Corte di Cassazione ordinanza n. 20808 del 29 giugno 2022
trust “auto- dichiarato” – IVA – imposta di registro – esclusione
RILEVATO CHE
Con avvio di liquidazione 150220112759 l’Agenzia delle Entrate ha richiesto il pagamento delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, complessivamente pari a Euro 22.170,00, dovute in relazione all’atto del 25 febbraio 2015, ai rogiti del Notaio M.. Con tale atto la società G.I. Srl che si poneva, al tempo stesso, quale disponente e quale trustee di un trust “auto- dichiarato” (“Trust 3S.”), aveva trasferito l’intera proprietà superficiaria, con diritto di superficie anche sulle aree pertinenziali, di un complesso immobiliare sito nel Comune di San Severo, in favore delle società S. S.r.l. (quanto ai nove decimi) e R. S.p.A. (quanto al decimo residuo), verso un corrispettivo di Euro 450.000,00. L’atto in esame veniva sottoposto al regime di imposizione Iva, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972. L’Ufficio procedente, tuttavia, riteneva non sussistenti per il trust i requisiti soggettivi previsti, ai fini dell’applicazione del regime di tassazione proprio dell’Iva, dal D.P.R. n. 633 del 1972 e applicava, in luogo dell’Iva, l’imposta proporzionale di registro.
La società ha proposto ricorso, rilevando che la cessione immobiliare era assoggettabile ad Iva. Il ricorso è stato accolto in primo grado. L’Agenzia delle entrate ha proposto appello che la Commissione tributaria regionale del Lazio ha respinto ritenendo che la cessione de quo è soggetta ad imposizione Iva poiché la normativa vigente in materia di imposte indirette non riconosce al trust un’autonoma soggettività tributaria e quindi le imposte sulla cessione vanno applicate al trustee, che è soggetto giuridico provvisto di partita Iva.
Avverso la predetta sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate affidandosi a un motivo. Si è costituita con controricorso la società ed ha presentato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 26 maggio 2022.
RITENUTO CHE
1.- Preliminarmente si osserva che l’Agenzia delle entrate ha evidenziato che con riferimento all’atto impositivo oggetto del presente giudizio, pende un altro ricorso per cassazione proposto dalla stessa Agenzia (RG n. 27399/2018 ), avverso la sentenza che aveva accolto il ricorso proposto dal Notaio rogante.
Il ricorso di cui l’Agenzia evidenzia la pendenza, alla data della odierna camera di consiglio risulta già definito con ordinanza numero 17563 del 2021, che ha respinto l’impugnazione dell’Agenzia.
2.- La ricorrente propone in questa sede un unico motivo di ricorso, del tutto analogo a quello proposto nel giudizio RG n. 27399/2018 lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del DPR 26 ottobre 1972 n. 633 e dell’art. 1 della Tariffa, allegato primo, del DPR n. 131 del 1986 letti unitariamente all’art. 73 comma primo lett. B) e C) della legge n. 296 del 2006
L’Agenzia critica la ratio decidendi della sentenza impugnata e cioè la riconducibilità dell’atto di disposizione patrimoniale al disponente (dotato di partita Iva); secondo l’Agenzia la carenza di soggettività del trust sul piano dei rapporti di natura civilistica non implica di per sé, automaticamente, la negazione di un’analoga soggettività o comunque di una capacità di porsi quale centro di imputazione di rapporti e obbligazioni ai diversi e distinti fini tributari.
Il motivo è infondato.
In conformità a quanto già affermato da questa Corte nella ordinanza 17563/ 2021 si può affermare che nel caso in esame non si tratta di imposta che grava sul trust ma sul settlor (disponente), sicchè occorre avere riguardo alla qualifica di quest’ultimo. Infatti, va premesso che tra gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione”, rientra anche il trust e che ciò è stato interpretato nel senso che la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, per il quale risulta necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Conseguentemente è stato ritenuto che nel caso di trust cd. autodichiarato non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o se stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza (Cass. n. 8082 del 23/04/2020; n. 16699 del 21/06/2019; n. 19167 del 17/07/2019; n. 31445 del 05/12/2018; n. 21614 del 26/10/2016). E va ribadito come il trust non sia soggetto passivo di imposta di registro o di Iva in quanto l’unica ipotesi in cui è prevista la soggettività passiva tributaria del trust è quella di cui al TUIR, art. 73, in tema di IRES. Ne consegue che la qualifica del soggetto Iva va ricercata in colui che è soggetto all’imposta, ossia nel disponente, che, nel caso in esame, era soggetto Iva.
Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.200,00 per compensi oltre euro 200,00 per spese non documentabili, rimborso forfettario ed accessori di legge.
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