Corte di Cassazione ordinanza n. 22301 depositata il 15 luglio 2022
presunzioni semplici – accertamento analitico induttivo – percentuali di ricarico da studio di settore
RILEVATO CHE:
1. Su ricorso della contribuente Lucia Sica, titolarn di una rivendita al dettaglio di prodotti ittici, la CTP di Salerno con sentenza n. 121/08/2011 aveva annullato gli avv1s1 di accertamento n. REQ010801530 e n. REQl080\33 che avevano determinato un reddito d’impresa di euro 88.705,00 per il 2005 (a fronte di euro 12.162,00 dichiarati) e di euro 171.132,00 per il 2006 (euro 11.880,00 dichiarati) con maggiore imposizione IRPEF e addizionali, IRAP, IVA, oltre sanzioni, a seguito di applicazione del metodo analitico – induttivo di cui all’art. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973.
2. La CTR della Campania, sez. distaccata di Salerno, con la sentenza impugnata ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, procedendo all’accertamento come segue: a) gli acquisti destinati alla vendita dovevano essere depurati degli acquisti al consumo; b) la percentuale di scarto doveva essere applicata nella misura del 10 % atteso il settore di appartenenza; c) la percentuale di ricarico doveva corrispondere alla media del settore di appartenenza (70 % ); d) le rimanenze riportate in dichiarazione trovavano la loro legittimità sia con i beni strumentali di cui la ditta dispone (celle frigorifere) che con gli ingenti acquisti effettuati; e) i danni allegati dalla ricorrente erano stati idoneamente giustificati dalla documentazione in atti come da verbale del 16/12/2006, sottoscritto dalle parti e non contestato.
3. Per l’effetto, la CTR ha rideterminato i maggiori ricavi in Euro 7.961,00, per l’anno di imposta 2005, e in Euro 64.233,00 per l’anno 2006.
4. Propone ricorso per cassazione Lucia Sica che si affida a cinque motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. La ricorrente deposita memoria.
CONSIDERATO CHE:
5. Con il primo motivo la ricorrente deduce «violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1 lett. d) del DPR n.600/73, dell’art. 54 del d.P.R. n. 633/72 in relazione all’art. 360, n. 3) c,p.c. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2728, 2729 e 2697 e.e. – nullità del procedimento e della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, 4) e n. 5) c.p.c.», perchè il Giudice d’appello, pur concludendo per l’insussistenza del requisiti per l’applicazione dell’art. 39 comma 1, lett. d) del P.R. n. 600 del 1973 aveva proceduto alla ridE terminazione del reddito di impresa.
In particolare, date la regolarità delle scritture contabili e l’insussistenza delle altre incongruenze indicate dall’Ufficio, che la stessa sentenza impugnata aveva escluso, la CTR aveva ricostruito il reddito sulla base soltanto dello scostamento del ricarico dalle medie di settore, di per sè insufficiente a giustificare l’accertamento an21litico – induttivo.
5.1 Il motivo si sottrae ad un giudizio di inammissibilità in quanto, nonostante l’eterogeneità dei paradigmi di censura dedotti, è sufficientemente chiaro il contenuto sostanziale del motivo che, però, è infondato.
La CTR non ha considerato soltanto lo scostamento dalla percentuale di ricarico mediamente riscontrata nel settore, ma ha anche considerato ulteriori elementi indicati dall’Ufficio, quali, per il 2005, «una scarsa recidività dei fattori della produzione ‘>, e un reddito dichiarato pari soltanto ad euro 12.162,00, e per il 2006 un costo del venduto di euro 154.265,00 «superiore ai ricavi dichiarati di euro 143.278,00».
Questa motivazione non contrasta con il principio consolidato di questa Corte secondo cui «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), dl.P.R: n. 600 del 1973, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all’Ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere., sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi» (v. Cass. n. 14288 del 2016; Cass. n. 12167 del 2014; Cass. n. 14068 del 2014; Cass. n. 14941 del 2013; Cass. n. 6929 del 2013; Cass. n. 7871 del 2012; Cass. n. 2616 del 2011).
Del resto, anche l’utilizzo di un singolo elemento presuntivo non sarebbe contrario alla regola inferenziale perchè «in terna di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purchè grave e preciso, dovendo il requisito della “concordanza” ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi» (Cass. n. 15754 del 2009; Cass. n. 17474 del 2009).
Ciò vale anche in ambito fiscale, essendosi osservato che «in tema di prova civile conseguente ad accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi – benchè l’art. 2729 e.e., l’art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, e l’art. 54, d.P.R. n. 633 del 1972,, si esprimano al plurale – potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave» (Cass. n. 656t del 2014).
6. Con il secondo motivo, lamenta la «violazione dell’art. 1, comma 2, d.P.R. 546/92 e degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n 4) c.p.c. – nullità del procedimento e della sentenza in relazione all’art. 360, 4) c.p.c.» perchè, una volta constatata l’insussistenza dei presupposti, la CTR doveva limitarsi ad annullare gli avvisi anzichè procedere alla rideterminazione del reddito così violando il principio dispositivo.
