Corte di Cassazione ordinanza n. 19902 del 21 giugno 2022
giudicato esterno – applicabilità anche in materia tributaria
Fatti di causa
1. Mediante convenzione del 31.1.1968 l’ANAS affidava alla I. Spa (oggi T.N. Spa) la concessione di costruzione e successivo esercizio di un’autostrada tangenziale alla città di Napoli, lungo la direttrice est-ovest, con durata fino al 31 dicembre La stessa convenzione veniva poi modificata nel 1974, in seguito a novelle normative intervenute in materia di legislazione autostradale, introducendosi la possibilità per la società concessionaria di richiedere, a partire dal 1°.1.1978, la revisione delle tariffe di pedaggio in ragione delle proprie esigenze finanziarie. Nel corso dei primi esercizi (gravati dall’obbligo di pareggio di bilancio) successivi all’apertura del tratto autostradale, la ricorrente domandò all’ANAS un adeguamento delle tariffe di pedaggio.
1.1 In conseguenza dell’inerzia dell’ente concedente, nell’agosto del 1978 la società chiese, ai sensi dell’art. 16 della convenzione, che con lodo arbitrale venisse riconosciuto l’obbligo di ANAS a ristorare l’impresa concessionaria. In data 17.7.1980 il Collegio arbitrale riconobbe l’obbligo in capo all’ANAS di assicurare l’equilibrio economico, demandando ad un nuovo lodo arbitrale la quantificazione del ristoro, alfine riconosciuto nella misura di Lire 1,82.685.613.529. La vicenda trovò epilogo quando nel 1988, durante l’approvazione del piano finanziario dell’opera, tramite decreto ministeriale venne riconosciuto il diritto all’adeguamento tariffario per gli esercizi compresi tra il 1978 e il 1982.
1.2 Per effetto di una nuova convenzione, stipulata tra l’ANAS e la T.N. Spa, venne riconosciuto a quest’ultima il diritto agli importi in questione quale “maggior costo dell’opera” ma, anziché procedere ad erogare direttamente le somme conseguenti all’adeguamento, si previde che le stesse fossero ammortizzate nel corso della residua durata della concessione, con conseguente rinuncia ufficiale ai crediti vantati a seguito dei lodi arbitrali.
La società, con istanza del 10.7.2003 chiedeva quindi all’Amministrazione finanziaria, Ufficio di Napoli 1, la rettifica dei redditi imponibili ai fini Irpeg ed Irap per il periodo d’imposta in corso al 31.12.1999 come conseguenza dell’errore commesso nel portare tra le variazioni in aumento il maggiore ammontare dell’ammortamento finanziario imputabile all’incremento del costo dell’opera.
2. Formatosi il silenzio-rifiuto, la società T.N. proponeva impugnazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, chiedendo il rimborso di Lire 779.927.000 (pari ad Euro 799,00) a titolo di maggiore Irpeg versata (nell’intestazione della sentenza della Ctr è scritto Ires), e di Lire 89.586.000 (pari ad Euro 46.268,00) a titolo di maggiore Irap versata, per complessive Lire 869.513.000 (pari ad Euro 449.067,00) (rie., p. 13), oltre al pagamento degli interessi per ritardato rimborso. La Ctp di Napoli, con sentenza n. 364 depositata il 30.5.2013, accoglieva il ricorso della contribuente, dichiarando la spettanza del diritto al rimborso delle maggiori imposte versate nell’annualità 1999.
3. La decisione sfavorevole conseguita in primo grado era assoggettata ad appello dall’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania. La Ctr riteneva di accogliere l’appello proposto dall’Agenzia delle entra1te sulla base del mancato assolvimento dell’onere probatorio, da parte della contribuente, in ordine alla dimostrazione dell’illegittimità del diniego.
4. Avverso la decisione assunta dalla Ctr di Napoli ha proposto ricorso per cassazione la società, affidandosi ad undici motivi di ricorso, divisi in tre sezioni. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle entrate.
4.1 Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il P.M., Procuratore Generale D.M., che ha chiesto accogliersi il primo motivo di ricorso, assorbiti gli ulteriori.
