Corte di Cassazione, ordinanza n. 20154 depositata il 13 luglio 2023

notifiche a mezzo servizio postale

Rilevato che:

1. – con sentenza n. 4571/18, depositata il 15 maggio 2018, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto da E.M. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di quattro avvisi di accertamento emessi in relazione alla TARSU dovuta dal contribuente per gli anni dal 2010 al 2013;

1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto di «condividere integralmente le conclusioni cui sono giunti i giudici di prime cure» rilevando, quindi, che:

– alla fattispecie sanzionatoria – incentrata sull’omesso versamento del tributo – non poteva applicarsi l’istituto del cumulo giuridico, per continuazione, così come statuito dalla Corte di legittimità;

– gli avvisi di accertamento risultavano compiutamente motivati, e l’Ente impositore aveva assolto ai propri oneri probatori, con riferimento all’unità immobiliare oggetto di tassazione, il cui importo era stato «determinato in maniera induttiva in assenza delle dovuta collaborazione, pur sollecitata del contribuente»;

– gli avvisi di accertamento erano stati emessi «con procedura automatizzata mediante documento informatico, sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale»;

2. – E.M. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro articolati motivi, ed ha depositato memoria;

– il Comune di Benevento non ha svolto attività difensiva.

Considerato che:

1. – il ricorso risulta articolato sui seguenti motivi;

1.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 18 dicembre 1997, 472, art. 12, sull’assunto che – risultando gli avvisi di accertamento contestualmente notificati [«nello stesso giorno (06/10/2015)]» – illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso, nella fattispecie, l’applicazione dell’istituto della continuazione, così come ritenuto (anche) da pronunce, passate in giudicato, degli stessi giudici di merito (Commissione tributaria provinciale di Benevento e Commissione tributaria regionale della Campania);

1.2 – col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia «Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio», e assume che:

– il giudice del gravame aveva pronunciato sulla base di una erronea percezione dei fatti di causa (la cui verità risultava incontestabilmente esclusa ovvero inconfutabilmente accertata) e, ad ogni modo, con motivazione apparente, siccome «perplessa ed obiettivamente incomprensibile», in violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così che non aveva rilevato:

  1. – la nullità degli avvisi di accertamento per difetto di motivazione, per di più in assenza di ogni riscontro sull’invio di una nota in allegato ad una richiesta di esibizione di documentazione;
  2. – l’omessa indicazione dei criteri di computo degli interessi (con riferimento «al termine iniziale e finale» ed al tasso applicato);
  3. – la nullità degli atti impugnati per difetto di sottoscrizione autografa, senza indicazione, e prova, della delega rilasciata in favore del funzionario responsabile, dovendosi ricondurre alla figura del Sindaco il potere di sottoscrizione;
  4. – la nullità delle controdeduzioni depositate in giudizio da controparte, atto quello che era stato sottoscritto da un dirigente in difetto di produzione della fonte (delibera o determina) dei relativi poteri, e spettando la rappresentanza processuale dell’Ente (solo) al Sindaco;

1.3 – il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 115, 116 e 167 cod. proc. civ., ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, assumendo il ricorrente che il giudice del gravame non aveva dato applicazione, nella fattispecie, al principio di non contestazione, posto che controparte non aveva «contestato specificamente sui motivi di fatto e di diritto dedotti» da esso esponente;

1.4 – il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., sull’assunto che il giudice del gravame aveva disatteso l’appello in difetto di riscontro dei fatti costitutivi della pretesa – della cui deduzione e prova era onerato l’Ente impositore – e, nello specifico, sull’erronea indicazione di una superficie tassabile (di mq. 150) che era stata accertata induttivamente e che non corrispondeva «a quella effettiva e reale»;

– soggiunge la parte che nemmeno risultavano allegati agli avvisi di accertamento notificati i relativi atti prodromici;

2. – il ricorso è inammissibile;

3. – la notificazione del ricorso è stata, nella fattispecie, eseguita a mezzo del servizio postale ed il ricorrente non ha prodotto l’avviso di ricevimento della relativa raccomandata;

– secondo un consolidato principio di diritto della Corte, l’omessa produzione di detto avviso di ricevimento – che rileva in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio – in assenza di attività difensiva della parte rimasta intimata, determina, in modo istantaneo ed   irretrattabile,   l’effetto   dell’inammissibilità dell’impugnazione nonché il consolidamento del diritto della controparte a tale declaratoria;

– in particolare la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:

«La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 cod. proc. civ., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ.. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184-bis cod. proc. civ., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dall’art. 6, primo comma, della legge n. 890 del 1982.» (così Cass. Sez. U., 14 gennaio 2008, n. 627 cui adde, ex plurimis, Cass., 4 novembre 2020, n. 24530; Cass., 29 agosto 2019, n. 21819; Cass., 28 marzo 2019, n. 8641; Cass., 12 luglio 2018, n. 18361; Cass., 1 ottobre 2015, n. 19623; Cass., 28 aprile 2011, n. 9453; Cass. Sez. U., 12 maggio 2010, n. 11429);

4. – nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimato svolto attività difensiva, mentre nei confronti del ricorrente sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1-quater).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.