Corte di Cassazione ordinanza n. 19907 del 21 giugno 2022
gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva – l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina la nullità dell’atto – contraddittorio endoprocedimentale – l giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata –
Rilevato che:
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania veniva parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento 127/3/2011, la quale aveva accolto il ricorso di D.A. proposto contro un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP IVA e sanzioni 2006 emesso nel quadro degli artt.39 comma 2 del d.P.R. n.600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n.633 del 1972.
2. A carico della contribuente, esercente attività di commercio al det taglio di orologi, gioielli e argenteria, veniva elevato un maggiore ricavo non dichiarato, attraverso un accertamento induttivo “puro” ritenuto illegittimo dal giudice di prime cure e parzialmente confermato dal giudice d’appello, con riduzione della percentuale di ricarico dal 42% operata dall’atto impositivo, al 30% calcolata sulla base dello studio di settore applicabile
3. Avverso la decisione propone ricorso la contribuente, affidato a cinque motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
4. Con il primo motivo di ricorso – in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione dell’art.42 comma 1 del d.P.R. n.600 del 1973, nonché l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver la sentenza impugnata ignorato ed omesso di applicare la previsione di legge summenzionata, malgrado ricl1iesto specificatamente dalla ricorrente.
5. Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza. La contribuente lamenta innanzitutto il fatto che l’avviso impugnato non fosse stato sottoscritto (dal direttore, capo dell’Ufficio e suo legale rappresentante e la mancanza di una delega riferita ai firmatari sottoscrittori. La circostanza dell’assenza di delega è tuttavia smentita dallo stesso ricorso, in cui si dà atto del fatto che la delega contenuta nella “disposizione di servizio n. 36 -Prot. 2009/76680″, datata 25/11/2009 è stata depositata dall’Ufficio unitamente alla sua costituzione nel giudizio di primo grado” e la delega è stata ritenuta legittima dal giudice di prime cure. Il giudice d’appello,, succintamente
riporta la questione nello svolgimento del “fatto” e poi, nella motivazione in “diritto”, decidendo direttamente il merito della controversia implicitamente decide anche il profilo, preliminare al.la disamina del merito (cfr. Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 2153 del 30/01/2020, Rv. 656681 – 01), confermando così la determinazione del giudice di primo grado sulla questione.
6. Al proposito ritiene la ricorrente che la delega sarebbe comunque invalida perché priva di firma autografa apposta dal direttore delegante e la persona delegata non avrebbe avuto il potere per firmare l’avviso di accertamento, perché atto non rientrante nelle fattispecie soggettive ed oggettive previste nell’affidamento della delega. Va a riguardo ribadito che «In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella n. 44 del 2012. (Principio affermato ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c)» (Cass. 9 novembre 2015 n. 22810).
E’ dunque da un lato infondata la prospettazione secondo cui l’avviso doveva essere sottoscritto dal direttore provinciale dell’Agenzia, men tre non vi è incompetenza funzionale alla delega del funzionario dele gante, come pure vi è facoltà di offrire la prova dell’esistenza di tale delega nel corso del giudizio.
Dall’altro, con riferimento ai poteri in capo alla delegata che ha firmato l’atto, va tenuto conto che è la stessa ricorrente a riportare l’accertamento in fatto compiuto dalla CTP di legittimità della adeguatezza della delega prodotta in giudizio, implicitamente confermato dal giudice d’appello e la delega in questione non è neppure riprodotta in ricorso per dimostrare la decisività del profilo di censura.
Infine e in ogni caso, diversamente da quanto opina il ricorrente, la dedotta invalidità dell’avviso di accertamento non implicherebbe affatto la sussistenza di una nullità assoluta, ma soltanto, in astratto, l’annullabilità dell’atto stesso (Cass. 18 settembre 201 > n. 18448).
7. Con il secondo motivo di ricorso – ai fini dell’art.360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ., viene censurata la violazione degli artt.12 comma 7 della I. n.212 del 2000, 97 comma 1 Cast., delle norme disciplinanti i poteri dell’Ufficio e l’accertamento di cui agli artt. 32 del d.P. R. n.600 del 1973, 51, 54 e 55 del d. P. R. n.633 del 1972, nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, perché la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare in ordine al motivo dedotto con il ricorso introduttivo circa l’irregolarità del procedimento dal quale è scaturito l’accertamento.
8. Il motivo è inammissibile, perché non trascrive il passaggio delle controdeduzioni in appello nel quale la contribuente – integrale vincitrice in primo grado – avrebbe riproposto la questione logicamente antecedente al merito, relativa al contraddittorio procedimentale né la sentenza ne dà conto. Inoltre, il ricorso non riproduce neppure il passaggio relativo del ricorso di primo grado, con conseguente radicale carenza di decisività della censura. In ogni caso il motivo è anche infondato in diritto, perché l’avviso di accertamento è stato pacifica mente emanato a seguito di una verifica effettuata dall’Ufficio a “tavolino”. Va al proposito ribadito che: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus ”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.» (Cass. Sez. Un., Sentenza 29 luglio 2013 n.18184).
