/2018).
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, in caso di conferimento in una società di beni immobili, diritti immobiliari od aziende, la base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro va determinata deducendo dai beni e diritti conferiti solo ed unicamente le passività e gli oneri inerenti all’oggetto del trasferimento stesso e non anche passività ed oneri che, pur formalmente gravanti sull’immobile conferito, non possono dirsi assunti dalla società conferitaria per finalità connesse al perseguimento del proprio oggetto sociale (cfr. Cass. n. 475/2018, Cass. n. 9580/2013, n.3444/2014).
Nel caso in esame, la CTR ha accertato che “il debito accollato alla società è stato contratto dai Sig. Pellacani per ragioni strettamente personali, fatto non contraddetto dalla parte appellata, per cui lo stesso debito, alla luce delle argomentazioni che precedono, non può essere considerato passività inerente ai beni conferiti secondo la previsione del già menzionato articolo 50”.
Si tratta, all’evidenza, di affermazione che costituisce estrinsecazione di valutazioni di mero fatto riservate al giudice di merito e frutto di un apprezzamento del materiale probatorio scevro da evidenti vizi logici e giuridici, pertanto, non sindacabile dalla Corte di legittimità.
Preme, a questo punto, evidenziare che la legittimità del recupero della maggiore imposta proporzionale di registro, a prescindere dalla contestazione dell’eventuale elusività della condotta dei contribuenti ex art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, trova base nel disconoscimento, operato con l’avviso di accertamento, dell’inerenza delle passività (accollate dalla società conferitaria) agli effetti della determinazione della base imponibile, ex art. 50, d.P.R. n. 131 del 1986, dovendosi escludere, contrariamente a quanto sostenuto ne ricorso per cassazione, che il venir meno di una contestazione dell’Ufficio abbia, per conseguenza, la fine contestuale dell’altra contestazione.
In altri termini, il mancato riscontro dell’inerenza, di per sé, dà ingresso all’esercizio del potere accertativo, al fine di far emergere il valore effettivo del bene negoziato, proprio perché si tratta di tematica che afferisce alla determinazione della base imponibile e non all’interpretazione dell’atto tassato.
L’affermazione dell’Agenzia delle Entrate (pag. 8 del controricorso) secondo cui “Il mancato riscontro dell’inerenza dà di per sé ingresso all’esercizio del potere di riqualificazione delle operazioni negoziali secondo la loro causa effettiva, come avvenuto nel caso di specie”, va conseguentemente intesa nel senso sopra precisato.
Ciò, pertanto, consente di superare le deduzioni svolte dai ricorrenti (pag. 3 e ss.gg. memoria integrativa difensionale) in merito all’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, nella formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 che, secondo l’art.1, comma 1084, della l. n. 145 del 2018, che ne ha fornito l’interpretazione autentica ed alle ricadute della sentenza n. 158/2020 della Corte Costituzionale, e di quella successiva n. 39/2021, in quanto non assumono concreto rilievo, ai fini della decisione della causa, gli stringenti limiti cui soggiace l’attività di riqualificazione dell’atto da registrare da parte dell’amministrazione finanziaria, “quando la riqualificazione è diretta a far valere il collegamento negoziale e, più in generale, qualunque forma di abuso del diritto ed elusione fiscale, ai sensi dell’art. 10-bis, l. n. 212 del 2000, trattandosi di ipotesi estranea alla ermeneutica dell’atto da registrare.” (Cass. n. 10688/2021, n. 9065/2021).
Infondato appare anche il riferimento all’art. 37 bis, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto la CTR ha correttamente rilevato che la normativa in tema di imposta di registro non contiene alcun richiamo all’obbligo del contraddittorio anticipato e la Corte è ferma nel ritenere che l’obbligo in questione esiste unicamente per i tributi armonizzati, mentre per quelli non armonizzati occorre una specifica previsione normativa (tra le tante, Cass. S.U. n. 2482372015, Cass. 11283/2016, 6758/2017).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio, liquidate in € 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 ottobre 2021, n. 27675 - Ai fini dell'imposta di registro in caso di conferimento in una società di beni immobili, diritti immobiliari od aziende, la base imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro…
- Corte di Cassazione sentenza n. 21488 depositata il 7 luglio 2022 - Mentre l'imposta di registro investe l'azienda oggetto di trasferimento nel suo complesso, le imposte ipotecaria e catastale hanno ad oggetto formalità che riguardano i singoli ben i…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 luglio 2021, n. 20356 - La direttiva 2008/7/CE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, si applica alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, qualora tali imposte vengano riscosse all'atto…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 17424 depositata il 16 giugno 2023 - L'art. 1, comma 4 bis del lgs. n. 346 del 1990 comporta che l'imposta sulle donazioni e successioni si applichi anche alle donazioni indirette, indipendentemente dall'espressa…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 6336 depositata l' 8 marzo 2024 - In tema di imposta comunale sugli immobili, l'agevolazione prevista dall'art. 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993, convertito in l. n. 75 del 1993, per gli immobili…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2021, n. 14555 - In tema di classamento, ai sensi dell'art. 2, comma 40, del dl. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…