Corte di Cassazione ordinanza n. 20088 del 22 giugno 2022
giudicato esterno – applicabilità a periodi successivi
Rilevato che:
1. H.S. s.r.l. proponeva ricorso contro l’avviso di accertamento con cui erano recuperate a tassazione, a fini Ires e Irap, per l’anno 2006, quote di ammortamento di costi dedotti in riferimento ad operazioni ritenute inesistenti, per la complessiva somma di euro 551,00.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli rigettava il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza in questa sede impugnata, rigettava l’appello della società.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione H.S. s.r.l., con quattro motivi.
Il ricorso è stato iscritto al n. RG 12148/2014.
Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
2. H.S. r.l. proponeva altresì ricorso contro l’avviso di accertamento con cui erano recuperate a tassazione a fini Ires e Irap, per l’anno 2004, le medesime quote di ammortamento.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva in parte il ricorso rideterminando in euro 30.019,80 la misura delle quote di ammortamento indeducibili.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza in questa sede impugnata, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate e rigettava l’appello incidentale della società, confermando quindi l’accertamento.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione H.S. s.r.l., con sei motivi.
Il ricorso è stato iscritto al n. RG 27807/2014. Agenzia delle entrate si è costituita con memoria.
3. H.S. s.r.l. proponeva, ancora, ricorso contro l’avviso di accertamento con cui erano recuperate a tassazione a fini Ires e Irap, per l’anno 2005, le medesime quote di ammortamento.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva in parte il ricorso rideterminando in euro 30.019,80 le quote di ammortamento indeducibili.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza in questa sede impugnata, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate e rigettava l’appello incidentale della società, confermando quindi l’accertamento.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione H.S. s.r.l., con sei motivi.
Il ricorso è stato iscritto al n. 27808/2014. Agenzia delle entrate si è costituita con memoria.
4. H.S. s.r.l., infine, proponeva ricorso contro l’avviso di accertamento con cui erano recuperate a tassazione a fini Ires e Irap, per l’anno 2008, le medesime quote di ammortamento.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva in parte il ricorso rideterminando in euro 30.019,80 la misura delle quote di ammortamento indeducibili.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza in questa sede impugnata, rigettava l1appello dell’Agenzia delle entrate; evidenziava, in primo luogo, l1intervenuto giudicato esterno dovuto a una sentenza della C.T.P. di Napoli relativa all’annualità 2003, che aveva accertato che la cifra indeducibile per i beni ammortizzabili per ogni anno a partire dal 2003 fosse pari ad euro 30.019,80; in secondo luogo, riteneva infondata la deduzione dell’ufficio secondo il quale le somme recuperate nel 2008 riguardavano anche le quote di ammortamento di beni acquistati nel 2001 e nel 2002, in quanto l’ufficio, avendo emesso l’accertamento relativo al 2003, non poteva recuperare le annualità precedenti, anche perché definite con condono tombale, ai sensi dell’art. 9, comma 9, I. 289 del 2002.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Agenzia delle entrate, con due motivi.
Il ricorso è stato iscritto al n. RG 18789/2015. H.S. s.r.l. è rimasta intimata
5. I ricorsi sono stati fissati per la camera di consiglio del 20 maggio 2022, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380-bis.1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal l. 31 agosto 2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197 e in tale sede sono stati riuniti.
Agenzia delle entrate ha depositato memorie nei giudizi iscritti ai nn. RG 27807/2014 e 27808/2014.
Considerato che:
1. Preliminarmente occorre disporre la riunione al proc. 12148/2014 dei processi iscritti ai 27807, 27808 del 2014 e 18789 del 2015, per connessione soggettiva ed oggettiva, anche alla luce di quanto verrà di seguito evidenziato. Al momento è sufficiente ribadire che l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità al ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale (Cass., Sez. U., 13/09/2005, n. 18125).
