Corte di Cassazione ordinanza n. 20045 del 21 giugno 2022
vizio di motivazione – anomalia motivazionale
RILEVATO CHE
– Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Viterbo, che aveva accolto il ricorso della N.R. s.r.l. avverso un avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione IVA per l’anno 2006, mediante il recupero a tassazione della somma di € 138.000,00, quale credito non riconosciuto, con l’irrogazione di sanzioni;
– dalla sentenza impugnata si evince che:
- l’IVA recuperata riguardava un contratto di compravendita di un fabbricato, ritenuto oggettivamente inesistente, in quanto simulato;
- l’esistenza di un atto pubblico di compravendita non dimostrava l’effettività della cessione dell’immobile e le reali regolamentazioni dei rapporti tra le parti;
- l’Ufficio aveva provato la fittizietà dell’operazione immobiliare sulla base di alcuni comportamenti, dai quali si desumeva che lo scopo della N.R. era quello di sottrarre il proprio patrimonio ai creditori, e la contribuente non aveva offerto alcuna valida prova circa l’effettiva sussistenza dell’operazione;
– la N.R. s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a otto motivi;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per omessa motivazione sulla oggettiva inesistenza della cessione del fabbricato;
– con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la contribuente non avesse fornito alcuna prova valida circa l’effettività delle operazioni, benchè fossero stati prodotti la fattura n. 2/2006 e l’atto pubblico di acquisto del fabbricato, gravando sull’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare l’inesistenza giuridica della cessione;
– con il terzo e il quarto motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte, in relazione all’eccezione formulata avverso l’avviso di accertamento, che qualificava come “operazione oggettivamente inesistente” la cessione del fabbricato, sebbene la stessa fosse stata documentata con la fattura n. 2/2006 della ditta Cola Nello e con l’atto pubblico di acquisto;
– con il quinto motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte, non avendo la CTR indicato sulla base di quali indici si doveva ritenere fittizia l’operazione di cessione del fabbricato di cui alla fattura n. 2/2006 e le ragioni per cui dovevano essere disattesi gli elementi di segno contrario, forniti dalla contribuente;
– con il sesto motivo, la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per vizio di ultrapetizione, avendo qualificato la cessione dell’immobile come operazione soggettivamente inesistente, mentre l’Ufficio aveva contestato un’operazione oggettivamente inesistente;
– con il settimo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte, non avendo la CTR esaminato gli elementi forniti dalla contribuente, sulla base dei quali si evinceva che il credito IVA derivante dall’acquisto dell’immobile era stato solo in minima parte utilizzato in compensazione;
– con l’ottavo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente fondato il proprio convincimento su elementi nuovi, non dedotti dall’Ufficio nella motivazione dell’avviso di accertamento, avendo considerato l’esame complessivo della vicenda fin dalla prima vendita dell’immobile;
– per il suo carattere assorbente, va esaminato il primo motivo che è fondato;
– come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 7.04.2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
– deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;
– solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);
– orbene, dopo avere richiamato la giurisprudenza in materia di distribuzione dell’onere probatorio con riferimento alle fatture per operazioni inesistenti, la CTR ha affrontato la questione sulla valenza probatoria dell’atto pubblico con riferimento al contratto di compravendita, ritenendolo irrilevante ai fini della prova dell’effettività della cessione e limitandosi a precisare, alla fine, a sostegno della propria decisione, che “l’Ufficio ha proposto una serie di comportamenti che fanno fondatamente presumere la fittizietà degli atti posti in essere, presumibilmente allo scopo di spogliare il N.R. del proprio patrimonio di fonte ad eventuali creditori e alle loro azioni esecutive. Rispetto alla plausibile ricostruzione dei fatti fornita dall’Ufficio nessuna prova valida circa l’effettività delle operazioni intercorse viene fornita dal N.R. con la conseguenza che le riprese in contestazione devono essere integralmente confermate”, senza in alcun modo descrivere quali fossero i “comportamenti” sulla base dei quali si doveva ritenere provata la natura simulata del contratto, che ha dato luogo al recupero dell’IVA;
– le scarne argomentazioni contenute nella sentenza impugnata non permettono di comprendere il percorso argomentativo svolto dal giudice di appello che ha ritenuto di riformare la decisione di primo grado, senza nemmeno indicare gli elementi di fatto posti alla base della pretesa fiscale, in contrapposizione alle allegazioni della contribuente;
– poiché tali carenze non possono essere certamente integrate dall’interprete in via congetturale, con le più varie, ipotetiche argomentazioni, l’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della sentenza impugnata (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);
– ne consegue che, in accoglimento del primo motivo del ricorso, nel quale resta assorbito l’esame degli altri, la sentenza deve essere dichiarata nulla e cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR del Lazio in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla CTR della Lazio in diversa composizione.
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