Corte di Cassazione sentenza n. 21126 del 4 luglio 2022

ICI – oneri fiscali sono a carico dell’assuntore del concordato fallimentare omologato

FATTI DI CAUSA

La contribuente è assuntrice del fallimento della MP di G.C. & C., succedendo in tale qualità al fallito quale obbligato principale per l’adempimento del concordato fallimentare. Con gli avvisi di accertamento per cui è causa, notificati alla contribuente il 4.1.2010, il Comune di Cavriago le ha ingiunto il pagamento dell’ICI per le annualità 1993 e 1994 relative agli immobili compresi nel fallimento della MP, dichiarata fallita dal Tribunale di Reggio Emilia con sentenza n. 3171 del 25 maggio – 8 giugno 1990. la contribuente ha opposto gli avvisi deducendo di non •essere soggetto passivo dell’imposta. Il ricorso è stato accolto in primo grado sul rilievo che, pendete la procedura concorsuale, non era esigibile l’imposta e che chiuso il fallimento e tornato in bonis il fallito, quest’ultimo è il soggetto passivo. Il Comune ha proposto appello, che la CTR ha accolto rilevando che l’art 10 comma 6 del D.lgs. 504/1992 prevede che il curatore o il commissario liquidatore, devono presentare al Comune ove sono siti gli immobili una dichiarazione attestante l’avvio della procedura, entro 90 giorni dalla loro nomina. Detti soggetti sono altresì tenuti al versamento dell’imposta dovuta per l’intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del trasferimento degli immobili. L’imposta è quindi dovuta ma la sua esigibilità è differita  ad un termine successivo  (il trasferimento immobili) mentre durate la procedura l’esigibilità dell’imposta è solo sospesa. Invece in caso di mancato trasferimento, il soggetto passivo va individuato nel fallito stesso tornato in bonis; nel caso in cui vi sia, come nella specie, un assuntore, occorre fare riferimento a quanto previsto dal concordato che in questo caso prevede “l’integrale pagamento delle spese di procedura”. Il giudice d’appello osserva quindi che la giurisprudenza costante ritiene che sono debiti contratti per l’amministrazione del fallimento anche quelli di natura fiscale maturati in corso di procedura. La CTR respinge inoltre l’eccezione relativa alla necessità che detti debiti risultino dalla ammissione al passivo osservando che il fallimento è stato dichiarato in data antecedente alla entrata in vigore del D.lgs. 5/2006, che ha riformato in tal senso l’art 111 bis della legge fallimentare. Conclude nel senso che poichè la C. si è obbligata nella proposta di concordato fallimentare al pagamento delle spese di procedura, in queste vanno ricomprese i debiti tributari maturati medio tempere. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la C., affidandosi a sei motivi. Si è costituito resistendo con controricorso il Comune. La ricorrente ha depositato memoria. Il procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

La causa è stata trattata alla udienza del 10 maggio 2015.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si lamenta ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione d.lgs. n. 504/1992, artt. 1 e 3.

La contribuente osserva che ha errato la CTR a non ritenere il suo difetto di soggettività passiva ai fini ICI in relazione alle annualità 1993 e 1994, atteso che ella è divenuta proprietaria degli immobili per decreto di trasferimento del 9 aprile 2009. Deduce che il giudice d’appello ha di fatto trasformato l’obbligazione tributaria in un diritto reale di garanzia che segue il bene indipendentemente dalle vicende traslative della proprietà e ciò in violazione dell’art 3 citato secondo il quale sono soggetti passivi dell’imposta il proprietario di immobili ovvero il titolare di diritto reale su di essi.

Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in pendenza della procedura (di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa) sussiste l’obbligazione tributaria, ma non l’obbligo di denuncia e di pagamento dell’imposta,  che  rimangono  sospesi  in  attesa  della  vendita dell’immobile, di conseguenza effettuato dall’Amministrazione nessun accertamento può essere comunale stante l’assenza di qualsivoglia condotta inadempiente (Cass., 8 giugno 2021, n. 15872; Cass., 3 ottobre 2012, n. 16836; Cass., 30 giugno 2010, n. 15478). Inoltre, secondo il meccanismo delineato dal d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, c. 6, ove il fallimento venga chiuso senza farsi luogo alla vendita e con il ritorno “in bonis” dell’ex fallito, la predetta obbligazione tributaria, quale progressivamente maturata, è posta a carico di questo soggetto, tenuto da quel momento sia alla denuncia che al pagamento dei ratei annuali di imposta relativa al periodo fallimentare, senza che nell’ammontare complessivo finale siano compresi gli interessi, di cui non fa menzione la legge. (Cass., 3 ottobre 2012, n. 16836; Cass., 30 giugno 2010, n. 15478).