Occorre poi dare atto che nei tre processi originati dai ricorsi per cassazione proposti da H.S., l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso solo nel proc. n. RG 12148/2014, mentre negli altri due ha depositato mero atto di costituzione, depositando poi memoria (conformemente a Cass. 22/02/2017, n. 4533).
Nel giudizio introdotto dall’Agenzia, il cui ricorso è stato ritualmente notificato a mezzo posta ad H.S. s.r.l. presso il difensore costituito nel giudizio di appello, la società è rimasto intimata.
2. I ricorsi riuniti vertono su avvisi di accertamento emessi in relazione agli anni 2004, 2005, 2006 e 2008 con cui l’Agenzia ha recuperato a tassazione, a fini Ires e Irap, le quote di ammortamento per costi per operazioni inesistenti, operazioni risalenti agli anni 2001, 2002 e 2003.
3. La società, nel giudizio iscritto al RG 12148/2014, propone quattro motivi di ricorso.
3.1 Col primo motivo di ricorso deduce l’illegittimità della sentenza per violazione del giudicato esterno che è stato oggetto di discussione tra le parti e la cui esistenza è stata eccepita dalla ricorrente, sotto il profilo dell’art. 360, primo comma, cod. civ., n. 3.
In particolare la ricorrente deduce che le quote di ammortamento indeducibili per l’annualità in questione sarebbero cristallizzate dal giudicato intervenuto con la sentenza n. 380/45/2009 della C.T.P. di Napoli, relativa all’annualità 2003; tale sentenza aveva accertato definitivamente le quote nella misura di euro 15.009,40, pari al 50% della quota intera, essendo il 2003 il primo anno di entrata in funzione dei cespiti, ai sensi dell’art. 102, secondo comma, t.u.i.r.; di conseguenza per gli anni successivi la somma da ritenere indebitamente detratta doveva essere pari al doppio di quest’ultima, euro 30.018,80, e non superiore; la C.T.P. di Napoli non avrebbe tenuto conto del giudicato, incorrendo altresì in evidente errore interpretativo.
3.2 Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’illegittimità della sentenza per violazione del principio di non contestazione, per errata e falsa applicazione dell’art. 1 del d.lgs. 31/12/1992, n. 546 e degli artt. 167, 416, 88, 115 cod. proc. civ. nonché dell’art. 111 della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Il motivo è proposto in via subordinata al rigetto del primo; con esso la ricorrente lamenta che i giudici di primo grado non abbiano considerato incontestato il fatto che l’esatta misura delle quote di ammortamento dedotte dalla società nel primo anno di entrata in funzione dei cespiti (il 2003) era di 15.009,40 €, tanto che lo stesso ufficio lo aveva determinato in tal misura nell’accertamento relativo all’anno 2007, e solo in esso.
3.3 Con il terzo motivo lamenta la illegittimità della sentenza per contraddittorietà della pronuncia su fatti decisivi per il giudizio e per errata e falsa applicazione dell’art. 12, quinto e sesto comma, del lgs. 18/12/1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.
Evidenzia infatti di aver dedotto in appello l’omessa pronuncia da parte della C.T.P. in relazione all’applicazione della regola del concorso e della continuazione di cui all’art. 12 del d. lgs. 472 del 1997, che prevede che quando vi siano violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta diversi si applichi la sanzione base aumentata dalla metà al triplo e se più atti di irrogazione danno luogo a processi non riuniti o comunque introdotti davanti a giudici diversi, il giudice che prende cognizione dell’ultimo di essi ridetermina la sanzione complessiva
3.4 Con il quarto motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza per falsa applicazione degli artt. 42, secondo comma, d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e 56 d.P.R. 26/10/1972, 633, oltre che degli artt. 7 e 12, settimo comma, della l. 27/07/2000, n. 212, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
In particolare, la ricorrente aveva lamentato l’illegittimità dell’avviso per difetto di adeguata motivazione, alla luce del mero richiamo di un PVC non allegato allo stesso, nonchè per il difetto di contraddittorio preventivo, censure rigettate dalla C.T.R. con affermazioni non rispettose dei principi affermati dalla giurisprudenza al riguardo.