9. Inoltre, le Sezioni unite della Corte hanno anche precisato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.» (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n. 24823). Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie da tale autorevole in segnamento, mai superato (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456 – 01; conforme, ad es. Cass. Sez. 5 – , Sen tenza n. 22644 del 11/09/2019, Rv. 655048 – O1).
10. Nel caso di specie, è pacifico che le riprese non conseguono ad accesso, ispezione o verifica, trattandosi di controlli meramente documentali, ossia condotti sulla base delle dichiarazioni e della documentazione già in possesso dell’Amministrazione, integrata con quella fornita dalla contribuente a seguito di ricezione di questionario. Per tanto, l’art.12 comma 7 dello Statuto non trova applicazione alla fatti specie non essendo condivisibile la prospettazione della contribuente secondo cui sussisterebbe un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale e un obbligo di emissione del p.v.c. a chiusura delle operazioni, né ai fini IVA viene dedotta e sostanziata una prova di resistenza.
11. Con il terzo motivo di ricorso – in relazione nuovamente all’art. 360 primo comma 3 e 5 cod. proc. civ., viene prospettata la violazione degli artt. 7 della legge n.212 del 2000, 42 del cj.P.R. n. 600 del 1973, 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché l’omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quanto alla motivazione dell’avviso di accertamento. Il contribuente si duole del fatto che il giudice di appello abbia affermato solamente di condividere la tesi dei primi giudici in merito alla legittimità del ricorso all’accertamento induttivo senza tuttavia condividere in tutto le risultanze cui sono pervenuti in quanto «in presenza di rotazione del magazzino nullo e del costo del venduto negativo non e chiaro come i decidenti di primo grado abbiano accolto il ricorso».
12. Il motivo è inammissibile, perché come già considerato per la precedente doglianza non è in alcun modo trascritto o riprodotto il passaggio delle controdeduzioni in appello nel quale il vizio motivazionale dell’avviso, questione preliminare alla disamina del merito, sarebbe stato riproposto dalla contribuente integrale vincitrice in primo grado e, dunque, non è apprezzabile la decisività della
13. Con il quarto motivo di ricorso – in relazione all’art. 360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ. – si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 comma 2 e 42 del d.P.R. n.600 del 1973 del l’art. 2697 cod. civ., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La sentenza impugnata avrebbe, secondo la contribuente, completamente ignorato ed omesso di motivare circa l’eccezione di parte sollevata in merito alla illegittima applicazione della percentuale di ricarico per determinare i ricavi accertati. In particolare, viene dedotto che nello studio di settore applicato, approvato con il D.M. 17/03/2005, i “coefficienti delle funzioni di ricavo” di cui al “cluster 3 -negozi di orologi di fascia media -economica, alla variabile del “costo del venduto”, il coefficiente riportato è di 1,2303, ovvero, del 23,03%, distante dal 42% indicato dall’ufficio.
14. Il motivo è inammissibile, per più ragioni. Come già visto per al tre censure, anche per quella in disamina manca la riproduzione del pertinente passaggio dell’eccezione sollevata avanti al giudice d’ap pello. Inoltre, va ribadito che «Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpreta zione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti» (Cass. 28 novembre 2014 n. 25332).
A ciò si aggiunge che «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a di mostrare i fatti in discussione» (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097).
La censura in disamina, sotto lo schermo della violazione di legge, e chiaramente diretta ad ottenere una diversa valutazione degli elementi di fatto e della prova, inammissibile in sede di legittimità.
15. Con il quinto motivo la ricorrente – ex 360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ. – deduce infine la violazione e falsa applicazione degli artt.7 e 17 del d.Lgs. n. 472 del 1997, dell’art 115 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente contraddittoria motivazione, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, perché con il ricorso introduttivo sarebbe stato evidenziato come la parte dell’accertamento riservata all’irrogazione delle sanzioni fosse carente, in particolare con riferimento al requisito della colpevolezza.
16. La censura è inammissibile, per carenza di specificità, dal momento che labialmente afferma che la questione sarebbe stata posta in primo grado, ma senza trascrivere la parte rilevante del ricorso e, in ogni caso, avrebbe dovuto essere riproposta anche in appello dalla parte integralmente vincitrice in primo grado, ma di tale fatto decisivo non si ha evidenza dalla lettura del ricorso.
17. Per le ragioni esposte il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come da
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, Spese prenota te a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore impor to a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 febbraio 2022, n. 4884 - In tema di accertamento tributario, ai sensi dell'art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d'ufficio devono essere…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 16844 depositata il 7 agosto 2020 - Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell'ufficio…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 marzo 2020, n. 6698 - L'avviso di accertamento è nullo, ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 agosto 2021, n. 22982 - In tema d'imposte sui redditi, la nullità per la carenza di sottoscrizione del capo dell'ufficio o altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato è prevista per l'avviso di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 giugno 2021, n. 18359 - L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 luglio 2020, n. 16376 - L'avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…