Corte di Cassazione ordinanza n. 20064 del 21 giugno 2022
tributi – IVA – benefici prima casa – presupposti – sanzioni – retroattività – esclusione
RILEVATO CHE
1. Le contribuenti P.I., R.V. e R.C. hanno impugnato un avviso di accertamento con il quale venivano revocati ai fini IVA i benefici «prima casa» e applicate sanzioni in relazione all’acquisto di una unità immobiliare sita in Besozzo, acquisto avvenuto in data 18 aprile 2008, per il quale l’Ufficio riteneva sussistere i requisiti di abitazione di lusso a termini degli artt. 5 e 6 d.m. 2 agosto 1969. Le contribuenti hanno ritenuto che l’Ufficio avesse erroneamente ricompreso nel computo della superficie utile complessiva un’area non abitabile (sottotetto).
3. La CTP di Varese ha rigettato i ricorsi e la CTR della Lombardia ha rigettato gli appelli.
4. La sentenza di appello è stata cassata con rinvio da questa Corte (Cass., Sez. VI, 19 dicembre 2014, n. 27141), in accoglimento del primo motivo di ricorso, con cui era stata dedotta motivazione apparente in relazione alla doglianza della inclusione dell’area adibita a sottotetto, in quanto non abitabile, fra quelle rilevanti ai fini del riconoscimento del carattere di lusso dell’immobile.
5. La CTR della Lombardia, adita in sede di rinvio, con sentenza in data 21 gennaio 2016, ha rigettato l’appello delle contribuenti, ritenendo di non poter fare applicazione in relazione al tributo dell’art. 33 d. lgs. 21 novembre 2014, n. 175, ove ha espunto il rinvio per relationem al d.m. 2 agosto 1969. Nel merito, il giudice del rinvio ha ritenuto sussistenti i requisiti dell’abitazione di lusso per il fatto che l’abitazione gode di una superficie scoperta superiore di sei volte rispetto all’area coperta, rilevante a termini dell’art. 5 d.m. 2 agosto 1969, ciò risultando dalla planimetria allegata alla dichiarazione di ultimazione del fabbricato in data 10 luglio 2007.
6. Propongono ricorso per cassazione le contribuenti, affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, 5 cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo ai fini del giudizio, per non essersi il giudice di appello pronunciato sulla qualificazione della superficie di mq. 99,78 dei locali sottotetto non abitabili, circostanza che avrebbe rilievo decisivo in quanto locale privo di abitabilità – secondo le indicazioni della consulenza di parte – in forza del fatto che si tratta di locale privo del rapporto aero illuminante e dell’altezza minima, così da assumere natura di locale sottotetto e non di mansarda abitabile.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 5 d.m. 2 agosto 1969, n. 1072, nella parte in cui la sentenza impugnata ha disconosciuto i benefici prima casa quale abitazione di lusso per esistenza di un’area pertinenziale scoperta superiore di sei volte rispetto all’area coperta, per non avere considerato nella superficie complessiva coperta anche l’area sottotetto. Osserva parte ricorrente che, a termini dell’art. 5 d.m. cit., può essere qualificata come abitazione di lusso una unità immobiliare che abbia superficie complessiva superiore a mq. 200 e che abbia, ulteriormente, un’area pertinenziale di oltre sei volte l’area coperta, con esclusione – quanto all’area coperta – delle soffitte. Si deduce, pertanto, da parte delle ricorrenti che l’esclusione della soffitta, o anche sottotetto, porterebbe l’area coperta utile ai fini dell’art. 5 m. cit. al di sotto dei 200 mq. coperti, superficie raggiunta dall’immobile solo in considerazione del vano sottotetto, considerato come «mansarda».
1.3 Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., omessa pronuncia e nullità della sentenza impugnata per non essersi la sentenza impugnata pronunciata sulla domanda subordinata relativa alla irrogazione delle sanzioni per sopravvenuta abrogazione parziale dell’illecito della Tariffa, parte 1, 1, nota II-bis, comma 4, d.P.R. 26 aprile 1986, n.131.
1.4 Con il quarto motivo si deduce, in via gradata rispetto al superiore motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., motivazione apparente della sentenza impugnata in relazione al medesimo profilo.
1.5 Con il quinto motivo si deduce, in via ulteriormente gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 3, comma 2, d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 per non avere il giudice del rinvio fatto applicazione del principio di retroattività in relazione alle sanzioni.
