Corte di Cassazione ordinanza n. 22343 depositata il 15 luglio 2022
vizio di motivazione – motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” purché resti “autosufficiente” – sentenza è nulla qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo – indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti
Rilevato che
la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento per IRES relativamente all’anno d’imposta 2010 attinente all’emissione di fatture contestate dall’Ufficio come inesistenti;
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva parzialmente il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello della società contribuente e quello incidentale dell’Ufficio sostenendo che, oltre a quanto affermato in primo grado, ad assumere rilievo probatorio erano, per un verso, l’assoluta inidoneità della M.C. s.r.l., considerato il numero di dipendenti ed il valore delle immobilizzazioni materiali, a portare a compimento la costruzione del capannone industriale per cui erano state emesse le fatture in favore dell’appellante, che andavano dal 2006 al 2009, e, per un altro verso, la cointeressenza tra i due soggetti giuridici, posto che M.C. s.r.l. aveva sede nello stesso complesso dove avevano sede altre imprese del gruppo Mantella ed aveva come soci i cognati di Mantella Salvatore.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso principale affidato ad un unico motivo di impugnazione e la parte contribuente si costituisce con controricorso proponendo ricorso incidentale affidato ad un unico motivo relativamente al quale l’Agenzia delle entrate replica con controricorso; con ordinanza interlocutoria n. 10414 del 31 marzo 2022 questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la formulazione di una nuova proposta, all’esito della quale risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che
Con l’unico motivo di impugnazione, dedotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzic1 delle entrate denuncia nullità del procedimento o della sentenza della Commissione Tributaria Regionale per violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 18, 21, 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la sentenza impugnata non aveva pronunciato sull’appello incidentale proposto dall’Ufficio con il quale quest’ultimo aveva impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale nella parte in cui aveva affermato che nella specie non vi erano elementi sufficienti per ritenere che nel 2010 la società contribuente fosse non operativa e conseguentemente annullava l’avviso di accertamento nella parte in cui recuperava a tassazione dei costi quali quote di ammortamento per costi del personale.
Con l’unico motivo di impugnazione, dedotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia nullità della sentenza della Commissione Tributaria Regionale, in relazione agli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 132 c.p.c., per avere la sentenza impugnata confermato la sentenza di primo grado senza dare ragione dei motivi che sorreggono il decisum, omettendo un proprio iter argomentativo.
Preliminarmente, occorre considerare che, secondo Cass. n. 27680 del 2021, il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso. Tuttavia, quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi. Detto termine decorre dall’ultima notificazione dell’impugnazione principale nel caso in cui tale impugnazione sia stata notificata anche alla parte che propone l’impugnazione incidentale.
Nel caso di specie la nullità della notificazione del ricorso della società contribuente all’Agenzia delle entrate presso l’Avvocatura dello Stato è stata sanata dalla costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate (cfr. Cass. n. 17700 del 2021, secondo cui in tema di contenzioso tributario, qualora nel giudizio di merito l’Agenzia delle entrate non sia stata rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, è nulla, e non inesistente, la notifica del ricorso per cassazione effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, non potendosi escludere l’esistenza di un astratto collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica ed il destinatario della stessa, in considerazione delle facoltà, concesse all’Agenzia dall’art. 72 del d.lgs. n. 300 del 1999, di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura. Tale nullità, inoltre, può essere sanata sia nel caso in cui l’Agenzia si costituisca senza sollevare eccezioni al riguardo, sia per effetto di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.).
Nel merito, occorre prioritariamente affrontare il ricorso incidentale, proposto dalla parte contribuente, in quanto, lamentando la nullità dell’intera sentenza, il suo accoglimento renderebbe superfluo l’esame del ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Il ricorso incidentale è fondato.
Secondo questa Corte, infatti: la sentenza d’appello non può ritenersi legittimamente resa “per relationem”, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame (Cass. n. 2397 del 2021);
nel processo civile, la validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario reso in un altro processo, presuppone che essa resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, mentre deve ritenersi nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la sentenza che si limiti alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esporne il contenuto e senza compiere alcun apprezzamento delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. n. 459 del 2022).
In effetti, questa Corte è ferma nel ritenere che nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causi, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo: cfr. Cass. n. 107 del 2015, Cass., S.U., n.642 del 2015, Cass. n. 20883 del 2019.
Orbene, dalla sentenza impugnata, in virtù del rinvio alla sentenza di primo grado, non è dato comprendere il ragionamento che ha condotto il giudice di appello a ritenere che alcune fatture siano state utilizzate per operazioni inesistenti, in quanto quello che viene ulteriormente detto dalla sentenza impugnata rispetto al rinvio alla sentenza di primo grado non è di per sé idoneo a raggiungere quel minimo costituzionale di motivazione indicato da questa Corte trattandosi, nel caso di specie, di meri indizi estremamente generici, al limite della semplice suggestione, in assenza di una adeguata descrizione della fattispecie, specie in considerazione della specificità e diversità degli oneri probatori gravanti sulle parti in materia di operazioni ritenute inesistenti. In effetti la sentenza di primo grado viene richiamata acriticamente, ossia senza che la sentenza impugnata abbia dato contezza di aver fatto proprio il ragionamento della sentenza cui si rinvia, la quale non viene neppure trascritta, cosicché la motivazione della sentenza impugnata non può neppure dirsi autosufficiente.
La motivazione invero è assertiva e gravemente lacunosa, come tale appunto inidonea a superare il minimo costituzionale di motivazione, soprattutto se si considera che non si comprende in modo chiaro se il giudice di merito abbia ritenuto essersi in presenza di operazioni soggettivamente o oggettivamente inesistenti e quindi senza poter verificare se principi della giurisprudenza richiamata fossero da considerare correttamente applicati o meno.
In effetti la Cassazione (cfr. ad esempio Cass. n. 28628 del 2021, secondo cui in tema d’IVA, l’Amministrazione finanziaria, che contesti al contribuente l’indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo) distingue nettamente tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, facendone discendere rilevanti differenze in relazione all’onere della prova, dal che si ricava pienamente la piena inconsistenza della motivazione della sentenza impugnata.
Il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate è assorbito dall’accoglimento di quello incidentale.
Pertanto la sentenza impugnata va cassata in accoglimento del ricorso incidentale, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso incidentale, assorbito quello principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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