Corte di Cassazione ordinanza n. 21334 del 6 luglio 2022
poteri attribuiti al giudice del rinvio – sentenza emessa in sede di rinvio ed uniformato al principio di diritto da essa enunciato – vizio di motivazione apparente della sentenza
Rilevato
che l’AGENZIA DELLE ENTRATE notificò alla S. S.A.S. S.D. & c. un avviso di liquidazione per riprese relative ad imposta di registro, ipotecaria e catastale relative alla sentenza n. 136/2009 emessa dal Tribunale di Matera, sez. distaccata di Pisticci, 9.9.2009, impugnato dalla detta società innanzi alla C.T.P. di Matera che, con sentenza n. 43/2015, accolse il ricorso;
che l’AGENZIA DELLE ENTRATE impugnò tale decisione innanzi alla C.T.R. della Basilicata, la quale accolse il gravame, riformando l’impugnata decisione e compensando le spese di lite, ritenendo – per quanto in questa sede ancora rileva – l’Ufficio non decaduto dal potere impositivo, essendo stato rispettato il disposto dell’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, secondo cui l’imposta di registro sulla registrazione di una sentenza va chiesta entro il termine di decadenza di tre anni dalla registrazione medesima (nella specie, avvenuta il 26.11.2009) e non dalla relativa richiesta;
che avverso tale sentenza la S. S.A.S. S.D. & c. propose ricorso per cassazione sulla base di due motivi, accolto da questa Corte con ordinanza n. 4531 del 2019 limitatamente al secondo motivo (per avere la C.T.R. escluso, senza motivazione, la fondatezza della censura svolta dalla contribuente in ordine alla dedotta violazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000), con assorbimento del primo (con il quale la contribuente si era doluta della violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, in quanto il timbro in calce alla sentenza registrata – registrazione avvenuta il 26 novembre 2009 – attesterebbe unicamente l’avvenuta registrazione della sentenza a debito da parte dell’Agenzia delle entrate e non la sua comunicazione per la registrazione da parte del cancelliere, che sarebbe invece avvenuta il 10 settembre 2009, dies a quo in base al quale calcolare i tre anni di decadenza per l’emissione dell’avviso di liquidazione – del 2 ottobre 2009 – dovendo il termine di decadenza esser calcolato non dalla registrazione ma dalla richiesta di registrazione) e rinvio alla medesima C.T.R. della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
che la contribuente ha quindi riassunto giudizio innanzi alla C.T.R. della Basilicata la quale, con sentenza n. 447/3/19, depositata il 21.11.2019, rigettò l’originario appello proposto dall’AGENZIA, ritenendo fondata la dedotta violazione dell’art 7 della l. n. 212 del 2000, considerato che la propria precedente decisione – cassata – aveva rigettato la censura senza specifica motivazione;
che avverso tale decisione l’AGENZIA DELLE ENTRATE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; si è costituita con controricorso la S. S.A.s. S.D. & c.;
che sulla proposta avanzata dal relatore, ex art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio; Rilevato che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in combinato disposto con l’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. reso una motivazione apparente o inesistente in ordine al motivo di doglianza proposto dal contribuente relativamente alla dedotta violazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, essendosi essa limitata ad una “mera tautologica ed anche inesatta riproposizione del contenuto dell’ordinanza della Cassazione” (cfr. ricorso, p. 8), senza cogliere il senso di detta pronuncia, la quale richiedeva al giudice di appello “un nuovo pronunciamento…per le ulteriori valutazioni circa la congruità della motivazione” (cfr. ivi) dell’avviso di accertamento;
che con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 383, 384 e 394 cod. proc civ., per non essersi il giudice di appello uniformato, in sede di rinvio, al principio di diritto ed alle statuizioni contenute nell’ordinanza di questa Corte supra richiamata;
che i due motivi – suscettibili di trattazione congiunta, per identità delle questioni agli stessi sottese sono manifestamente fondati;