5. Sia la ricorrente, sia la controricorrente, hanno depositato memoria
Ragioni della decisione
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2909 cod. civ. ed all’art. 324 cod. proc. civ., in relazione all’esistenza di giudicati esterni intervenuti tra le stesse parti ed aventi ad oggetto il medesimo rapporto giuridico (rie., p. 29).
2. Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., la contribuente lamenta la nullità della sentenza in seguito a violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2909 cod. civ. ed all’art. 324 cod. proc. civ., in relazione all’esistenza di giudicati esterni intervenuti tra le stesse parti ed aventi ad oggetto il medesimo rapporto giuridico (rie., p. 49).
3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., la società censura la Ctr per aver “completamente ignorato l’analisi in concreto operata, nel merito del rimborso, dalle sentenze passate in giudicato” (rie., p. 50).
4. Mediante il quarto strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente critica la nullità della sentenza per violazione dell”art. 132, primo comma, 4, cod. proc. civ., per avere la Ctr proposto una motivazione meramente apparente (rie., p. 54 ).
5. Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorri nte contesta la violazione e falsa applicazione degli 52 e 69 del TUIR (attuali artt. 83 e 104 del TUIR), nonché dell’art. 4 del D.. Lgs. n. 446 del 1997, in relazione all’art. 2697 cod. civ., per avere la Ctr erroneamente affermato l’irrilevanza ai fini fiscali del riconoscimento civilistico di un maggior costo dei beni gratuitamente devolvibili iscritti in bilancio, nonché ritenuto non soddisfatto l’onere probatorio in merito alla spettanza del rimborso delle maggiori imposte (rie., p. 74).
6. Mediante il sesto strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la società lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla comprovata spettanza del diritto al rimborso (rie., p. 83).
7. Con il settimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente riproduce la critica relativa alla nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la Ctr proposto una motivazione meramente apparente (rie., p. 97).
8. Mediante l’ottavo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione del divieto di doppia imposizione di cui all’art. 163 del TUIR ed all’art. 67 d.P.R. n. 600 del 1973 (vigenti ratione temporis) nonché dell’art. 53 della Cast., per non avere la Ctr riconosciuto ad essa contribuente il diritto al rimborso (rie., p. 107).
9. Con il suo nono motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società censura la violazione e falsa applicazione degli 23, 32 e 57, del D.Lgs. n. 546 del 1992 per avere la Ctr permesso l’estensione del thema decidendum tramite l’ammissione di nuove eccezioni tardivamente proposte dall’Agenzia delle entrate (rie., p. 122).
10. Mediante il suo decimo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società critica la violazione degli artt. 23 e 32 del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 115 cod. proc. civ., e dell’art. :2697 cod. civ., per non avere il giudice dell’appello assicurato corretta applicazione al principio di non contestazione (rie., p. 127).
11. Con il suo undicesimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., la società lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 10 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ., per avere la Ctr permesso l’estensione del thema decidendum tramite l’ammissione di nuove eccezioni proposte dall’Agenzia delle entrate e comunque obliterando il principio che il contribuente non deve produrre in giudizio documenti che siano già in possesso dell’Amministrazione finanziaria (rie., p. 131).
12. Deve preliminarmente osservarsi che non appare fondata la questione preliminare sollevata dall’Agenzia delle entrate, la quale afferma l’inammissibilità del ricorso in conseguenza della omessa impugnazione, da parte della contribuente, del capo della sentenza in cui la Ctr ha rilevato che “manca in atti l’ordinanza conclusiva dalla quale evincere il dettaglio del maggiore costo riconosciuto di lire 182.685.613.528, e la relativa legittimazione ad operare l’ammortamento finanziario, la sussistenza eventuale in contabilità di anomalie” (sent. Ctr, p. 3). Innanzitutto si può rileva re, in proposito, come l’Amministrazione finanziaria non contesti che questo lodo arbitrale sia effettivamente intervenuto tra le partii, e proprio per l’importo indicato dalla In secondo luogo, l’esistenza del lodo arbitrale è un fatto che deve ritenersi provato ed accertato sulla base dei giudicati prodotti dalla società: per i motivi esposti di seguito. Infine, la mancata allegazione del lodo arbitrale dii quantificazione della complessiva somma dovuta alla T.N. Spa, in ordine a più anni d’imposta, non appare decisiva ai fini del presente giudizio, che ha ad oggetto pretese ben determinate, attinenti a rimborsi richiesti in relazione ad un sollo anno d’imposta, le quali non sono state neppure specificamente contestate nel loro ammontare dall’Agenzia delle entrate.
