Corte di Cassazione ordinanza n. 21495 depositata il 7 luglio 2022
giudicato esterno – estensioni e limiti nel processo tributario – contributi consortili – contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente – nessun altro onere probatorio gravando sul Consorzio con l’approvazione del perimetro di contribuenza
RITENUTO CHE:
1. con sentenza n. 468/3/16, depositata in data 9 ottobre 2016, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 198/1/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Terni, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di accertamento emessi dal Consorzio Bonifica Tevere-Nera, in relazione ai contributi consortili dovuti e non pagati per gli anni 2008 e 2009, in relazione ad immobili di proprietà del rico1Tente, ricadenti nel comprensorio del Consorzio;
3. la CTP aveva rigettato il ricorso rilevando che, escluso l’effetto espansivo del giudicato favorevole formatosi su annualità precedenti, in presenza di un piano di classifica approvato, rientrando l’immobile nel perimetro di contribuenza, come da allegata cartografia, incombeva sul contribuente l’onere di provare l’assenza di un beneficio specifico;
4. la CTR, ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, aveva confermato la sentenza impugnata osservando che, poiché il Consorzio aveva adempiuto ai suoi oneri probatori, relativi all’inserimento dei terreni nei piani di classifica. debitamente approvati, operava l’esonero dalla prova aggiuntiva circa l’esistenza di un beneficio specifico, confermava altresì il rigetto dell’eccezione di giudicato implicito;
5. avverso la sentenza di appello il contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 19 aprile 2017, affidato a due motivi, e depositava memoria ex art. 380 bis c.p.c.; il Consorzio si costituiva con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo di ricorso, il contribuente censurava la sentenza impugnata denunciando, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., 3, quarto comma, 7, quarto comma, 10, 11 e seg. del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, 860 c.c., 7, 9, 10 19 e 20 della l.r. Umbria n. 30 del 2004, in relazione agli artt. 23, 44 e 117 Cost., avendo la CTR, con la adottata interpretazione, trasformato il contributo di bonifica in un imposta fondiaria del tutto sganciata dall’esistenza di un beneficio concreto ed effettivo, facendo mal governo del principio di distribuzione dell’onere della prova, senza neppure valutare la mancanza del piano di bonifica;
2. con il secondo motivo di ricorso deduceva in relazione all’art. 360, comma 1, 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360,. comma 1, n. 4 c.p.c., per l’inosservanza del giudicato esterno costituito dalla sentenza già resa inter partes relativa ad annualità precedenti in cui, all’esito dell’espletamento di consulenza tecnica di ufficio, era stata accertata la insussistenza di benefici, non avendo allegato l’Ente impositore, alcun mutamento sopravvenuto.
OSSERVA CHE:
1. Preliminarmente, in ordine logico va esaminato il secondo motivo, che va rigettato dovendosi disattendere, l’eccezione di giudicato esterno fatta valere dal ricorrente.
1.1 In generale, la preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici, nei quali cioè l’identità delle due controversie riguardi i soggetti, la causa petendi e il petitum per come questi fattori sono inquadrati nell’effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione (cfr. per tutte Cass. n. 1514-07; 1773·-00; nonché già sez. un. n. 2874-98); il giudicato copre poi il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia. (Vedi Cass. n. 3488 del 2016 e n. 25745 del 2017)
Va tuttavia precisato che il processo tributario, rispetto a quello civile, conserva la specificità correlata al rapporto sostanziale che ne costituisce oggetto, ed attiene (v. C. cost. n. 53-98 E n. 18-00) “alla fondamentale e imprescindibile esigenza dello Stato di reperire mezzi per l’esercizio delle sue funzioni attraverso l’attività dell’amministrazione finanziaria, la quale ha il potere-dovere di provvedere, con atti autoritativi, all’accertamento e alla pronta riscossione dei tributi“.
Una similare ratio rileva anche in presenza di tributi non destinati allo Stato, ovvero di contributi obbligatori secondo la definizione propria delle scienze. delle finanze, in rapporto delle esigenze di reperimento dei proventi necessari a finanziare i servizi assicurati dagli enti preposti.
In base all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (v. Sez. un. 13916-06), il processo tributario, ancorché generalmente instaurato mediante impugnazione di un atto lato sensu impositivo (cfr. il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. d) e art. 19, comma 1), ha per oggetto lo specifico rapporto tributario dedotto in giudizio quale risulta, da un lato, dalla pretesa fatta valere dall’amministrazione con l’atto medesimo e, dall’altro, dai motivi della sua impugnazione.
