Corte di Cassazione ordinanza n. 21810 depositata l’ 11 luglio 2022
Tributi locali – termini di decadenza e prescrizione – notifica – principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione
Ritenuto che
1. Con sentenza 4598/4/18 della Commissione tributaria Regionale della Calabria (CTR), depositata il 27/12/2018, veniva confermata la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso della I.M. S.r.l. avverso la cartella di pagamento per ICI relativa all’anno 2004. La CTR, contrariamente a quanto sostenuto dalla contribuente, rilevava che l’ente impositore non era incorso in alcuna decadenza avendo notificato nei termini di legge l’avviso di accertamento presupposto della cartella impugnata.
2. Avverso tale sentenza la I.M. s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
5. Il Comune di Catanzaro ha depositato controricorso e, in prossimità della camera di consiglio, memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la I.M. r.l. deduce la violazione e falsa applicazione, art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., dell’art. 112 c.p.c.
La ricorrente lamenta che la CTR, nel definire «assorbente» la non fondatezza della questione afferente alla presunta avvenuta decadenza in cui sarebbe incorso l’ente impositore, avrebbe omesso ogni esame sulle ulteriori doglianze prospettate in sede di appello e, in particolare, quelle attinenti alla nullità della notificazione dell’atto impositivo.
2. Con il secondo motivo la ricorrente censura, ex 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 890 del 1982.
A parere del ricorrente la CTR avrebbe violato l’art. 8 cit. in quanto non avrebbe tenuto conto del fatto che la notifica dell’avviso di accertamento, prodromico alla cartella impugnata, era avvenuta in violazione dell’art. 8 cit. in quanto indirizzato ad una via inesistente «Via Naziolale» anziché «Via Nazionale» e riferita ad un numero civico inesistente «O» anziché «439», con la conseguente nullità della stessa. Rileva, ancora, la ricorrente che la copia dell’avviso di ricevimento prodotta dal Comune di Catanzaro era priva dell’indicazione del destinatario e non era chiara l’indicazione della data del timbro postate sullo stesso apposto.
3. Con il terzo la ricorrente lamenta, ex 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 11 della legge n. 504 del 1992
A parere della contribuente la CTR sarebbe incorsa nella violazione suddetta nella parte in cui non ha tenuto conto che gli avvisi di pagamento ICI erano relativi agli anni 2005 e 2006 e, dunque, secondo l’art. 11 cit, essi dovevano essere notificati entro il 31.12.2010; termine non rispettato nella specie in quanto la raccomandata CAD (comunicazione di avvenuto deposito) era spedita il 22.12.2010 e, dunque, il perfeziona mento della notifica si doveva intendere avvenuto dieci giorni dopo e, quindi, il 1.1.2011.
4. Il primo motivo non è fondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (ex plurimis Cass. n. 20718 del 2018 Rv. 650016 – 01).
E tale è l’ipotesi in concreto ravvisabile, giacché la disamina da parte dei giudici del gravame, nel merito, dei motivi di appello, rappresenta
un incedere argomentativo che presuppone logicamente e giuridicamente, l’infondatezza delle doglianze poste a base della impugnazione stessa.
Sul punto è sufficiente osservare che, diversamente da quanto afferma la ricorrente, l’avere la CTR risolto la questione afferente la infondatezza della censura prospettata dalla contribuente circa l’intervenuta decadenza del potere accertativo in capo all’ente impositore, presuppone l’esame positivo circa la ritualità della notifica dell’atto impositivo, ponendosi le due questioni in termini di stretta
consequenzialità. A sostegno di quanto sopra e del fatto che di tale necessario collegamento la CTR si è fatta carico, con conseguente insussistenza del vizio lamentato, la CTR, nel dichiarare infondato l’appello, afferma che è «assorbente osservare che non si è verificata alcuna decadenza, essendo pacificamente avvenuta nei termini la consegna dell’atto impositivo dell’agente della notificazione».
5. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e di specificità.
La ricorrente sostiene che la notifica dell’atto di accertamento sarebbe nullo in ragione delle indicazioni contenute nell’avviso di ricevimento depositato dall’ente impositore nel corso del giudizio diverse da quelle idonee ad individuare esattamente la sede della contribuente che, conseguentemente, non sarebbe venuta a conoscenza dell’atto impositivo. La parte rileva, altresì, la omessa indicazione del destinatario e la non chiara riferibilità ad una data pn cisa del timbro postale sull’avviso di ricevimento.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 31038 del 2018 Rv. 651622 – 01) quello per cui «In tema di ricorso per cassazione, ove sia contestata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso».
