Corte di Cassazione ordinanza n. 22047 depositata il 12 luglio 2022
doppia conforme – principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti pubblici
RILEVATO CHE:
1. con ricorso al Tribunale di M.E., dirigente medico legale di 1° livello presso l’Ufficio sanitario della sede di Enna, conveniva in giudizio l’Inps, chiedendone la condanna al pagamento delle differenze retributive per avere svolto le funzioni superiori di dirigente medico legale di 2° livello, quale primario responsabile e coordinatore sanitario del gabinetto diagnostico della sede di Enna, per il periodo dal 1.12.1999 al 8.7.2001;
2. il Tribunale di Enna, con sentenza n. 320/2010, accoglieva il ricorso e condannava l’Inps a corrispondere al ricorrente, a titolo di differenze retributive, la complessiva somma di Euro 20.106,00; l’impugnazione proposta dall’Inps veniva respinta dalla Corte d’appello di Caltanisetta, ad avviso della quale poteva dirsi comprovato, alla stregua degli esiti del testimoniale, che le mansioni in concreto svolte dal ricorrente «su disposizione dell’Istituto» fossero, effettivamente, quelle di dirigente medico legale di 2° livello; sicché al Milazzo andavano riconosciute – secondo la Corte nissena – le rivendicate differenze retributive, senza che a ciò ostasse l’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 165/2001 o l’art. 19-ter, comma 5, d.lgs. n. 502/1992, introdotto dall’art. 13 d. lgs. n. 229/1999 laddove prevedevano la sostituzione del dirigente assente o impedito con altro e senza applicazione dell’art. 2103, comma 1, cod. civ.;
3. a tale definitivo approdo la Corte perveniva in forza del rilievo secondo cui l’incarico in parola non era stato conferito al Milazzo ai sensi dell’art. 15, comma 4, del CCNL per la dirigenza medica e veterinaria 1998/2001 – i.e., in attesa del completamento delle procedure di designazione del nuovo dirigente di 2° livello –, ma «al di fuori di ogni ipotesi contrattuale […] senza che l’Istituto avesse avviato la procedura di nomina del nuovo responsabile né avesse fatto cessare l’incarico di supplenza»: donde, pur nell’unicità della qualifica dirigenziale e ferma l’inapplicabilità dell’art. 2103 cod. civ., la spettanza al Milazzo, in ossequio alla previsione contrattuale di una «retribuzione collegata alla graduazione delle funzioni», delle somme differenziali rivendicate perché corrispondenti «al livello di responsabilità di dirigente di 2° livello»;
4. per la cassazione di tale sentenza l’Inps ha proposto ricorso sostenuto da due L’intimato resiste con controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo l’Inps denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell’art. 94 CCNL EPNE 11.10.1996 e dell’art. 7 dell’Accordo attuativo del citato art. 94, sottoscritto in data 4.1997, dell’art. 33, comma 5, CCNL 16.2.1999, dell’art. 24 CCNL EPNE 1998/2001» nonché omesso esame di fatto decisivo (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) per avere la decisione impugnata statuito il riconoscimento delle differenze retributive in favore del Milazzo applicando erroneamente la disciplina relativa ai medici del SSN e senza verificare se l’affidamento delle mansioni de quibus fosse avvenuto in modo conforme alla specifica disciplina del Comparto Enti pubblici non economici (d’ora in poi anche più brevemente: EPNE);
2. con la seconda critica, formulata ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., si duole della «violazione dell’art. 19, comma 1, lgs. 165/2001, dell’art. 15 ter, comma 5, d.lgs. n. 502/1992, introdotto dall’art. 13 d.lgs. n. 229/1999 e dell’art. 15, comma 4, CCNL per la dirigenza medica e veterinaria 1998/2001, nonché degli artt. 29, commi 1-2, d.P.R. n. 761/1979, 24, comma 1, d.lgs. n. 29/1993, 14 d.P.R. n. 509/1979», per avere la decisione impugnata trascurato di considerare che il legislatore ha rimesso alla normativa di settore la regolamentazione del trattamento economico, ivi compreso quello accessorio, spettante ai dirigenti nel caso di conferimento temporaneo di mansioni diverse e che, a tutto voler concedere, il computo del periodo temporale avrebbe dovuto essere effettuato, rispettivamente ai sensi dell’art. 29 d.P.R. n. 761/1979 o dell’art. 14 d.P.R. n. 509/1979, solo dopo il 60° giorno ovvero il 90° giorno successivo all’inizio dell’espletamento delle diverse mansioni;
3. le censure, che per l’intima connessione possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate;
3.1 va preliminarmente rilevato che, nella parte in cui evoca il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente trascura di considerare che la disposizione non può essere richiamata, ai sensi dell’art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ., con un ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello che conferma la decisione di primo grado (cfr. n. 23021 del 2014); in questi casi il ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360,n. 5, c.p.c. deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado, e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v., ex multis, Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 20944 del 2019; Cass. n. 268 del 2021; Cass. n. 29002 del 2021; Cass. n. 25027 del 2021) e deve ovviamente farlo nell’atto introduttivo del giudizio di cassazione, non potendo il vizio essere sanato da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 380 bis, c. 2, cod. proc. civ., la cui funzione – al pari della memoria prevista dall’art. 378 cod. proc. civ., sussistendo identità di ratio – è di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass. n. 30760 del 2018; tra le altre: Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016);