In ragione di siffatta complessità oggettiva, associata all’autonomia dei singoli periodi d’imposta (che, ex art. 7 del T.U.I.R., è espressione di un principio generale in materia, valevole per tutti i tributi, anche non destinati allo Stato), deve negarsi la possibile esistenza di un’unica obbligazione tributaria corrispondente a più periodi (v. già Cass. n.·14714-01). Per cui l’eventualità che il giudicato, formatosi in ordine a un periodo, possa avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per un altro periodo va limitata al caso in cui si discorra degli elementi rilevanti necessariamente comuni ai distinti periodi d’imposta, onde potersene desumere che l’accertamento di fatto su tali elementi (e solo l’accertamento di fatto) debba fare stato nel giudizio relativo alle obbligazioni sorte in un periodo d’imposta diverso.
L’esempio tipico è quello delle cd. qualificazioni giuridiche (del tipo di “ente commerciale” o di “soggetto residente”), in quanto assunte dal legislatore alla stregua di elementi preliminari per l’applicazione di una specifica disciplina, ovvero quello delle condizioni di una esenzione o di una agevolazione pluriennale (v. appunto Sez. un. n. 13916-06).
Come da ultimo ribadito da questa Corte “Nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo.” (Vedi Cass. n. 25516 del 2019), e quindi “in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione dii un rapporto ad esecuzione prolungata” (Vedi Cass. n. 31084 del 2019)
In definitiva, posto che ogni tributo periodico è costituito da elementi stabili ed elementi variabili, solo con riferimento agli elementi stabili il giudicato può esprimere portata vincolante esterna (Cfr. Cass. n. 1300 del 2018; Cass. n. 18923 del 2011).
1.2 Nella fattispecie, il rimborso relativo ai contributi consortili pagato per gli anni 1992 e 1993, disposto dalla CTP di Terni con la sentenza n. 62/2/05, sul cui passaggio in giudicato non vi è contestazione, non può avere effetti preclusivi estesi ad altre annualità, in quanto non investe alcun elemento costitutivo della fattispecie a carattere stabile o tendenzialmente permanente e comune ai vari periodi di imposta, ma risulta limitato allo stato dei luoghi risalente ad oltre quindici anni addietro; è indubitabile infatti che la presenza di interventi di bonifica o la presenza di benefici indiretti derivanti dall’attività del Consorzio costituiscono elementi modificabili negli anni, e che, in ogni caso, il giudicato tributario non può operare in relazione alla valutazione di fatti e elementi di prova addotti in giudizi relativi a diverse annualità, non potendosi precludere ad ogni giudice tributario il potere di esaminare autonomamente e discrezionalmente la specifica controversia sottoposta al suo esame.
2. Anche il primo motivo non merita accoglimento, dovendosi dare continuità a precedenti di questa Corte relativi ad analoghe fattispecie (Vedi, da ultimo, Cass. n. 1.1471 e n. 11470 del 2022).
Va premesso che le doglianze del contribuente muovono da una nozione di vantaggio fondiario non consentita dall’art. 20 l. r. Umbria n. 30 del 2004 (il quale precisa che il beneficio di bonifica tratto dall’immobile per interventi di bonifica sul territorio, può concernere un solo immobile o una pluralità di immobili) e dalla giurisprudenza di questa Corte che ha posto in evidenza l’erroneità della critica basata sul riferimento al “beneficio generico”, laddove, semmai, più correttamente si deve discutere di “beneficio generale”, che in quanto tale non può definirsi “generico”, bensì costituisce esso stesso un beneficio “specifico” derivante dall’opera consortile e da considerarsi oggettivamente, in termini di sicurezza del territorio, aspetto quest’ultimo che prescinde dalla prospettata necessità, ai fini impositivi, di indicare partitamente le opere di presidio e manutentive (Cass. n. 19414/2021 e 11. 14714/2014).
2.1 Sul tema poi del riparto degli oneri probatori, nell’ipotesi di immobili che ricadano in ambiti territoriali di competenza del Consorzio, secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte” ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente, grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal consorzio” (vedi in Cass. n. 9511 del 2018; n. 3601 del 2017; n. 24356 e n. 17558 del 2016; n. 23223 del 2014; n. 22932/13; n. 14404/13; n. 428/2013; n. 9099/12; n. 2831 del 20132; n. 654/12; n. 17227/2010 ecc.).
È stato da ultimo ribadito in tema di contributi di bonifica, che “il presupposto impositivo che consiste, ai sensi degli artt. 860 c.c. e 10 del r.d. n. 215 del 1933, nel vantaggio diretto ed immediato per l’immobile, deve ritenersi presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del piano di classifica e dell’inclusione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile, sicché spetta al contribuente l’onere di provare l’inadempimento del consorzio agli obblighi derivanti dalle indicazioni contenute nel piano di classifica; in assenza di tali requisiti, grava, invece, sul consorzio l’onere di provare che il contribuente sia proprietario di un immobile sito nel comprensorio, nonché il conseguimento, da parte del suo fondo, di concreti benefici derivanti dalle opere eseguite”( Cass. n. 11431 del 2022)
Indubbiamente il rapporto di contribuenza si determina per il fatto che il fondo di proprietà ricada non solo nell’area territoriale di competenza del Consorzio ma benefici in modo diretto e specifico di un vantaggio (che determina un incremento del valore patrimoniale del fondo), conseguito o conseguibile (secondo che le opere siano realizzate o da realizzare), derivante dagli impianti cli bonifica.