13. Tanto premesso, con il primo motivo di doglianza, proposto in relazione all’efficacia espansiva di giudicati esterni intervenuti tra le stesse parti dell’odierno giudizio, aventi come oggetto il medesimo rapporto giuridico d’imposta ma in relazione ad anni diversi, la società censura la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione di legge, riproponendo la problematica della configurabilità, nel processo tributario, dell’istituto del giudicato esterno e dei limiti della sua conseguente efficacia espansiva, questione che trova quale punto di riferimento la sentenza delle Sezioni Unite, Cass. 16.6.2006, n. 13916.
La Corte ha chiarito che “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo … tale principio non trova deroga in caso di situazioni giuridiche di durata, giacché anche in tal caso l’oggetto del giudicato è un unico rapporto e non gli effetti verificatisi nel corso del suo svolgimento, e conseguentemente neppure il riferimento al principio dell’autonomia dei periodi d’imposta può consentire un’ulteriore disamina tra le medesime parti della qualificazione giuridica del rapporto stesso contenuta in una decisione della commissione tributaria passata in giudicato“, Cass. S.U., 16.6.2006, n. 13916.
13.1 In proposito occorre ricordare che questo Giudice di legittimità ha già avuto modo di pronunciarsi sulle medesime questioni, sollevate in giudizio dalle stesse parti, come segnalato nelle sue conclusioni scritte anche dal Pubblico Ministero., esaminando la controversia relativa all’anno d’imposta 1998.
In detta circostanza si è proceduto ad una disamina completa dell’orientamento della Corte, ricostruendo l’indirizzo enunciato dalle stesse Sezioni Unite del Giudice di legittimità, c:on Cass. S.U., 16.6.2006, n. 13916, lungo cinque direttrici: “a) il processo tributario non è un giudizio sull’atto (da annullare), ma ha, invece, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente ed è quindi un giudizio che inevitabilmente e si estende al merito e, dunque, anche all’accertamento del rapporto;
b) si deve escludere che il giudicato (salvo che il giudizio non si sia risolto nell’annullamento dell’atto per vizi forma li o per vizio di motivazione) esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato, e se ne deve ammettere una potenziale capacità espansiva in un altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili – nei limiti della «specificità tributaria» – da quelle che disciplinano l’efficacia del giudicato esterno nel processo civile;
c) se è vero che l’autonomia dei periodi d’imposta comporta l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, è altrettanto vero i:he una siffatta indifferenza trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo (ad es. la capacità contributiva, le spese deducibili); vi sono, peraltro, anche elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta, quali le qualificazioni giuridiche ( es. “ente commerciale”), assunte dal legislatore quali elementi preliminari per l’applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell’obbligazione per una pluralità di periodi d’imposta, ovvero la rendita catastale e la spettanza di una esenzione o agevolazione pluriennale;
d) va quindi escluso che il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta sia idoneo a «fare stato» per i successivi periodi in via generalizzata ed aspecifica, bensì solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche o acl altri eventuali elementi preliminari rispetto ai quali possa dirsi sussistere un interesse protetto avente il carattere della durevolezza nel tempo;
e) nella fattispecie ivi considerata, concernente una esenzione pluriennale, il tempo costituisce un elemento referente della fattispecie medesima, assumendo la pluriennalità carattere costitutivo dell’esenzione (o agevolazione), in quanto il relativo arco temporale di estensione è stabilito in ragione di una considerazione unitaria di un insieme di periodi di imposta, trattati sostanzialmente come una sorta di maxiperiodo”, Cass. sez. V, 7.12.2018, n. 8138.