4. La società, sia nel giudizio iscritto al RG 27807/2014 che in quello iscritto al n. RG 27808/2014, propone sei motivi di ricorso.
4.1 Col primo motivo di ricorso deduce l’illegittimità della sentenza per violazione del giudicato esterno che è stato oggetto di discussione tra le parti e la cui esistenza è stata eccepita dalla ricorrente, sotto il profilo dell’art. 360, primo comma, cod. civ., n. 3.
In particolare la ricorrente deduce che le quote di ammortamento indeducibili per l’annualità in questione sarebbero cristallizzate dal giudicato intervenuto con la sentenza n. 380/45/2009 della C.T.P. di Napoli, relativa all’annualità 2003; tale sentenza aveva accertato definitivamente tali quote nella misura di euro 15.009,40, somma determinata nel 50% della quota intera, essendo il 2003 il primo anno di entrata in funzione dei cespiti, ai sensi dell’art. 102, secondo comma, t.u.i.r.; di conseguenza per gli anni successivi la somma indebitamente detratta doveva essere pari al doppio di quest’ultima, euro 30.018,80, e non superiore; la C.T.P. di Napoli non avrebbe tenuto conto del giudicato, incorrendo altresì in evidente errore interpretativo.
4.2 Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’illegittimità della sentenza per violazione del principio di non contestazione, per errata e falsa applicazione dell’art. 1 del d.lgs. 546 del 1992 e degli artt. 167, 416, 88, 115 cod. proc. civ. nonché dell’art. 111 della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Il motivo è proposto in via subordinata al rigetto del primo; con esso la ricorrente lamenta che i giudici di primo grado non abbiano considerato incontestato il fatto che l’esatta misura delle quote di ammortamento dedotte dalla società nel primo anno di entrata in funzione dei cespiti (il 2003) era di 15.009,40 €, tanto che lo stesso ufficio lo aveva determinato in tal misura nell’accertamento relativo all’anno 2007, e solo in esso.
4.3 Con il terzo motivo di ricorso la società deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 proc. civ., per omessa pronuncia del giudice d’appello su questioni pregiudiziali sollevate nei gradi di merito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonchè per violazione dell’art. 36 del d. lgs. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Lamenta infatti che i giudici d’appello non si siano pronunciati sulla rilevanza del giudicato esterno e sul comportamento dell’amministrazione.
4.4 Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’illegittimità della sentenza per violazione degli artt. 43 e 33 del d.P.R. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la C.T.R. abbia errato nel ritenere corretto il recupero dell’ufficio, anche per le quote di ammortamento riferite a beni acquistati dalla società nei precedenti anni 2001 e 2002, che non erano stati oggetto di accertamento ma solo di rilievi del PVC; evidenzia che l’ufficio, nel primo atto di accertamento nei confronti della ricorrente, emesso nel 2007 e relativo ai redditi dell’anno 2003, non aveva effettuato alcun accertamento per gli anni 2001 e 2002, avendo quindi perso il potere di rettifica su annualità non accertate.
4.5 Con il quinto motivo lamenta l’illegittimità della sentenza per contraddittorietà della pronuncia su fatti decisivi per il giudizio e per errata e falsa applicazione dell’art. 12, quinto e sesto comma, del lgs. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.
Evidenzia infatti di aver dedotto in appello l’omessa pronuncia da parte della C.T.P. in relazione all’applicazione della regola del concorso e della continuazione di cui all’art. 12 del d.lgs. 472 del 1997, che prevede che quando vi siano violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta diversi si applichi la sanzione base aumentata dalla metà al triplo e, se più atti di irrogazione danno luogo a processi non riuniti o comunque introdotti davanti a giudici diversi, il giudice che prende cognizione dell’ultimo di essi ridetermina la sanzione complessiva.
