Corte di Cassazione ordinanza n. 21364 del 6 luglio 2022
motivazione apparente e/o assente e/o illogica
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento relativo ad IRES, IVA ed IRAP per l’anno d’imposta 2013 emanato in virtù del mancato riconoscimento delle detrazioni IVA su alcune operazioni e l’Ufficio in autotutela ridefiniva in diminuzione le sanzioni irrogate;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della parte contribuente determinando le sanzioni in linea con il provvedimento di autotutela in euro 454.289,00 e la Commissione Tributaria Regionale ne rigettava l’appello affermando in fatto che l’Ufficio appellava sottolineando l’illegittimità della sentenza della Commissione Tributaria Regionale in quanto i primi giudici non avevano considerato l’insidiosità del comportamento della società che tra l’altro non dimostrava di aver intrapreso alcuna iniziativa nei confronti dell’intermediario e in diritto che il deciso dei primi giudici poggia graniticamente su un provvedimento di autotutela dell’Ufficio che aveva rideterminato le sanzioni in euro 454.289,00.
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione, mentre la parte contribuente non si costituiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate denuncia nullità della sentenza in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia nullità della sentenza per motivazione omessa o apparente in violazione dell’art. 132 comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il secondo motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, in quanto l’Ufficio ha giustificato la misura massima della sanzione con riferimento alla gravità della condotta tenuta dal contribuente nel corso dell’attività accertativa.
Il primo motivo di impugnazione è fondato.
Secondo questa Corte infatti:
in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cast. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 22598 del 2018);
in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819 del 2020);
il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);
in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018).
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale – affermando in fatto che l’Ufficio appellava sottolineando l’illegittimità della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale in quanto i primi giudici non avevano considerato l’insidiosità del comportamento della società che tra l’altro non dimostrava di aver intrapreso alcuna iniziativa nei confronti dell’intermediario e in diritto che il deciso dei primi giudici poggia graniticamente su un provvedimento di autotutela dell’Ufficio che aveva rideterminato le sanzioni in euro 454.289,00 – infatti racchiude in poche parole una motivazione che non dà contezza dell’iter logico seguito dal giudicante per disattendere l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e fornisce una motivazione circa il merito della lite oscura, irragionevole, contraddittoria (perché slegata dalla premessa in fatto) e incomprensibile, che non permette di comprendere né la situazione in fatto, né la ratio decidendi, e si colloca decisamente al di sotto del minimo costituzionale di motivazione di cui all’art. 111 Cost.
Il secondo motivo di impugnazione e assorbito dall’accoglimento del primo.
Ritenuto pertanto fondato il primo motivo di impugnazione e assorbito il secondo, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, anche per statuire in merito alle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di impugnazione e, assorbito il secondo, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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