Corte di Cassazione ordinanza n. 20553 del 27 giugno 2022
emendabilità della dichiarazione
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente avverso una cartella di pagamento per l’anno d’imposta 2009 relativa ad una rettifica della dichiarazione dei redditi con la quale la società contribuente aveva indicato perdite scomputabili da anni precedenti che l’Ufficio, a seguito di liquidazione ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 2003, aveva, invece, ritenuto reddito imponibile, determinando una imposta da versare di euro 18.200, oltre sanzioni ed interessi;
la Commissione Tributaria Regionale delle Marche accoglieva l’appello della parte contribuente ritenendo che la parte aveva effettuato delle dichiarazioni integrative, seppur tardive e il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, non essendo contestato dall’Amministrazione finanziaria la spettanza delle agevolazioni, qualora fossero state chieste nei tempi e nelle forme richieste dalla legge: nella specie la società contribuente aveva presentato il modi llo UNICO/2002 per l’anno 2001 e con tale dichiarazione aveva indicato la detassazione c.d. “Tremanti” prevista dagli artt. 4 e S della legge 11. 383 del 20011 senza però individuare nel relativo quadro la parte dell’investimento effettuato avente ad oggetto un terreno e analoga situazione si era ripetuta nel modello UNICO/2003 per il 2:002 e nel modello UNICO/2004 per il 2003 e solo in data 28 gennaio 2008 aveva prodotto le dichiarazioni integrative relative alle annualità 2001, 2002 e 2003.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un unico motivo di impugnazione e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso, mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso. Con ordinanza interlocutoria n. 16120 del 9 giugno 202:L, questa Corte rinviava a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle sezioni unite di questa Corte relativa alla questione del se l’impugnazione della cartella di pagamento scaturente dal cd. controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con cui l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine o meno ad una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito in L. n. :136 del 2018.. Intervenuta la suddetta attesa pronuncia delle sezioni unite n. 18298 del 2021, veniva fissata una nuova udienza e in prossimità della stessa la parte contribuente depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso; con ordinanza interlocutoria n. 9096 de! 21 marzo 2022 questa Corte rinviava la causa a nuovo ruolo al fine della rimessione degli atti al Presidente per l’eventuale trattazione congiunta del presente ricorso (R.G. n. 36968 del 2019) unitamente al ricorso contrassegnato da R.G. 36965 del 2019; quest’ultimo procedimento veniva deciso con ordinanza n. 746 del 12 gennaio 2022.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 383 del 2001 in combinc1to disposto con l’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1988, nonché in combinato disposto con l’art. 38, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, avendo il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che l’omessa completa indicazione degli investimenti operati, deducibili dal reddito d’impresa, fosse liberamente emendabile, in qualsiasi momento, dalla società contribuente.
Il motivo è innanzitutto ammissibile.
Secondo questa Corte, infatti:
in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva (Cass. Sez. Un., n. 18298 del 2021).
Il ricorso è tempestivo e dunque ammissibile perché anche il giudizio – come quello di specie – avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, e dunque anche le cartelle emesse all’esito di liquidazione automatizzata devono sempre considerarsi quali atti impositivi, cosicché non può dubitarsi dell’applicabilità al caso di specie del comma 11 dell’art. 6 del D.L. n. 119 del 2018, secondo cui per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019.
Nel merito il ricorso è infondato.
Secondo questa Corte infatti:
«1.3 La lettura restrittiva del principio generale di emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede contenziosa non appare corretta.
In primo luogo, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento. Il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8, permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8-bis, inoltre, consentiva nella versione vigente ratione temporis di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
1.4 In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (a partire da: Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378) che in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi dell’art. 1427 e ss. c.c. (tra le tante: Cass., Sez. 5, 30 settembre 2015, n. 19410; Cass., Sez. 5\ 8 ottobre 2015, n. 20208; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30172; Cass., Sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., Sez. 5, 2,4 aprile 2018, n. 10029; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2018, n. 31061; Cass., Sez. 6-5, .l2 ottobre 2018, n. 25596; Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2019, n. 2921; Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2019, nn. 26677 e 26678; Cass., Sez. 5, 4 marzo 2020, n. 6016; Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, n. 18079; Cass., Sez. 5, 30 giugno 2021, n. 18378). In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
1.5 In tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è emendabile anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui al D.P.R. 22 luglio 1998,, 322, art. 2, comma 8-bis, sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (Cass., Sez. 5, 17 settembre 2014, n. 19537; Cass., Sez. 6-5, 26 ottobre 2015, n. 21740; Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11507; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27583; Cass., Sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020 n. 1862; Cass., Sez. 5, 28 ottobre 2020, n. 23669; Cass., Sez. 5, 20 luglio 2021, n. 20684; Cass., Sez. 5, 24 agosto 2021, n. 23382). Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco – anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass., Sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796; Cass., Sez. 5, 17 ottobre 2019, n. 26382; Cass., Sez. 5, J!4 novembre 2019, n. 29651; Cass., Sez. 5″ 29 aprile 2020, n. 8352).
1.6 Dunque, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cast., comma 1, e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cast., comma 1 (Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2011, n. 2226; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862).
Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all’utilizzo in compensazione del credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l’istanza di rimborso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (tra le tante: Cass., Sez. 5, 20 aprile 2012, n. 6253; Cass., Sez. 5, 17 settembre 2014, n. 19537; Cass., Sez. 5, 27 febbraio 2015 n. 4049; Cass., Sez. 5, 5 dicembre 2018, n. 31398; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862) non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria, quand’anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo.
1.7 In conclusione, è stata affermata l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico., in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cast.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 ). Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione, impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella (tra le tante: Cass., Sez. 5, 4 maggio 2004, n. 8456; Cass., Sez. 5, 29 maggio 2006, n. 12787; Cass., Sez. 5, 24 marzo 2010, n. 7086; Cass., Sez. 5, 5 maggio 2011, n. 9872; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862; Cass., Sez. 6-5, 27 luglio 2020, n. 15982).
Ora, con riferimento al caso in esame la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia (D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 25, comma 10), di cui già usufruiva la società contribuente, e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “Tremanti ambientale” (L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19). Incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito del D.M. 5 luglio 2012, art. 19, il quale ha posto fine ad ogni incertezza circa la possibilità di cumulare i due benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione (in termini: Cass., Sez. 6-5, 27 luglio 2020, n. 15982).
In tale direzione, anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle Entrate il 20 luglio 2016, n. 58/E, si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione c.d. “Tremanti ambientale” (L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19) mediante dichiarazione dei redditi integrativa del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ex art. 2, comma 8-bis, chiarendo quanto segue: “Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione 20 dicembre 2010, n. 132/E, in relazione alla già citata agevolazione “Tremonti-ter”, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi del D.P.R. n. J’22 del 1998, art. 2, comma 8- bis. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38″.
1.8 La sentenza impugnata si è pienamente uniformata al principio enunciato, evidenziando che “l’Ufficio nulla ha opposto, se non ragioni formali, in merito alla spettanza della detassazione “Tremanti” (di cui alla L. n. 383 del 2001, artt. 4 e 5), limitandosi a rilevare che la contribuente non aveva osservato le istruzioni in materia per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi, che prevedevano la compilazione del quadro RJ, con obbligo di indicare i costi sostenuti nel periodo d’imposta per la realizzazione degli investimenti, gli investimenti al netto dei disinvestimenti effettuati e l’ammontare del reddito agevolato. Al riguardo, si osserva, per ciò che rileva in questa sede, che la contribuente vi aveva provveduto successivamente, con la presentazione (nel gennaio 2008) delle dichiarazioni integrative relative alle annualità 2001, 2002 e 2003, rettificando i prospetti relativi all’agevolazione Tremanti ed i righi relativi alle perdite di impresa realizzate e riportabili. Peraltro, a conferma che l’Ufficio ha contestato il diritto allo scomputo delle perdite pregresse per ragioni meramente formali sta il fatto che ha proceduto direttamente all’iscrizione a ruolo dell’imposta, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e a non emettere avviso di accertamento”. Da qui la conclusione del riconoscimento del “diritto alla detassazione “Tremanti”, di cui alla L. n. 383 del 2001, artt. 4 e 5” (Cass. 12 gennaio 2022 n. 746; Cass. 25 gennaio 2022, n. 2121; Cass. 16 febbraio 2022 n. 5058).
La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi, laddove – ritenendo che la parte aveva effettuato delle dichiarazioni integrative, seppur tardive e il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, non essendo contestato dall’Amministrazione finanziaria la spettanza delle agevolazioni, qualora fossero state chieste nei tempi e nelle forme richieste dalla legge: nella specie la società contribuente aveva presentato il modello UNICO/2002 per l’anno 2001 e con tale dichiarazione aveva indicato la detassazione cd. “Tremonti” prevista dagli artt. 4 e 5 della legge n. 383 del 2001 senza però individuare nel quadro relativo la parte dell’investimento effettuato relativa ad un terreno e analoga situazione si era ripetuta nel modello UNICO/2003 relativo al 2002 e nel modello UNICO/2004 relativo al 2003 e solo in data 28 gennaio 2008 aveva prodotto le dichiarazioni integrative relative alle annualità 2001, 2002 e 2003 – ha correttamente ritenuto che la mancata richiesta del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non potesse dirsi imputabile ad un comportamento negligente della parte contribuente ma ad una obiettiva incertezza interpretativa in merito alla cumulabilità delle agevolazioni (incertezza interpretativa – relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia, di cui già usufruiva la società contribuente, e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “Tremonti ambientale” – che è stata risolta solo a seguito del D.M. 5 luglio 2012, art:. 19, il quale ha posto fine ad ogni incertezza circa la possibilità di cumulare i due benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione), cosicché non poteva rimproverarsi al contribuente di non avere tempestivamente fatto richiesta dell’agevolazione, mentre il riconoscimento della possibilità di chiederla in sequito mediante dichiarazione integrativa è coerente con l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.)..
La recente formazione di un orientamento giurisprudenziale sulla questione controversa costituisce giusto motivo, per disporre la compensazione delle spese giudiziali.
Poiché risulta soccombente una part11 ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 12 gennaio 2022, n. 746; Cass. 27 ottobre 2021, n. 30191).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e compensa le spese giudiziali.
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