Corte di Cassazione ordinanza n. 22285 depositata il 15 luglio 2022
regime speciale del margine – operazioni con l’estero
Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria trae origine dall’emissione di due avvisi di accertamento, per l’anno 2002 e per l’anno 2003, nei confronti della società M. srl .
Tali atti fiscali derivavano da una segnalazione effettuata dall’ufficio delle Entrate di Treviso e dal PVC del 13 4 2003, da cui emergeva l’applicazione indebita del regime del margine per 6 autovetture del 2002 e una per il 2003.
Avverso tali atti erano proposti dalla società intimata 2 distinti ricorsi e decisi, previa riunione, in senso sfavorevole all’Agenzia dalla Ctp di Rimini.
Tale pronuncia di primo grado era impugnata dalla Agenzia ed in sede di gravame era confermata dalla Ctr dell’Emilia Romagna.
Proponeva ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, che s1 affidava ad un unico motivo:
1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 e seg. d.l. n. 41 del 1995, convertito dalla legge n. 85/1995, nonché dall’art. 2697 cc e degli artt. 2727 e 2729 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc.
Non si costituiva la soc. M. srl.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo l’Agenzia ricorrente deduce che la Ctr è incorsa in errore di diritto per aver annullato gli atti impositivi perché il secondo acquirente italiano (il primo passaggio riguardava operatore tedesco e la soc. A.), non era tenuto a fare alcun controllo in ordine all’applicazione del regime Iva agevolativo ove il suo dante causa avesse dichiarato in fattura che l’operazione rientrasse nel regime del margine.
Nell’ambito del predetto motivo la ricorrente deduce che la Ctr abbia violato il principio dell’onere della prova applicabile in materia ed in particolare era erronea l’affermazione che non sarebbe stata data da esso ufficio impositore la prova dell’insussistenza dei requisiti per applicare il cd regime del margine, avendo allegato solo meri sospetti. Il motivo è fondato.
Tali argomentazioni, essendo convergenti e dirette a far emergere violazioni di legge commesse dalla Ctr nel confermare la decisione di primo grado circa l’annullamento della decisone, vanno esaminati congiuntamente.
In particolare, come emerge dall’accertamento riportato analiticamente, ai fini della autosufficienza. l’Agenzia delle Entrate aveva contestato alla srl M. di avere applicato il suddetto regime sulla base della sola circostanza che, avendo essa acquistato le vetture in questione da altro operatore commerciale nazionale si era giovata del fatto che il soggetto cedente aveva dichiarato, a sua volta, di avere applicato il “regime del margine” sulle vetture da esso cedute. Secondo la Ctr la società contribuente non era in grado di verificare la veridicità o meno di quanto attestato dal dante causa della Srl M. nelle fatture evidentemente, presumendone la buona fed, nell’applicazione del regime di cui sopra. Tali affermazioni sono errate in diritto.
Occorre partire dalla considerazione giuridica che la normativa del regime speciale del margine in quanto derogatorio del sistema generale di cui alla direttiva 2006/ 112 e rispetto a questo meno oneroso (contemplando una base imponibile ridotta) deve essere interpretata restrittivamente. Il legittimo assoggettamento dell’operazione al detto regime presuppone quindi un dante causa assolvente l’IVA a monte senza possibilità di detrarla, cosa non verificatasi nel caso in questione. (vedi S. U. n. 21105/2017).
Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, ossia di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto).
Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità. al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza la possibilità di detrazione. Consegue che nell’ipotesi, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole» (in senso conforme la successiva Sez. 5, I 6/02/2018, n. 38 I 9, R v. 646942- 01, oltre che, sostanzialmente, la precedente Sez. 5, 24/07/2015, n. 15630, Rv. 636112-01).
Premesso quanto innanzi, deve rilevarsi che trattandosi come si detto di un regime agevolativo, qualora l’amministrazione contesti in base ad elementi oggettivi e specifici che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’applicazione del regime del margine derogatorio alla disciplina generale in materia di Iva, trattandosi di eccezione alla regola generale. Mancando la prova a carico del contribuente circa i presupposti di fatto il regime del margine era inapplicabile a prescindere della consapevolezza della inesistenza di tali presupposti, in quanto l’imposta va assolta a prescindere dallo stato soggettivo, che rileva eventualmente solo in ordine all’applicazione delle sanzioni (vedi sentenza n. 5630 del 24/07/2015). Nella vicenda in esame, l’Agenzia non solo aveva specificato che il cedente tedesco aveva dichiarato che la vendita era soggetta ad iva, ma nello stesso atto di accertamento, traendo i dati di libretti di circolazione, indicava i nominativi dei primi acquirenti dei beni, tutti soggetti iva e quindi tale imposta era stata già scontata. Una volta specificati tali elementi di sospetto (se non di prova) era onere della parte provare i presupposti circa l’applicazione del regime del margine prova che non risulta in alcun modo data.
Del resto, ordine poi alla buona fede, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi inerenti il profilo del dovere di diligenza che avrebbe dovuto assolvere il contribuente. L’imprenditore commerciale esercente attività di rivendita di autoveicoli usati anche mediante acquisto da altra società, a sua volta cessionaria con riferimento ad imprenditori commerciali esteri, contrariamente a quanto affermato dalla Ctr, per assolvere a siffatto dovere non può dare esclusiva rilevanza a quanto indicato in fattura, e cioè agli aspetti formali della operazione, ma era necessario individuare il comportamento positivo tenuto per verificare l’applicabilità del regime del margine.
In definitiva avendo l’accertamento analiticamente indicato comportamenti illegittimi del cedente (acquisti di beni intracomunitari secondo l’ordinario regime iva per poi nei successivi passaggi applicare il regime del margine) e la possibilità di comprendere la falsità della dichiarazione contenuta nelle fatture emesse dalla A. deve escludersi che a srl M. abbia tenuto un comportamento diligente secondo la condotta professionale media dell’imprenditore del settore.
Pertanto il ricorso va accolto e, per l’effetto, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Ctr competente in diversa composizione che provvederà ad applicare i principi sopra richiamati, provvedendo anche a regolamentare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata rinviando alla Ctr dell’Emilia Romagna in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.