Corte di Cassazione ordinanza n. 22326 depositata il 15 luglio 2022
vizio di motivazione – il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva
RILEVATO CHE:
La “P.M. S.r.l.” e la “L. S.p.A.” hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 27 febbraio 2019 n. 1788/11/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di rettifica e liquidazione per imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione alla cessione di ramo aziendale (relativo alla costruzione di componenti meccanici per l’industria aeromobile ed aerospaziale), con atto notarile del 19 marzo 2015, a seguito dell’accertamento d’ufficio del valore venale di € 3.998.181,00, a fronte del prezzo pattuito nella misura di € 2.200.000,00, sulla base dell’incremento dell’avviamento (da € 193.262,00 ad € 1.512.000,00) e dei beni ammortizzabili (da € 150.496,00 ad € 350.000,00), nonché del disconoscimento delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie (per € 323.948,00), ha parzialmente accolto l’appello proposto dalle medesime nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli il 23 febbraio 2018 n. 1808/10/2018J, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, nel senso di rideterminare il valore dell’avviamento nella minor misura di€ 1.285.000,00 e la base imponibile per le passività ed i beni ammortizzabili nella minor misura di € 479.444,00. Il ricorso è affidato a tre motivi comuni. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 1 e 36, comma 2, n. 4, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per aver accolto in parte l’appello il giudice di secondo grado con un dispositivo assolutamente incongruo e con motivazione meramente apparente, non essendo state specificate le ragioni della decisione.
2. Con il secondo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio che è stato ogigetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non aver motivato il giudice di secondo 9rado sull’applicabilità del criterio della determinazione matematica del valore di avviamento in relazione all’integrale imputazione del fatturato della cedente a commesse ordinate dalla
3. Con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata (verosimilmente) per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 1 e 36, comma 2, n. 4, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per non aver motivato il giudice di secondo grado sull’applicazione del criterio della determinazione matematica del valore di avviamento in relazione all’integrale imputazione del fatturato della cedente a commesse ordinate dalla cessionaria.
RITENUTO CHE:
1. Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimen1to dei restanti motivi.
1.1 Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità d1ella sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: , Sez. 5″, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass. Sez. 6″-5, 15 aprile 2021, n. 9975).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1 “, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6″-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6″-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5·”, 13 aprile 2021, n. 9627).
1.2 Nella specie, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia sufficiente né coerente sul piano della logica giuridica, contenendo un’inadeguata esposizione delle ragioni sottese al parziale accoglimento dell’appello (al di là di ogni considerazione sul piano della loro fondatezza in diritto), con particolare riguardo all’applicazione del criterio estimativo – ex artt. 51 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 e 2, comma 4, del D.P.R. 31 luglio 1996 n. 460 – del valore di avviamento del ramo aziendale che è stato oggetto di cessione tra le parti.
In particolare, disattendendo le argomentazioni del giudice di prime cure, che aveva rigettato il ricorso originario delle contribuenti, il giudice del gravame ha ritenuto «(…) che, proprio in considerazione di una valutazione che non laccia riferimento unicamente ad un criterio matematico, il valore dell’avviamento accertato possa essere ridotto del 15% come proposto dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione, e quindi rideterminato in € 1.285.000,00 (in tal senso Cass. 7324/14, secondo la quale può applicarsi la percentuale di redditività ritenuta congrua dal giudice di merito, sia pure parametrata sulla media dei ricavi del triennio precedente). Per quanto riguarda le passività ed i beni ammortizzabili, alla luce della produzione documentale operata dalle ricorrenti in appello, queste possono essere riconosciute come dichiarate; del resto, lo stesso Ufficio in sede di accertamento con adesione, in accoglimento delle doglianze di parte di cui ai punti 2) e 3) del ricorso, aveva rideterminato la base imponibile relativamente a passività ed attrezzature in€ 479.444,00». Tale motivazione si è tradotta in una corrispondente formulazione del dispositivo con il seguente tenore: «(...) ridetermina il valore dell’avviamento in € 1.285.000,00 e la base imponibile per passività ed attrezzature in€ 479.444,00». Tuttavia, nonostante l’enunciazione preventiva dei criteri fissati per la rideterminazione aritmetica dei dati influenti sull’estimazione del valore venale del ramo aziendale (avviamento, passività e beni ammortizzabili), la sentenza impugnata non consente di pervenire ad un agevole ricalcolo della base imponibile per la liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Difatti, l’iter argomentativo non è sufficiente a comprendere, anche sulla scorta del minor valore dell’avviamento, delle passività e delle attrezzature, quale debba essere il minor valore del ramo aziendale nel suo complesso.
In tal modo, peraltro, il giudice di appello ha adottato una decisione inidonea ad assolvere la sua funzione di cognizione piena nel merito della pretesa impositiva. Difatti, per costante insegnamento di questa Corte, il processo tributario nion è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’atto impositivo per motivi di ordine sostanziale ( e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (tra le altre: Cass., Sez. 51′,, 19 novembre 2014, n. 24611; Cass., Sez. SA, 30 ottobre 2018, n. 27574; Cass., Sez. SA, 4 dicembre 2019, n. 31599; Cass., Sez. SA, 2 ottobre 2020, n. 21072; Cass., Sez. SA, 11 febbraio 2021, n. 3427; Cass., Sez. SA, 18 giugno 2021, n. 17485; Cass., Sez. SA, 29 luglio 2021, n. 21681).
Per cui, anche sotto tale profilo, la sentenza impugnata non fornisce una motivazione adeguata all’esercizio del potere sostitutivo.
1.3 Ne deriva che il decisum non raggiunge la soglia del minimo costituzionale, essendo fondato su argomentazioni inidonee a sorreggere il convincimento del giudice di appello.
2. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassc1ta in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara l’assorbimento dei restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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