Laddove, invece, vi sia concordato, con terzo assuntore, gli oneri fiscali sono a carico dell’assuntore del concordato fallimentare omologato che si impegni al pagamento delle spese di procedura, perché tra queste, ai sensi dell’art. 111 legge fall., rientrano, come debiti prededucibili, anche i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, né il creditore del tributo è tenuto ad insinuarsi al passivo, potendo soddisfarsi direttamente sul ricavato della vendita dell’immobile in via preferenziale, ed essendo l’assuntore l’unico obbligato ad eseguire le obbligazioni derivanti dal concordato (Cass., 28 marzo 2012, n. 5035; v. altresì, in motivazione, Cass., 5 marzo 2021, n. 6133).

In questi termini e con specifico riferimento all’ICI si veda anche Cass. civ. sez. 5-6 n. 5035 del 28/03/2012, secondo la quale: In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), nell’ipotesi in cui l’immobile sia compreso nel fallimento, gli oneri fiscali sono a carico dell’assuntore del concordato fallimentare omologato che si impegni al pagamento delle spese di procedura, perché tra queste, ai sensi dell’art. 111 legge fall., rientrano, come debiti prededucibili, anche i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, il creditore del tributo è tenuto ad insinuarsi al passivo, potendo soddisfarsi direttamente sul ricavato della vendita dell’immobile in via preferenziale, ed essendo l’assuntore l’unico obbligato ad eseguire le obbligazioni derivanti dal concordato” (Cass. 5053/2012).

Pertanto la ricorrente pur non essendo proprietaria degli immobili negli anni 1993 1994 è tenuta al pagamento dell’ICI maturata e non corrisposta, in qualità di assuntore del concordato fallimentare poiché le imposte sospese costituiscono spese di procedura. A questi principi si è correttamente a tenuta la CTR dell’Emilia Romagna.

2.- Con il secondo motivo la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 11le 111 bis legge fallimentare e dell’art. 22 del d.lgs. n. 169 del 2007, per aver la CTR erroneamente ritenuto non applicabile l’art. 111- bis della legge fallimentare che impone l’accertamento dei crediti prededucibili mediante ammissione al passivo. Secondo la contribuente, l’ICI non era dovuta in quanto non ammessa al passivo, poiché il fallimento è regolato dalla legge previgente, ma non così il concordato, la cui domanda è stata depositata il 1° gennaio 2008 e invoca la disciplina transitoria prevista dall’ art. 22 del D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169.

Il motivo è infondato.

La norma invocata dalla contribuente afferma che essa si applica ai “procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti” alla data di entrata in vigore, nonché alle “procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente”. Nel caso di specie, il fallimento era stato dichiarato nel 1990, con la conseguenza che tutta la procedura fallimentare è regolata dalla vecchia legge (Cass. 28885/2011; Cass. 623/2016) e pertanto le spese di procedura fallimentare seguono lo stesso regime.

3. Con il terzo motivo si lamenta ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione art. 124 della legge fallimentare in quanto nel concordato omologato l’impegno di pagamento riguardava solo i crediti ammessi al passivo e, al più, avrebbe potuto ammettersi il pagamento dei crediti prededucibili previo decreto del giudice delegato (ai sensi dell’art. 111, c. 2, nella previgente formulazione).

4. Con il quarto motivo si lamenta ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. , la violazione di legge, in relazione all’art. 111 L.F., poiché l’ICI non costituiva spesa di procedura.

Entrambi i motivi sono infondati poiché la CTR ha accertato ( e questo non è in contestazione) che la C. si è obbligata al pagamento delle spese di procedura e quindi di conseguenza anche dell’ICI, poiché i carichi fiscali sono spese di procedura, così come chiarito dalla giurisprudenza sopra citata.

5.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di impugnazione relativo alla illegittima frammentazione dell’imposizione ICI. La ricorrente ha lamentato la frammentazione del preteso debito ICI, in quanto è stata destinataria di ben 16 avvisi di accertamento relativi agli anni dal 1993 al 2008 ancorché quelli oggetto del presente giudizio siano soltanto gli avvisi relativi ai primi due anni il 1993 e il 1994. La predetta frammentazione l’ha quindi costretta ad agire giudizialmente avverso una pluralità di atti.

6. Con il sesto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla applicazione delle sanzioni. La contribuente deduce che difettava la colpa, – in relazione al periodo della procedura fallimentare, – e sussistevano condizioni di obiettiva incertezza normativa.

Entrambi motivi sono infondati, posto che in ordine ad essi la Commissione regionale ha reso una decisione implicita, ritenendo la piena legittimità degli avvisi di accertamento, ricostruendo il quadro normativo ed evidenziandone la consolidata interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità, nonché la chiara assunzione da parte della contribuente delle spese di procedura, il che esclude qualsivoglia profilo di incertezza o di scusabile errore da parte della contribuente.

Si deve poi osservare, quanto alla dedotta “frammentazione” del credito, che è la stessa contribuente ad affermare che il presente giudizio riguarda solo due annualità, per la quale sono stati emessi due avvisi di accertamento, uno per ciascuna annualità, ragion per cui non è chiaro di quale frammentazione si dolga la ricorrente con riferimento all’oggetto del processo.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

P.Q.M.

Rigetta il ricorso condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi oltre euro 200 per spese non documentabili e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.