4.6 Con il sesto motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza per falsa applicazione degli 42, secondo comma, d.P.R. 600 del 1973 e 56 d.P.R. 633 del 1972 oltre che degli artt. 7 e 12, settimo comma, della I. 212 del 2000, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
In particolare, la ricorrente aveva lamentato l’illegittimità dell’avviso per difetto di adeguata motivazione, alla luce del mero richiamo di un PVC non allegato allo stesso, nonchè per il difetto di contraddittorio preventivo, censure rigettate dalla C.T.R. con affermazioni non rispettose dei principi affermati dalla giurisprudenza al riguardo.
5. Agenzia delle entrate, nel giudizio iscritto al n. RG 18789/2015, propone due motivi di ricorso.
5.1 Col primo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 102 e 109 d.P.R. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ.
La ricorrente evidenzia che la sentenza sia censurabile laddove ha annullato le quote di ammortamento dei costi riferiti ad acquisti effettuati negli anni 2001 e 2002 in quanto le spese riguardanti quote di ammortamento sono deducibili in ragione di anno ed in ogni singolo anno andranno valutate, secondo criterio di competenza, in relazione al loro concorrere alla formazione del reddito di impresa.
5.2 Con il secondo motivo di ricorso, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, nono comma, della 27/12/2002, n. 289.
Il riferimento al condono cd. tombale per gli anni 2001 e 2002, evocato dalla C.T.R. a fondamento dell’impossibilità di recuperare le quote di ammortamento dei costi sostenuti in tali anni ma dedotti negli anni successivi, sarebbe evidentemente errato in quanto la definizione automatica prevista dalla citata disposizione rende definitiva la liquidazione delle imposte ma solo in riferimento al singolo anno di imposta e non anche per le quote di ammortamento dedotte negli anni successivi.
6. Preliminare è l’esame del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, iscritto al n. RG 18789/2015, ed avente ad oggetto accertamento per l’anno 2008, che è inammissibile.
6.1 La sentenza della C.T.R. contiene evidentemente due distinte rationes decidendi, una prima, fondata sull’esistenza di un giudicato esterno e una seconda, fondata sull’impossibilità dell’amministrazione di recuperare nel 2008 quote di ammortamento di costi sostenuti negli anni 2001 e 2002, sia per una decadenza determinata dall’aver emesso un accertamento relativo al 2003 senza tali riprese sia per l’avvenuto condono delle annualità 2001 e 2002.
Ed infatti la C.T.R. espressamente evidenziava l’infondatezza dell’appello dell’Agenzia <<Per intervenuto giudicato esterno …; infatti la presunta violazione degli articoli 102 e 109 t.u.i.r. nonché dell’art. 9, comma 9, l. 289 del 2002 non può essere superata a fronte del giudicato esterno che si è venuto a determinare per effetto della definitività della sentenza della CTP di Napoli n.380/45/2009 riferita all’annualità 2003 che, anche per le precedenti annualità 2004 e 2005 era stato determinante per decidere la controversia …; la cifra al più indeducibile di beni ammortizzabili fittiziamente acquistati dalla società contribuente non poteva che essere il doppio della cifra di 15.009,40 C e quindi 30.019,80>>; e ancora affermava che <<Se l’ufficio non ha accertato l’annualità 2001 e 2002 e non ha quindi riscontrato alcun rilievo per annualità diverse dal 2003, in nessun modo può recuperare a tassazione, negli accertamenti successivi al primo emanato, le quote d’ammortamento di beni riferibili ad annualità diverse dal 2003>>.
Successivamente affermava che <<altrettanto priva di pregio è la censura circa la presunta violazione degli artt. 102 e 109 t.u.i.r.>>.