che in tema di contenzioso tributario, nel giudizio di rinvio, ai sensi degli artt. 63 del d.lgs. n. 546 del 1992, 125 disp. att. cod. proc. civ., 392 e 394 cod. proc. civ., l’atto di riassunzione non opera come nuova impugnazione, ma quale mero impulso processuale volto a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata, ricollocando le parti nella posizione che già avevano (Cass., Sez. 5, 7.10.2016, n. 20166, Rv. 641299-01; Cass., Sez. 5, 19.11.2019, n. 29976, Rv. 655921-01);
che i limiti dei poteri attribuiti al giudice del rinvio sono poi diversi, a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384 cod. proc. civ., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua potestas iudicandi, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (Cass., Sez. 1, 7.8.2014, n. 17790, Rv. 632551-01; Cass., Sez. 2, 14.1.2020, n. 448, Rv. 656830-02);
che, per concludere su tali aspetti di carattere generale, in tema di ricorso avverso sentenza emessa in sede di rinvio, ove sia in discussione, in rapporto al petitum concretamente individuato dal giudice di rinvio, la portata del decisum della sentenza di legittimità, la Corte di cassazione, nel verificare se il giudice di rinvio si sia uniformato al principio di diritto da essa enunciato, deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa e al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte, con la quale la pronuncia rescindente non può porsi in contrasto (Cass., Sez. 1, 19.2.2018, n. 3955, Rv. 647417-01);
che, tanto premesso, osserva il Collegio che, con l’ordinanza n. 4351 del 2019 questa Corte aveva accolto il secondo motivo di ricorso della contribuente, rilevando che il rigetto della censura riguardante la prospettata violazione dell’art 7 della l. n. 212 del 2000 non era supportata da adeguata motivazione. Il giudice del rinvio, dunque, avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali la censura della ricorrente, nei termini in cui era stata dedotta, era da considerare infondata o fondata;
che la decisione oggetto della presente impugnativa si è invece risolta in una mera riproposizione (recte, trascrizione) dell’ordinanza di questa Corte, senza spiegare affatto le ragioni per le quali ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione sotto il profilo della carente motivazione, limitandosi ad affermare che “dall’esame della sentenza della Suprema Corte, questo Collegio non può che decidere per l’accoglimento del ricorso in riassunzione con la decisione di accoglierlo” (cfr. p. 4 della motivazione, penultimo cpv.);
che, in particolare, ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, 1.3.2022, n. 6758, Rv. 664061-01; Cass., Sez. 1, 30.6.2020, n. 13248, Rv. 658088-01);
che il trascritto passaggio motivazionale, estremamente generico, non evidenzia, dunque, il ragionamento valutativo svolto dalla C.T.R. in sede di riassunzione del giudizio a seguito di annullamento con rinvio, da parte del questa Corte, della precedente sentenza emessa dalla medesima C.T.R., tanto più considerato, che rispetto a quest’ultima decisione, questa Corte aveva rilevato proprio la carenza di motivazione in merito alla censura della violazione dell’art 7 cit., sulla quale, pertanto, il giudice del rinvio era tenuto a pronunciarsi;
che, alla luce di quanto precede, resta assorbito il terzo motivo, con cui parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’art 52, comma 2-bis e dell’art 54, comma 5, del d.P.R. n. 131 del 1986, nonché degli artt. 7 della l. n. 212 del 2000 e 3 della l. n. 241 del 1990, per avere la C.T.R. ritenuto illegittimo il provvedimento impugnato sotto il profilo della carenza di motivazione;
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere accolto nei termini di cui in motivazione, con la conseguente cassazione della decisione impugnata e rinvio alla C.T.R. della Basilicata, in diversa composizione, affinché riesamini la controversia e liquidi, altresì, le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo. Per l’effetto, cassa la decisione impugnata e rinvia alla C.T.R. della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda, altresì, la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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