13.2 Deve aggiungersi, in proposito, che la successiva giurisprudenza della Corte di legittimità si è uniformata alla innanzi ricordata pronuncia delle Sezioni Unite, proponendo al riguardo un orientamento interpretativo, peraltro rigoroso, al quale si intende assicurare continuità.
In particolare, la vincolatività del giudicato esterno non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo, e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente sì da potersi, a tal fine, considerare gli stessi come unicum e non come differenti periodi frazionati (cfr. Cass. sez. V, 27.10.2021, n. 38950, Cass. sez. V, 20.2.2020, n. 15171, Cass. sez. V, 15.7.2016, n. 14509, Cass. sez. V, 11.3.2015, n. 4832, Cass. sez. V, 4.7.2011, n. 20029).
13.3 In conclusione, deve escludersi che il giudicato intervenuto tra le stesse parti in relazione al medesimo tributo, ed attinente ad un singolo periodo d’imposta, sia idoneo, ex se, a “fare stato”, in via generalizzata, per ulteriori periodi, precedenti o successivi, potendo avere un tale effetto (come nel caso in questione) solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative ai qualificazioni giuridiche, o ad altri eventuali elementi preliminari caratterizzati dalla durevolezza nel tempo. L’efficacia di giudicato della pronuncia definitiva emessa tra le stesse parti in relazione ad un’annualità d’imposta estende dunque i suoi effetti anche alle altre, nel caso in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno durata pluriennale e sono idonei a produrre effetti lungo un arco temporale che comprende più periodi d’imposizione, potendo perciò essere trattati come un unico periodo d’imposta.
14. Quanto innanzi esposto rientra esattamente nel campo di applicazione della vicenda in esame che vede, quale presupposto della richiesta di rimborso, l’ammortamento finanzi21rio dei maggiori costi sostenuti (erroneamente recuperati a tassazione e non dedotti) per la costruzione del tratto autostradale (poi destinato ad essere devoluto gratuitamente all’ente concedente al termine della concessione), il quale trova la sua disciplina nell’att. 69 (ora 104) Tuir, ratione temporis applicabile, secondo il quale: «1. Per i beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione è consentita, in luogo dell’ammortamento di cui agli articoli 67 e 68, la devoluzione di quote costanti di ammortamento finanziario. La quota di ammortamento finanziario deducibile è determinata dividendo il costo dei beni, diminuito degli eventuali contributi del concedente, per il numero degli anni di durata della concessione considerando tali anche le frazioni. In caso di modifica della durata della concessione la quota deducibile è proporzionalmente ridotta aumentata a partire dall’esercizio in cui la modifica è stata convenuta. 3. In caso di incremento o di decremento del costo dei beni, per effetto di sostituzione a costi superiori o inferiori, di ampliamenti, ammodernamenti o trasformazioni, di perdite e di ogni altra causa, la quota di ammortamento finanziario deducibile è rispettivamente aumentata o diminuita, a partire dall’esercizio in cui si è verificato l’incremento o il decremento, in misura pari al relativo ammontare diviso per il numero dei residui anni di durata della concessione».
14.1 Si versa, pertanto, nell’ipotesi – considerata dalle Sezioni Unite e puntualizzata, in positivo, dalla successiva giurisprudenza di legittimità (oltre alla giurisprudenza sopra citata v. Caiss. n. 21395 del 9.2017; Cass. n. 9710 del 19.4.2018; Cass. n. 17760 del 6.7.2018) – in cui vengono in esame fatti che, per legge, hanno durata pluriennale e producono effetti per un arco di tempo che include più periodi di imposta, e possono perciò esse re trattati come un unico periodo d’imposta. Ne deriva che l’accertamento con efficacia di giudicato in relazione ad una annualità estende i suoi effetti anche alle altre annualità, e tale effetto si esplica non solo rispetto agli atti impositivi in senso stretto, ma anche in caso di istanza di rimborso, fermo, rispetto a quest’ultima, il limite – non riscontrabile nel caso in esame – derivante dal maturare dell’eventuale decadenza o prescrizione, trattandosi di fatti ulteriori di carattere impedivo ed estintivo rispetto al diritto al rimborso.