Nel caso di specie la contribuente, a fronte delle denunciate presunte irregolarità omette di trascrivere gli atti notificatori di cui lamenta le presunte nullità, tralascia allegare al ricorso l’avviso di ricevimento, né indica in quale parte del fascicolo processuale esso si trova; omissioni che comportano, inevitabilmente, l’inammissibilità della censura.
6. Il terzo motivo non è fondato.
La questione sottoposta alla Corte attiene al termine entro cui l’Amministrazione finanziaria ha diritto ad esigere la sua pretesa tributaria.
Preliminarmente occorre distinguere il concetto di decadenza dell’attività di accertamento dell’Agenzia dell’Entrate e di prescrizione dei termini per riscuotere i tributi in questione.
Il termine di decadenza consiste nel periodo di tempo entro cui l’amministrazione finanziaria può procedere all’accertamento, alla liquidazione delle imposte o all’iscrizione al ruolo delle stesse.
La prescrizione, invece, consiste nel termine entro cui si estingue il diritto di credito già acquisito dall’Amministrazione finanziaria a seguito dell’attività di accertamento, individuandosi quale norma di riferimento l’art. 2946 c.c. che in generale, per la totalità dei diritti, individua un termine di prescrizione per estinzione di dieci anni dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
Per quanto più specificatamente attiene ai tributi locali, con la legge n. 296 del 2006 (Finanziaria del 2007), in particolare con il 161 e il 163 comma dell’art. 1, il legislatore ha provveduto a dettare per i suddetti tributi un termine unitario di decadenza, sia per l’esercizio dell’attività di accertamento, sia per la notifica del primo atto di riscossione avendoli, poi, questa Corte, a partire dalla sentenza n. 4283 del 2010 (Rv. 611888 – 01), ricondotti nell’alveo delle prestazioni periodiche collegate ad una causa debendi continuativa, per le quali opera il termine breve quinquennale di prescrizione ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c. In particolare, per effetto della legge in esame il termine di decadenza per la notifica dell’atto di rettifica della dichiarazione o di accertamento e la contestazione o irrogazioni delle relative sanzioni viene indicato nel 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.
Per quanto riguarda invece la riscossione coattiva, il titolo esecutivo cioè il ruolo incorporato nella cartella di pagamento, deve essere notificato al contribuente, pena decadenza, entro il terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.
Una volta intervenuta la notifica della cartella di pagamento o dell’ingiunzione fiscale secondo quanto prescritto dall’art. 1, 163° comma, della l. n. 296 del 2006, non vi è ulteriore previsione di termini decadenziali. Opera, dunque, il termine di prescrizione., rilevandosi che quanto ai tributi locali non vi è nessuna previsione normativa sulla sua durata assumendo all’uopo rilievo la richiamata pronuncia di questa Corte e l’univoco orientamento giurisprudenziale che ne è seguito (ex plurimis e da ultimo Cass. n. 13683 del 2020 Rv. 65852:5 – 01) secondo cui per quanto riguarda la prescrizione del credito relativo ai tributi locali, l’articolo di riferimento è l’art. 2948 c.c. secondo cui essi devono essere riscossi nel termine breve di cinque anni dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato al contribuente. L’applicazione di tale disciplina si fonda sulla natura periodica di tali tributi, trovando essa un limite nel caso in cui il credito erariale non sia stata accertato con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo (ex plurimis Cass. n. 9076 del 2017 Rv. 643623 – 01)
Alla luce di tali principi nella fattispecie è evidente siamo in presenza di una ipotesi di decadenza per la quale vale il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione per come sancito dalla Corte costituzionale n. 477 del 2002, assumendo sul punto rilievo il principio affermato da questa Corte (S.U. n. 40543 del 2021 Rv. 663252 – 01) secondo cui «In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi d’imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente».
Alla luce di quanto sopra, tenuto conto che per come riferito dalla stessa ricorrente, la raccomandata CAD (afferente gli avvisi di liquidazione ICI per gli anni 2005 e 2006) è stata spedita il 22.12.2010, l’Amministrazione finanziaria non è incorsa nella violazione del suindicato termine quinquennale.
7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
8. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del conn ma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole in euro 2.900,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del quindici per cento, agli esborsi per euro 200,00 e agli accessori di legge; compensa tra le parti le spese relative ai gradi di merito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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