4. ciò posto, la Corte territoriale, dopo aver riscontrato lo svolgimento «su disposizione dell’Istituto» delle superiori mansioni, all’esito di accertamento di fatto qui (evidentemente) non censurabile, ha ritenuto di attribuire le differenze retributive rivendicate dal dirigente medico con ermetico passaggio argomentativo del seguente tenore: «il Milazzo, al di fuori di ogni ipotesi contrattuale, ha svolto su disposizione dell’Istituto le funzioni proprie del dirigente di secondo livello» di guisa che, considerata «la previsione contrattuale di una retribuzione collegata alla graduazione delle funzioni», deve ritenersi «spettante la differenza tra la retribuzione percepita e quella corrispondente al livello di responsabilità del dirigente di secondi livello»;
4.1 com’è agevole constatare, trattasi di asserzione che entra in conflitto con l’orientamento di questa Corte, cui va data in questa sede continuità, secondo cui la retribuzione dei dirigenti è unicamente quella prevista dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, a tenore dell’articolo 24 del d.lgs. n. 165/2001 ed, in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, dell’articolo 24 d.lgs. n. 29/1993;
il comma 3 dell’articolo 24 d.lgs. n. 165/2001 – al pari del comma 3 dell’articolo 24 d.lgs. n. 29/1993, nel testo sostituito dall’articolo 16 D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 – ha fissato il principio di onnicomprensività di tale retribuzione, statuendo che il trattamento economico determinato dai contratti collettivi remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti nonché «qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione di appartenenza, presso cui prestano servizio o su designazione della stessa» (v., da ultimo, Cass. n. 7673/2022);
ciò in quanto non è possibile estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale: l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 cod. civ., sancita dall’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, era già stata affermata dall’art. 19 del d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 13 del d.lgs. n. 80/1998, e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato;
per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale l’art. 52 del d. lgs. n. 165/2001, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II stesso decreto;
aggiungasi che, con indirizzo ormai consolidato (tra le altre, Cass. n. 16299/2015; Cass. n. 21565/2018; Cass. n. 23155 e 23156/2021;
Cass. n. 23195/2021), questa Corte ha enunciato, per l’area della dirigenza medica e veterinaria del SSN, il principio secondo cui, per il periodo successivo alla entrata in vigore del CCNL dell’8.6.2000, la sostituzione nell’incarico di dirigente medico di struttura ovvero la copertura dell’incarico vacante non si configurano come svolgimento di mansioni superiori – poiché avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria – ed al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la indennità cd. sostitutiva, prevista dall’art. 18 dello stesso CCNL;
anche nel regime originario dell’articolo 15-ter d.lgs. n. 502/1992 il secondo livello dirigenziale del ruolo sanitario, cui corrispondevano le funzioni di direzione ed organizzazione di struttura, era conferito quale incarico all’esito della procedura stabilita dalla medesima norma, in via temporanea; il dirigente non confermato nell’incarico era destinato ad altra funzione, con la perdita del relativo specifico trattamento economico e contestualmente veniva reso indisponibile un posto di organico del primo livello dirigenziale;
4.2 orbene, alle stesse conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla disciplina collettiva qui applicabile (i.e., art. 94 CCNL EPNE 11.10.1996 e art. 7 dell’Accordo attuativo del citato art. 94, sottoscritto in data 14.4.1997) riferita al Comparto degli enti pubblici non economici, con l’ulteriore precisazione che, non essendo richiamata in tale ambito l’indennità cd. sostitutiva prevista dall’art. 18 CCNL dell’8.6.2000 per l’area della dirigenza medica e veterinaria del SSN, nessuna maggiorazione retributiva, per l’esercizio di fatto di mansioni superiori di dirigente medico di 2° livello, può dirsi spettante;
5. conclusivamente, alla stregua delle suesposte considerazioni, la pretesa del ricorrente di percepire l’intero trattamento economico collegato all’incarico di dirigente medico di 2°livello, quantunque svolto in via di fatto, è infondata, e ciò a prescindere da ogni ulteriore ragione di censura in ordine alla quantificazione ex art. 14 d.P.R. n. 509/1979 di tale trattamento che resta, pertanto, assorbita;
5. l’accoglimento del ricorso per le ragioni testé enunciate comporta l’infondatezza giuridica della pretesa del Milazzo e consente la definizione nel merito, ai sensi dell’art. 384, co. 2, ultimo periodo, cod. proc. civ.;
in considerazione delle alterne vicende processuali e degli interventi normativi susseguitisi con riferimento all’oggetto del contendere, stimasi equo compensare le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la domanda di Milazzo Salvatore; compensa le spese dell’intero processo.