14.1.1 Appare quindi opportuno sintetizzare i concetti espressi mediante il principio di diritto secondo cui: “In tema di accertamento tributario, l’efficacia di giudicato della pronuncia definitiva, resa tra le stesse parti in relazione ad una determinata annualità d’imposta, estende i suoi effetti anche alle altre, nel caso in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno durata pluriennale e sono idonei a produrre effetti lungo un arco temporale che comprende più periodi d’imposizione, potendo perciò essere trattati come un unico periodo d’imposta; tale effetto si verifica non solo rispetto agli atti impositivi in senso stretto, ma anche in caso di istanza di rimborso, fermo, rispetto a quest’ultima, il limite derivante dal maturare dell’eventuale decadenza o prescrizione, trattandosi di fatti ulteriori di carattere impedivo ed estintivo rispetto al diritto al rimborso“.
15. Risulta inoltre come nel corso del giudizio di merito, la contribuente abbia prodotto diverse decisioni della Ctp di Napoli a lei favorevoli e passate in giudicato, nonché le attestazioni dei rimborsi corrisposti dall’Agenzia delle entrate, tutte relative alla unitaria questione finora esaminata e riguardanti le annualità 1989, 1990, 1991, 1992, 1993, 1996 e 1997. Questi documenti risultano riprodotti anche nel corpo del ricorso per Cassazione.
15.1 La Ctr, invero, ha escluso l’efficacia espansiva del giudicato, ritenendo “di non condividere l’assunto che, dal giudicato esterno per altre annualità, possa derivare la fondatezza del diritto al rimborso 1999; e ciò perché in nessuna delle sentenze esibite ed esaminate da questo Collegio, i relativi Collegi giudicanti hanno esaminato la fondatezza e la congruità del preteso rimborso” (sent. Ctr, p. 4).
15.2 In realtà, diversamente da quanto ritenuto dal giudice dell’appello, le decisioni chiamate a sostegno dalla società contribuente hanno affrontato, sia pure sinteticamente, la questione nel Come già evidenziato dalla ricordata sent. Cass. n. 8138 del 2019, la sentenza della Ctp di Napoli n. 327/22/11 depositata il 24.5.2011 e (ri)prodotta anche nel presente giudizio (rie., p. 221 s.), ad esempio, ha osservato al riguardo che “l’ammortamento finanziario ha come scopo quello di consentire al concessionario di un’opera pubblica per la quale sia previsto che alla scadenza della concessione beni vengano devoluti gratuita mente all’ente concedente, di recuperare gradualmente, entro detta scadenza, l’effettivo onere finanziario sostenuto per la costruzione dell’opera, nel caso in esame deve ritenersi che la società, ricorrente era legittimata ad effettuare gli ammortamenti finanziari anche sull’importo di L. 182.165.613.528 di cui al lodo arbitrale intervenuto tra l’ANAS e la T.N. S.p.A., atteso che il comma 3 dell’art. 69 del TUIR stabilisce che in caso di incremento del costo dei beni per qualsiasi causa, la quota di ammortamento del finanziario deducibile è aumentata a partire dall’esercizio in cui si è verificato l’incremento in misura pari al relativo ammontare diviso per il numero dei residui anni della durata della concessione”. Gli argomenti proposti in proposito dall’impugnata Ctr non appaiono pertanto condivisibili.
15.3 Il primo motivo di ricorso proposto dalla contribuente risulta quindi fondato, e deve essere pertanto accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata, perché pronunciata in violazione dei principi sul giudicato esterno innanzi esposti. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, 1Pronunziando ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., questa Corte di legittimità può decidere nel merito, accogliendo l’originario ricorso introdutto dalla contribuente. Gli ulteriori motivi di ricorso rimangono
16. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in considerazione, in particolare, della natura del giudizio, della complessità delle questioni esaminate, del valore della causa e del rinvenimento di un precedente specifico di legittimità tra le stesse parti.
16.1 Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte,
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso proposto dalla ‘T.N. Spa, già I. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., accoglie l’originario ricorso proposto dalla contribuente.
Condanna la controricorrente Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, e le liquida in complessivi Euro 9.000,00, oltre 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
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