Detta sentenza adotta, quinti, a fondamento della decisione, evidentemente due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, relativa all’illegittimità del recupero delle quote di ammortamento dei costi sostenuti prima del 2003, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (Cass. 14/08/2020, n. 17182; Cass. 13/06/2018, n. 15399; Cass. 11/05/2018, n. 11493); dalla lettura dell’atto introduttivo emerge, invece, chiaramente che l’Agenzia si sia limitata a contestare solo la seconda ratio decidendi ma non la prima, non confrontandosi affatto con l’eccezione di giudicato espressamente accolta dalla C.T.R.
Ne segue l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia.
7. Ciò determina evidentemente il passaggio in giudicato della sentenza della C.T.R. della Campania n. 673/17/2015 del 9 gennaio 2015, relativa all’annualità 2008, e delle statuizioni in essa contenute secondo le quali l’Agenzia non potesse accertare in detta annualità le quote di ammortamento relative ai costi sostenuti negli anni 2001 e 2002 nonché che la somma deducibile in relazione ai costi sostenuti nel 2003 negli anni successivi a quest’ultimo fosse pari ad euro 30.019,80.
8. Alla luce di tale giudicato occorre quindi esaminare i motivi attinenti al merito della pretesa, corrispondenti ai primi tre motivi del ricorso iscritto al n. RG 12148/2014, relativi all’annualità 2006, ed ai primi tre dei ricorsi iscritti ai nn. 27807/2014 e 27808/2014.
Secondo i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916), qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo; tale principio non trova deroga in caso di situazioni giuridiche di durata, giacchè anche in tal caso l’oggetto del giudicato è un unico rapporto e non gli effetti verificatisi nel corso del suo svolgimento, e conseguentemente neppure il riferimento al principio dell’autonomia dei periodi di imposta può consentire un’ulteriore disamina tra le medesime parti della qualificazione giuridica del rapporto stesso contenuta in una decisione della commissione tributaria passata in giudicato.
Le Sezioni Unite hanno pure precisato che:
- il processo tributario non è giudizio sull’atto (da annullare), ma ha, invece, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente ed è quindi un giudizio che inevitabilmente si estende al merito e, dunque, all’accertamento del rapporto;
- si deve pertanto escludere che il giudicato esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato e deve ammettersi la sua potenziale capacità espansiva in altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili – nei limiti della «specificità tributaria» – da quelle che disciplinano l’efficacia del giudicato esterno nel processo civile;
- anche se l’autonomia dei periodi d’imposta comporta l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, siffatta indifferenza può trovare giustificazione solo in relazione ai quei fatti che non abbiano caratteristiche di durata e che siano variabili da periodo a periodo, essendo ben possibile che vi siano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente, che entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta;
- va, quindi, escluso che il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta sia idoneo a fare stato per i successivi periodi in via generalizzata ed aspecifica, bensì solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche o ad altri eventuali elementi preliminari rispetto ai quali possa dirsi sussistere un interesse protetto avente il carattere della durevolezza nel tempo.
In applicazione dei suddetti principi, questa Corte, con pronunce successive a quella delle Sezioni Unite, ha puntualizzato che l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche (quali le imposte sui redditi, Iva, vari tributi locali), è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti aventi, per legge, efficacia permanente o pluriennale, fatti, cioè, che, pur essendo unici, producono, per previsione legislativa, effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta ed in cui l’elemento della pluriennalità, come affermato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza, costituisce un elemento caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità in una sorta di <<maxiperiodo>>: gli esempi tipici sono quelli delle esenzioni o agevolazioni pluriennali o della <<spalmatura>> in più anni dell’ammortamento di un bene o, in generale, della deducibilità di una spesa (Cass. 21/04/2021 n. 10456; Cass. 11/3/2015, n. 4832; specificamente in merito alle quote di ammortamento Cass. 28/06/2017, n. 16064).