Quanto, tuttavia, al riparto dell’onere della prova circa la presenza di tali vantaggi in Cass. n. 9099 del 2012 testualmente si legge, e nelle altre pronunce citate si conferma tale affermazione motiva, che “La approvazione del cd. “perimetro di contribuenza” (secondo la terminologia dell’art. 3, comma 3 e art. 10, comma 2, cit. TU) altrimenti definito anche come “piano di classificazione degli immobili (cfr. ad es. l.R. Lombardia 16 giugno 2003, n. 7, art. 15, comma 1) o come “piano di classifica del territorio” (cfr. L.R. Campania 1 aprile 1985, n. 23, art. 22, comma 1 lett. e nel caso esaminato dalla sentenza delle SS.UU. 30.10.2008 n. 26009 relativo al Consorzio di Bonifica Conca Agnano Bacini Flegrei ed ancora al caso esaminato dalla sentenza SS.UU. 14.5.2010 n. 11722 con riferimento al Consorzio di Bonifica Pedemontano Brenta), in tale contesto ha, pertanto, soltanto la funzione di esonerare l’amministrazione dall’onere di provare il beneficio in favore degli immobili in esso compresi” (cfr. Corte cass. 5 sez. 29.9.2004 n. 19509; id. 5 sez. 26.2.2009 n. 4605), nessun altro onere probatorio gravando sul Consorzio, essendo tenuto il consorziato a contestare “specificamente” la “utilitas” che il piano di riparto della contribuenza afferma esistere tra il fondo e le opere di bonifica, deducendo la illegittimità od incongruità del piano di classifica (per vizi formali dell’atto amministrativo, chiedendone la disapplicazione anche avanti il Giudice tributario, ovvero per carenza di illogicità della motivazione concernente la valutazione dei benefici in relazione alle concrete condizioni geomorfologiche del fondo ed alle caratteristiche tecniche degli impianti ed alla loro funzionalità). Di fronte alla specifica contestazione mossa dal contribuente, viene meno la inversione dell’onere probatorio determinata dal piano di classifica e riparto della contribuenza approvato, dovendo essere accertato il presupposto impositivo del concreto vantaggio fruito dal fondo mediante applicazione della ordinaria regola del riparto ex art. 2697 c.c. (cfr. Corte cass. SS.UU. 30.10.2008 n. 26009; id. SS.UU. 14.5.2010 n. 11722; id. 5 sez. 18.1.2012 n. 654).”
Questo principio è stato successivamente ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14, secondo cui: “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente“.
È stato da ultimo precisato che ” In tema di contributi consortili, quando la cartella esattoriale emessa per la loro riscossione sia motivata facendo riferimento ad un piano di classifica approvato dalla competente autorità regionale, il contribuente, anche in assenza di contestazione di tale piano in sede di impugnazione della cartella o di sua mancata impugnazione innanzi al giudice amministrativo, è sempre ammesso a contestare in giudizio la sussistenza del beneficio fondiario o i criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei suoi confronti, fornendo la relativa prova, mentre l’ente impositore è esonerato dall’onere di dimostrare il beneficio, in ragione della presunzione derivante dalla comprensione dei fondi nel suo perimetro d’intervento e dall’avvenuta approvazione del piano di classifica. Peraltro, il giudice tributario, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs.. n. 546 del 1992, può in ogni caso avvalersi dei poteri ufficiosi se ritenga necessario indagare sulle modalità di liquidazione del contributo da parte dell’ente e provvedere alla disapplicazione del piano di classifica, in quanto illegittimo, quando sia soddisfatto l’onere probatorio gravante sul contribuente” (Vedi Cass. n. 6839 del 2020).
2.2 Orbene, la decisione qui impugnata è conforme ai principi affermati poiché la CTR, con motivazione completa ed esauriente, avendo il Consorzio documentato la sussistenza di una valido piano di classifica, regolarmente approvato ed efficace, e non risultando contestata l’inclusione dei terreni nel perimetro di contribuenza, ha posto a carico del contribuente l’onere probatorio di contestarne la legittimità e provare l’inadempimento, ed ha quindi deciso la lite rilevando che tale onere non fosse stato assolto.
3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
3.1 Segue la condanna del contribuente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da
3.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art,1, comma 17 della l. n. 228 del 2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a pagare al controricorrente Consorzio le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di € 500,00 per compensi professionali, oltre € 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.