2. I primo due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. Deve, difatti, preliminarmente osservarsi come – quanto al primo motivo – decisivo si rivela il fatto – come le ricorrenti ribadiscono in memoria – «se i 99,78 mq del sottotetto siano da computare nella superficie utile» dell’immobile. Si osserva in proposito come, secondo la giurisprudenza di questa Corte, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi dell’art. 1, Parte I, nota II bis della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, occorre fare riferimento alla nozione di «superficie utile complessiva», quale mera utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, considerandosi tutta la superficie dell’unità immobiliare ma con esclusione di balconi, terrazze, cantine, soffitte scale e posto auto, in quanto espressamente esclusi dalla disposizione richiamata (Cass., Sez. V, 29 ottobre 2021, n. 30762; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2019, n. 33896; Cass., Sez. V, 17 luglio 2019, n. 19186; Cass., Sez. VI, 26 marzo 2019, n. 8409; Cass., Sez. V, 31 marzo 2017, n. 8421). Tale interpretazione riposa sulla lettura dell’art. 5 d.m. cit., che fa richiamo al concetto di superficie utile dell’«alloggio padronale», ossia «tutta quella che fa parte della “casa” (sia composta di “uno o più piani”, purché costituenti “unico alloggio”), quindi dell’intero complesso costruttivo (con esclusione, ovviamente, di “balconi,… terrazze,… cantine,… soffitte,… scale e posto macchine”), quante volte sia “utile” a costituire (“costituenti”) “unico alloggio padronale”: l’utilità evocata dalla norma – nella quale manca qualsiasi riferimento, quand’anche indiretto od implicito, ma sempre inequivoco, alla “abitabilità” in senso giuridico – implica la idoneità, esclusivamente fattuale, di una determinata “superficie” chiusa da muri (perciò “case”) a integrare un “alloggio padronale”, ovverosia a consentire l’espletamento al suo interno di tutte le funzioni (di ogni genere) proprie della vita del “padrone” (non svolgendo l’aggettivo “padronale” una funzione pleonastica ma evidentemente qualificativa) dell’alloggio» (Cass., Sez. V, 28 giugno 2012, n. 10807). Non è sufficiente, pertanto, che una abitazione abbia un’area scoperta superiore di quella coperta di oltre sei volte ma, come ribadiscono le ricorrenti in memoria, occorre anche accertare che l’area coperta sia superiore a 200 mq., secondo le indicazioni contenute nell’art. 5 cit., ossia «esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine».
4. Ne consegue che per stabilire se una costruzione abbia superficie utile complessiva superiore a 200 mq e che, in costanza dell’ulteriore requisito (accertato dal giudice del rinvio) della area pertinenziale scoperta di oltre sei volte l’area coperta, costituisca abitazione di lusso, è necessario valutare se nella superficie coperta sia stata esclusa la «soffitta», accertandosi se la stessa costituisca soffitta o, (come diversamente ritiene l’Ufficio) mansarda. Accertamento che era stato demandato dal giudice rescindente, che aveva ritenuto fondato l’omesso esame dei «motivi di appello, volti a contestare l’inclusione dell’area adibita a sottotetto fra quelle rilevanti ai fini del riconoscimento del carattere lussuoso dell’immobile» (Cass., n. 27141/2014, cit.) e che non è stato effettuato dal giudice del rinvio.
5. I motivi terzo, quarto e quinto (il terzo e il quarto ammissibili quanto a specificità) possono essere valutati congiuntamente, in quanto attengono alla medesima questione della applicazione retroattiva relativa alla irrogazione delle sanzioni per sopravvenuta abrogazione parziale dell’illecito della Tariffa, parte 1, art. 1, nota II- bis, comma 4, P.R. n. 131/1986, in violazione dell’art. 3, comma 2, D.lgs. n. 472/1997. Si osserva, in proposito che il giudice di legittimità – anche in caso di omessa pronuncia – può valutare nel merito la questione ove non vi siano ulteriori accertamenti in fatto da compiere. La questione posta dalle ricorrenti è infondata. L’art. 33 del D.lgs. 21 novembre 2014, n. 175 ha effettivamente espunto – ai fini dell’applicazione del regime agevolato alle abitazioni non di lusso le parole «secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969» sostituendole con le parole «ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9» e così facendo riferimento alla sola categoria catastale. Tuttavia questa Corte, all’esito dell’ordinanza di rimessione in data 21 novembre 2021, n. 30708, ha ritenuto che non viene in considerazione in questo caso il principio del favor rei, restando la sanzione comunque dovuta, non elidendo la disciplina sopravvenuta la rilevanza della condotta in precedenza oggetto di irrogazione di sanzioni, posto che l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, è rimasta immutata, mutandone unicamente l’oggetto (Cass., Sez. U., 27 aprile 2022, n. 13145). Non può, pertanto, essere fatta applicazione della disciplina sopravvenuta ai fini sanzionatori in termini abrogativi della stessa.
La sentenza va, pertanto, cassata in relazione al primo e al secondo motivo, rinviandosi la causa alla CTR a quo, per l’accertamento dell’inclusione o meno dell’area adibita a sottotetto fra quelle rilevanti ai fini del riconoscimento del carattere di lusso dell’immobile. Al giudice del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.