Corte di Cassazione ordinanza n. 20062 del 21 giugno 2022
vizio di motivazione – accertamento induttivo puro nei casi di omessa dichiarazione e/o produzione di documentazione inattendibile – presunzioni supersemplici
RILEVATO CHE
1. Il contribuente G.P. ha impugnato quattro avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2001, 2002, 2003 e 2004, con cui venivano recuperate maggiori IRPEF, IRAP e IVA, oltre addizionali e sanzioni. Gli avvisi facevano seguito a un PVC, in forza del quale si accertava che il contribuente avesse svolto attività di imbianchino e costruttore per conto di privati «in nero» senza apertura di partita IVA, nonché in assenza di scritture contabili e di dichiarazioni fiscali, i cui proventi sarebbero confluiti su conto corrente bancario intestato al coniuge.
2. La CTP di Napoli ha rigettato i ricorsi, ritenendo legittima l’attività dell’Ufficio, in considerazione della entità degli acquisti di materiali edili effettuati dal contribuente, nonché delle stesse dichiarazioni rese dal contribuente, benché successivamente smentite, avuto riguardo allo «status di evasore totale del contribuente».
3. La CTR della Campania, con sentenza in data 3 febbraio 2015, ha parzialmente accolto l’appello del contribuente. Il giudice di appello ha valorizzato le originarie dichiarazioni rese dal contribuente, valutandole alla stregua di elementi indiziari, nonché la circostanza degli acquisti di materie prime da parte del contribuente, quale elemento indiziario della abitualità dell’attività imprenditoriale, nonché – infine – gli incassi risultanti dai versamenti sul conto corrente del coniuge. Sulla base, peraltro, di tali versamenti, il giudice di appello ha rideterminato nel quantum il volume di affari e il reddito accertato, determinandolo in € 30.000,00 per ciascun periodo di imposta.
4. Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a due motivi; l’Ufficio si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione di legge ex art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. per apparente e insufficiente e illogica motivazione circa l’applicazione dei presupposti di cui all’art. 39, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2729 cod. civ. Deduce il ricorrente che gli elementi indiziari indicati dall’Ufficio nel PVC sarebbero privi dei caratteri di precisione e concordanza di cui all’art. 2729 civ., benché l’accertamento fosse stato condotto con metodologia induttiva pura, non potendo il maggior reddito essere accertato sulla base delle sole dichiarazioni del contribuente. Deduce, inoltre, il ricorrente che la sentenza non conterrebbe la descrizione dell’iter logico che ha condotto alla decisione.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di legge per apparente o insufficiente e illogica motivazione circa l’applicazione dell’art. 39, secondo comma, d.P.R. n. 600/1973 e 40, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui si è proceduto alla determinazione della percentuale di ricarico. Osserva parte ricorrente come non vi sarebbe alcuna specifica indicazione di percorso logico che ha condotto il giudice di appello a rideterminare nel 10% i margini di ricavo dell’attività del contribuente.
2. Il primo motivo è infondato in relazione alla dedotta nullità della sentenza per apparenza della motivazione. Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), quale motivazione del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). Nella specie il giudice di appello ha ritenuto – con iter logico chiaramente evincibile – che la natura di «evasore totale» del contribuente, in costanza dell’assenza di qualunque dichiarazione dei redditi e IVA, oltre che di contabilità, consentisse all’Ufficio di valorizzare alcuni elementi (gli unici disponibili), quali le dichiarazioni rese dal contribuente, il volume degli acquisti di materiale e i versamenti sul conto corrente del coniuge del contribuente quali elementi idonei a fondare l’accertamento induttivo del reddito.
3. Il motivo è infondato anche in relazione alla dedotta violazione di legge. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, ove il contribuente presenti documentazione del tutto inattendibile, ovvero ometta (come nel caso di specie) le dichiarazioni fiscali (IVA e imposte dirette), l’Ufficio che proceda all’accertamento nelle forme dell’accertamento induttivo puro può condurre l’accertamento facendo ricorso a presunzioni «supersemplici», ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass., Sez. V, 17 giugno 2021, 17244; Cass., Sez. VI, 9 marzo 2022, n. 7655; Cass., Sez. V, 15 dicembre 2021, n. 40174; Cass., Sez. V, 22 luglio 2011, n. 16108; Cass., Sez. V, 30 giugno 2006, n. 15134), le quali comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass., Sez. V, 4 maggio 2022, n. 14153; Cass., Sez. V, 1° aprile 2022, n. 10651; Cass., Sez. VI, 15 giugno 2017, n. 14930; Cass., Sez. V, 20 gennaio 2017, n. 1506; Cass., Sez. V, Sez. 5, 2 luglio 2014, n. 15027). Nel qual caso, è onere del contribuente provare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata induttivamente dall’Amministrazione (Cass., Sez. V, 16 luglio 2020, n. 15167). La CTR ha ritenuto che in assenza del deposito delle dichiarazioni fiscali l’Ufficio potesse acquisire elementi indiziari anche dalle dichiarazioni rese dal contribuente, oltre che dagli ulteriori elementi valorizzati (i versamenti sul conto corrente del coniuge del contribuente e gli ingenti volumi di acquisti di materiale edile), benché non dotati di pregnanza indiziaria, con ciò facendo corretta applicazione dei suindicati principi.
4. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non costituisce una vera e propria ratio decidendi. Il giudice di appello, pur avendo rilevato che la percentuale di redditività del contribuente si sarebbe dovuta inasprire dal 5% (propria delle imprese che operano «in bianco») al 10%, quale attività «in nero», non ha tratto (né avrebbe potuto trarre) da tale assunto la conseguenza di un inasprimento dell’accertamento operato dall’Ufficio, riducendo – invero – l’importo del giro di affari e del reddito accertato in forza delle dichiarazioni rese dal contribuente – che, come riporta lo stesso ricorrente, nella parte in cui riproduce stralci del PVC, aveva dichiarato «di guadagnare in media circa € 500,00 al mese» – nonché in forza «degli incassi affluiti sul conto corrente». Il punto di motivazione censurato dal ricorrente non si è, pertanto, tradotto in una vera e propria ratio decidendi, con conseguente inammissibilità della censura.
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese in assenza di difese scritte dell’Amministrazione finanziaria. Spetta, invero, il raddoppio del contributo unificato benché il contribuente sia stato ammesso al gratuito patrocinio, dovendo il giudice dell’impugnazione dare atto della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore del contributo unificato anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venire meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato), potendo invece esimersi dal rendere detta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass., Sez. U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma
17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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