Corte di Cassazione ordinanza n. 21644 depositata il 7 luglio 2022
maggiori utili accertati a carico della società partecipata – società di capitali a ristretta base sociale – presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili
Rilevato che:
1. S.S. propone ricorso, con cinque motivi, nei confronti della Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Commissione tributaria centrale ha accolto il ricorso dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione di secondo grado che, in accoglimento del ricorso proposto dalla odierna ricorrente e dal coniuge, Mario Pandozy, aveva annullato l’avviso di accertamento, emesso nei confronti della ricorrente ex 17 legge 13 aprile 1977, 114, con il quale era stato recuperato a tassazione il maggior reddito di capitale attribuito per la partecipazione del coniuge alla Certosa di Sezze s.r.l., società a ristretta base sociale, in ragione degli utili extra contabili accertati in capo alla medesima.
2. La Commissione centrale rilevava che sussistevano entrambi i requisiti soggettivi ed oggettivi per la presunzione di distribuzione ai soci degli utili derivanti da ricavi non contabilizzati della società.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia in relazione all’art.360, primo comma, 3 e 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e la conseguente violazione del diritto di difesa e la nullità della sentenza e del procedimento.
In particolare, censura la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società, assumendo l’esistenza di un litisconsorzio necessario fra società di capitali a ristretta base partecipativa e soci della stessa in ragione di quanto già affermato da questa Corte per le associazioni e le società di persone.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 2909 e 2697 cod. civ., dell’art. 116, primo comma, cod proc. civ., dell’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In particolare, censura la sentenza nella parte in cui, senza compiere alcuna autonoma valutazione, ha assunto il maggior reddito della società come un fatto acquisito, avente forza di giudicato, pur non essendo stata prodotta alcuna sentenza, neanche non definitiva, contenente tale statuizione.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
In particolare censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dato rilievo all’accertamento nei confronti della società che, a propria volta, si era fondato esclusivamente sulla presunzione, arbitraria e illegittima, che quest’ultima avesse venduto alcuni immobili ad un prezzo maggiore di quello dichiarato, ritenuto inferiore ai prezzi di mercato.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli 2727 e 2729 cod. civ. e 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In particolare, assume la violazione del divieto della, così detta, presunzione di secondo grado quanto alla distribuzione degli utili ai soci.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dell’art. 38, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 2727 e 2729, primo comma, cod. civ.
In particolare, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che i ricavi non contabilizzati della società potessero essere oggetto di automatica traslazione in capo ai soci, applicando un principio del tutto sconosciuto all’ordinamento.
6. Il primo motivo non è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali, avente ad oggetto il maggior reddito da partecipazione derivante dalla presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati a carico della società partecipata, non vi è litisconsorzio necessario tra società e soci, sussistendo unicamente il nesso di pregiudizialità-dipendenza tra l’accertamento sociale e quello dei soci (Cass. 04/01/2022, n. 94; Cass. 8/10/ 2020, n. 21649; Cass. 28/08/2017, n. 20507; Cass. 10/01/2013, n. 426; Cass. 31/01/2011 n. 22143.)
7. Il secondo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
7.1 La ricorrente si duole del ragionamento decisorio della Commissione centrale che ha ritenuto legittimo l’accertamento relativo al socio anche se questo era fondato su un accertamento a carico della società non ancora divenuto definitivo, in violazione del divieto della doppia presunzione.
7.2 Va in primo luogo evidenziato che la parte nulla ha allegato in ordine alla sorti dell’avviso di accertamento concernente la società, limitandosi a riferire che il medesimo ha formato oggetto di autonomo ricorso e che il giudizio non è ancora definito.
7.3 Questa Corte ha affermato che, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili ove sussista, a carico della società medesima, un valido accertamento di utili non contabilizzati, che ricorre anche quando esso derivi dalla quantificazione dei profitti contenuta in altra sentenza, pronunziata nei confronti della società, non ancora passata in giudicato; in tale evenienza la decisione nei confronti dei soci non viola l’art. 2727 cod. civ., incombendo sulla parte, che ne contesti il fondamento, censurare la pronuncia per violazione dell’art. 295 proc. civ. atteso il rapporto dì pregiudizialità tra i giudizi (Cass. 07/03/2016 n. 4485; Cass. 19/03/2015 n. 5581).