Il motivo è infondato in quanto, accertata la legittimità dell’accertamento analitico induttivo e dunque l’an delle riprese, è facoltà del giudice tributario rideterminare la pretesa tributaria nel quantum; il processo tributario, infatti, è annoveralbile tra quelli di «impugnazione-merito», in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio (Cass. n. 18777 del 2020).
7. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la «violazione dell’art. 62- sexies del d.l. 331/1993 conv. in 427/93 e dell’art. 10, comma 4 bis e art.10 ter, I. n.146/98 in relazione all’art. 360, n. 3) c.p.c. – nullità del procedimento e della sentenza in relazione all’art. 360,, comma 1, n. 4) c.p.c.», perchè, avendo correttamente compilato gli studi di settore, doveva essere tenuta al riparo dall’accertamento anallitico – induttivo, come prevede lo stesso documento di prassi (circolare 8/E del 16.3.2012).
La doglianza è inammissibile perchè non risulta che questa questione sia stata proposta nei precedenti gradi di giudizio e comunque è priva di specificità e non rivolge alcuna censura contro la sentenza impugnata.
8. Con il quarto motivo deduce «violazione dell’art. 39, comma 1 lett, d) del P.R. n.600/73, dell’art. 54 del d.P.R. n. 633/72 e dell’art. 62-sexies del d.1.331/1993 conv. in I. 427/93, dell’art. 132, comma 1, n.4) c.p.c.- nullità del procedimento e della sentenza per difetto assoluto di motivazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) e 5) c.p.c.», perchè la CTR ha utilizzato la percentuale di ricarico pari al 70%, assunta in maniera apodittica come media del settore di appartenenza e senza considerare che la contribuente aveva un’articolazione merceologica di vendita divisibile in diverse categorie, ciascuna con diversi prezzi di acquisto e vendita e con diverse percentuali di ricarico, di cui nè l’Ufficio nè il Giudice d’appello hanno tenuto conto.
8.1 Il motivo, tralasciando i profili di inammissibilità attesa la contraddittorietà della denuncia, in un unico motivo, d• i due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (Cass. n. 6150 del 2021), è comunque infondato.
8.2 Va premesso che gli accertamenti impugnati avevano applicato una percentuale di ricarico del 100% sulla base di studio di settore TM27B mentre la contribuente aveva indicato la percentuale del 60% adducendo una serie di circostanze che dovevano giustificare una redditività inferiore (v. punto E dei ricorsi iniziali trascritti nel ricorso per cassazione).
La CTR, con l’indicazione di una percentuale di ricarico del 70%, inferiore a quella applicata dall’Ufficio, mostra di aver tenuto conto delle difese della contribuente, in ossequio al principio affermato da questa Corte secondo cui «qualora il contribuente, in sede di giudizio, contesti il criterio di determinazione della percentuale di ricarico, il giudice di merito è tenuto a verificare la scelta dell’Amministrazione in relazione alle critiche proposte, alla luce dei canoni di coerenza logica e di congruità, tenuto conto della natura, omogenea o disomogenea, dei beni-merce nonché della rilevanza dei campioni selezionati, e la loro rispondenza al criterio di media (aritmetica o ponderale) prescelto» (Cass. n. 26589 del 2018; v. anche Cass. 673/2015 e n. 30276/2017).
La complessiva motivazione della CTR, che ha indicato gli elementi essenziali della praticata rideterminazione del reddito (v. sopra punto 2.e ha adottato una percentuale di ricarico contenuta entro le medie del settore, rispetta il «minimo costituzionale» di cui all’art. 111 Cast. e si sottrae ad una censura di nullità in quanto è comunque idonea «a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento» (Cass. sez. un. 22232/2016; Cass. sez. un. 8053/2014).
8.3 Sotto altro verso, la diversificata articolazione merceologica non costituisce di per sé «fatto decisivo» ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., tanto più che la differenza tra la percentuale indicata dalla ricorrente (60%) e quella applicata dalla CTR (70%) è minima e la contribuente non ha dedotto precisi elementi che possano dimostrare l’inadeguatezza in concreto della percentuale applicata.
9. Con il quinto motivo deduce «violazione dell’art. 89- e 109 TUIR dell’art. 39, comma 1 lett. d) del d.P.R. 600/73; dell’art. 54 del d.P.R. 633/72 – Violazione dell’art. 132, comma 1, n. 49 c.p.c. – nullità del procedimento e della sentenza per errore in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) e 5) c.p.c.», perchè la CTR nella rideterminazione del reddito era incorsa in errore avendo sottratto l’importo di euro 18.700,00, pari alla perdita di merce subita nel 2006, dai ricavi anzichè dal costo del venduto.
Anche questo motivo è inammissibile riguardando una questione che attiene al merito e che non assurge a «fatto storico:•> decisivo nè può perfezionare un errar in procedendo.
10. Le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo grado di giudizio che liquida in euro 5.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 se dovuto.