Corte di Cassazione ordinanza n. 22338 depositata il 15 luglio 2022
inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 – mancata prova delle ragioni d’urgenza – prova di resistenza
Ritenuto che:
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro L.S., che su impugnazione di avviso di accertamento emesso per la ripresa a tassazione di Irpef, Iva e Irap per l’anno 2007, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado. La CTR ha rilevato la violazione dell’art.12 c.7 l.n.212/2000 da parte dell’ufficio, che aveva notificato l’avviso di accertamento senza il rispetto del termine dilatorio di 6099 previsto dalla norma e senza provare le ragioni d’urgenza che ne avrebbero consentito la anticipata emissione, non potendosi all’uopo considerare tali la presenza di una sentenza penale resa dal Tribunale di Trapani nei confronti del contribuente, secondo i noti principi dell’autonomia fra giudizio tributario e giudizio penale, e non avendo in oqni caso l’ufficio fornito prova della incapienza del patrimonio del contribuente, genericamente indicato.
La parte intimata non si è costituita.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art.12 c.7 l.n.212/2000, per avere la CTR omesso di valutare, rispetto alla ripresa relativa all’IVA, la non pretestuosità delle ragioni addotte dal contribuente (c.d. prova di resistenza) ai fini della declaratoria di invalidità dell’atto impositivo.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt.2727 e 2729 e.e., nonché degli artt.115 e 116 c.p.c., in relazione all’art.12 c.7 l.n.212/2000 per avere la CTR omesso di esaminare gli elementi forniti in ordine alla prova del grado di stato di insolvenza nel quale versava il contribuente che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, costituirebbe valida ragione d’urgenza per emettere l’accertamento senza il rispetto del termine dilatorio di cui all’art.12 c.7 .l.n.212/2000.
2. Il primo motivo è inammissibile.
Ed invero, risulta dal ricorso per cassazione che l’accertamento emesso a carico del contribuente prese luogo dalla notifica di un pvc all’interno del quale l’ufficio esaminò documentazione ed atti della contribuente.
Orbene, è noto che secondo la giurisprudenza di questa Corte la necessità della c.d. prova di resistenza rispetto agli accertamenti concernenti tributi armonizzati è richiesta, ai fini del vaglio del mancato rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, solo per gli accertamenti che non hanno avuto un pregresso accesso nei locali del contribuente, altrimenti dovendosi ritenere che il mancato rispetto del termine dilatorio fissato dall’art.12 c.7 l.n.212/2000 integra di per sé un vizio invalidante dell’atto sia per la ripresa di tributi non armonizzati che di quelli armonizzati ( cfr.Cass.n. 701/2019).
Orbene, l’Agenzia non ha in alcun modo dedotto che si trattasse di un accertamento c.d. a tavolino per il quale non fosse necessario il rispetto delle forme previste dall’art.12 c.7 l.n.212/2000.
Ne consegue che la censura rivolta a sostenere che la parte contribuente non avrebbe fornito la cd. prova di resistenza non coglie nel segno, non potendo questa Corte valutare se l’accertamento sia stato emesso sulla base di una verifica in loco o in relazione ad accertamenti compiuti dall’Ufficio senza il previo accesso nei locali.
3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
La situazione di urgenza legittimante la mancata osservanza del termine concerne elementi di fatto non soltanto cogenti e insuperabili, ma anche estranei alla sfera di azione, organizzazione e responsabilità dell’Amministrazione finanziaria che procede alla verifica, pena, altrimenti, lo svuotamento sostanziale dell’obbligo di contraddittorio sancito in via generale dallo statuto dei diritti del contribuente; è comunque indispensabile che l’Amministrazione dimostri e motivi che la protrazione dei tempi dell’accertamento, ed il loro giungere alla suddetta imminente scadenza, sia dipesa da fattori non imputabili, perché indipendenti dalla sua azione e potestà, così da imporsi la notificazione ante tempus dell’avviso di accertamento allo scopo di non veder vanificato l’adempimento dell’obbligo tributario (Cass. n. 23670 del 2018, in motivazione).
Nel solco di tale pronuncia si è osservato (Cass. n. 15755 del 2020) che la sola imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non integra una ragione di urgenza valida ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, spettando all’Amministrazione finanziaria offrire come giustificazione dell’urgenza la prova, sulla base di fatti concreti e precisi, che l’emissione dell’avviso in prossimità del maturare dei termini decadenziali sia dipesa da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, pena la dissoluzione della finalità di recupero delle imposte non versate. Analogamente, Cass. n. 11685 del 2021 ha affermato che le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, l. n. 212 del 2000, debbono consistere in elementi di fatto che esulino dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescano dalla sua diretta conoscibilità, sicché non possono in alcun modo consistere nella imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa.
Nel caso di specie, le ragioni addotte dall’Agenzia, delle entrate a giustificazione del mancato rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 – per come dedotte nell’avviso di accertamento (pericolo di perdita del credito erariale e connessione con procedimento penale per violazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 74/2000)
– si palesano generiche ed inidonee a dimostrare, in relazione alla fattispecie concreta, che per non vanificare l’adempimento dell’obbligazione tributaria l’Ufficio, per fattori ad esso non imputabili, ha dovuto procedere all’emissione dell’avviso di accertamento ante tempus.
Correttamente, pertanto, la CTR ha escluso che, nella specie, ricorresse un caso di particolare e motivata urgenza esonerativo dell’osservanza del termine dilatorio.
Il ricorso va conclusivamente rigettato. Non v’è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, stante la mancata costituzione dell’intimato.
Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.