Giova appena rammentare che nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato a seguito di una sentenza della Corte di cassazione, rientra nei poteri e doveri della Corte la sua ricerca ed applicazione, sia per il principio generale che impone di prevenire il contrasto tra giudicati ed il divieto del ne bis in idem, ma anche perché la conoscenza dei propri precedenti costituisce un dovere istituzionale della Corte, nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario. (Cass., Sez. U., 17/12/2007, n. 26482). Ciò detto in tesi generale, a maggior ragione vale in caso di rilevazione di giudicato opponibile formatosi in giudizio riunito in cassazione, perché il giudicato, essendo destinato a fissare la “regola” del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilato, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’applicazione delle norme giuridiche (Cass., Sez. U., 17/11/2005, n. 23242).
Si deve solo precisare che benché la sentenza impugnata nel giudizio n. RG 12148/2014 rechi, nell’intestazione, quale oggetto (anche) Iva, la controversia pacificamente, come emerge dall’avviso di accertamento e da tutti gli atti di causa, riguarda solo Ires e Irap.
Alla luce di tali considerazioni, la formazione, per l’annualità 2008, del giudicato sulle statuizioni per cui non fossero recuperabili le quote di ammortamento dei costi sostenuti negli anni 2001 e 2002 e che, per i costi sostenuti nel 2003, fosse recuperabile a tassazione la quota di ammortamento di euro 30.019,80, quindi, produce effetti vincolanti nelle altre controversie, proposte dalla contribuente, in relazione ai motivi attinenti al merito della pretesa (primo e secondo nel ricorso iscritto al n. RG 12148/2014, primo, secondo, terzo nei ricorsi iscritti ai nn. 27807 e 27808 del 2014), che vanno di conseguenza accolti con cassazione, in relazione ad essi, delle sentenze impugnate; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, le cause possono essere decise nel merito con accoglimento dei ricorsi di H.S. s.r.l., rideterminando i costi indeducibili per le annualità 2004, 2005, 2006 in euro 30.019,80.
8. Tale statuizione determina l’assorbimento del quarto motivo esposto nei ricorsi iscritti ai nn. 27807 e 27808 del 2014, con cui la ricorrente aveva censurato la statuizione relativa alla decadenza dalla potestà impositiva per l’ammortamento dei costi sostenuti nel 2001 e 2002, e dei motivi inerenti alle sanzioni (terzo del ricorso n. 12148/2014, quinto negli altri due ricorsi).
Sono parimenti assorbiti i motivi relativi alle statuizioni inerenti ai vizi formali dell’avviso (quarto motivo nel giudizio iscritto al n. RG 12148/2014, sesto motivo nei giudizi iscritti ai nn. 27807 e 27808 del 2014), che sono stati tutti proposti in via subordinata ai motivi di merito, accolti.
9. Premesso che nel giudizio concluso con dichiarazione di inammissibilità del ricorso di Agenzia delle entrate, H.S. s.r.l. è rimasta intimata, le spese dei giudizi riuniti vanno integralmente compensate, per tutti i gradi di giudizio, in considerazione dell’accoglimento dei ricorsi a seguito di un giudicato successivo alle sentenze impugnate.
P.Q.M.
riunisce i ricorsi indicati in epigrafe; dichiara inammissibile il ricorso proposto da Agenzia delle entrate nel giudizio iscritto al n. RG 18789/2015; accoglie, nei termini di cui in motivazione, i ricorsi proposti da H.S. s.r.l. e iscritti ai nn. RG 12148/2014, 27807/2014 e 27808/2014, cassa le sentenze impugnate nei medesimi e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi di H.S. s.r.l., rideterminando i costi indeducibili per le annualità 2004, 2005, 2006 in euro 30.019,80; compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
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- Corte di Cassazione sentenza n. 29991 depositata il 13 ottobre 2022 - L'amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell'ambito di procedimenti amministrativi connessi…
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 35922 depositata il 7 dicembre 2022 - Va esclusa dal novero dell'errore di fatto rilevante ai fini della revocazione, come prevista dall'attuale sistema processuale, ogni valutazione od omessa valutazione sulla…
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