7.4 La presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extracontabili di una società a ristretta base partecipativa non viola il divieto di doppia presunzione nel caso in cui l’atto impositivo contenente l’accertamento di detti utili non sia definitivo per essere ancora pendente il termine per impugnarlo o il giudizio sull’impugnativa. Il fatto noto che sorregge la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale. La sussistenza di utili extracontabili, in sostanza, costituisce il presupposto non della presunzione di distribuzione degli stessi tra i soci, ma dell’accertamento della concreta percezione di una determinata somma, da ciascun socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali. Pertanto, la circostanza che l’accertamento degli utili extracontabili di una società a ristretta base sociale sia contenuto in un atto impositivo non definitivo, o in una sentenza non passata in giudicato, incide, non sulla operatività della presunzione di distribuzione di tali utili fra i soci, bensì sulla individuazione dell’oggetto di tale distribuzione; cosicché, in sostanza, la causa relativa all’accertamento dei redditi non dichiarati della società viene a trovarsi in rapporto di pregiudizialità con le cause relative all’accertamento di maggiori redditi da partecipazione dei singoli soci o al recupero dell’omesso versamento delle ritenute alla fonte sui dividendi derivanti ai soci dalla distribuzione dei suddetti utili extracontabili (Cass. 07/03/2016 n. 4485).
7.5 Incombe sul socio che impugna l’onere di comprovare la pendenza della lite avente ad oggetto l’avviso di accertamento societario e perciò di fornire la prova negativa a riguardo della intervenuta definitività di quest’ultimo. Sul punto questa Corte ha già evidenziato che ove si assumesse insussistente qualsivoglia presunzione sostanziale fino al momento della definitività dell’accertamento pregiudicante si finirebbe per precludere all’Amministrazione l’emissione dell’avviso pregiudicato relativo al socio in quanto farebbe difetto il presupposto stesso di quest’ultimo accertamento (Cass. 07/03/2016 n. 4485).
74.6. L’impugnazione dell’accertamento «pregiudicante» finisce per costituire condizione sospensiva (fino al passaggio in giudicato della pronuncia che lo riguarda) per la valorizzazione della presunzione medesima ai fini della decisione della lite sull’accertamento «pregiudicato». Della esistenza e persistenza di detta condizione è perciò tenuto a farsi carico il contribuente che la invoca sotto forma di allegazione e prova nel processo scaturente dall’impugnazione del provvedimento che lo riguarda. (Cass. 07/03/2016 n. 4485).
7.7. Non avendo la parte qui ricorrente né prospettato né comprovato l’esistenza di detta condizione sospensiva, e non avendo la medesima parte ricorrente neppure valorizzato la regola della sospensione per pregiudizialità necessaria di cui all’art.295 cpc, entrambi i motivi vanno rigettati.
8. Il terzo motivo è inammissibile.
La ricorrente deduce che la Commissione centrale non avrebbe valutato, non motivando sul punto, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e, di conseguenza, avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio. Aggiunge che l’accertamento non poteva fondarsi su valori di mercato fissati da organismi riconducibili alla stessa Amministrazione.
Tuttavia, non risulta, dallo stesso ricorso, che nei gradi di merito fossero state mosse specifiche doglianze in ordine all’accertamento eseguito nei confronti della società. La contribuente, del resto, non ha
riportato in ricorso, per le parti rilevanti, gli atti difensivi dei gradi di merito, né ha fatto alcuno specifico richiamo ai medesimi, onde permettere a questa Corte di valutare la fondatezza della censura proposta con riferimento alle giustificazioni rese per ciascuna delle operazioni extra conto sottese all’accertamento. Invero, nemmeno si dice in ricorso se e come la Commissione centrale sia stata investita della specifica questione prospettata, relativa ai parametri posti a fondamento dell’accertamento compiuto nei confronti della società.
9. Il quinto motivo è infondato.
Il socio raggiunto dall’accertamento tributario a titolo personale, in conseguenza della ritenuta distribuzione dei proventi conseguiti e non dichiarati da società di capitali con ristretta base partecipativa, in considerazione dell’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio, e del rapporto di pregiudizialità che lega l’accertamento nei confronti della società a quello effettuato nei confronti del socio, ove non sia in grado di dimostrare che la distribuzione degli utili in favore dei soci non è intervenuta, deve necessariamente contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, degli utili extrabilancio che l’Amministrazione finanziaria afferma essere stati realizzati.
10. La sentenza impugnata si è attenuta a questi principi in quanto, ha ritenuto in via presuntiva, ed in mancanza di prova contraria, la distribuzione degli utili extracontabili ai soci in virtù del presupposto, non contestato, della ristretta base sociale.
11. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancanza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate.
PQM
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della solo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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