CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 2235 depositata il 25 gennaio 2023

Lavoro – Licenziamento – Assistenza al familiare disabile – Sviamento della funzione assistenziale propria del permesso – Modi e tempi della prestazione lavorativa ed esigenze assistenziali dell’invalido – Accoglimento

Rilevato che

1. (…) impugnò il licenziamento intimatogli da (…) 14.11.2016 in relazione all’uso improprio del permesso fruito il 22.10.2016 ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104 del 1990 (ndr art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104) chiedendone l’annullamento e insistendo per la reintegrazione nel posto di lavoro o in subordine per la tutela indennitaria.

2. Il Tribunale di Taranto sia in sede sommaria che all’esito dell’opposizione rigettò le domande avendo accertato che il licenziamento era legittimo.

3. La Corte di appello di Lecce, sezione di Taranto, rigettò il reclamo confermando la decisione impugnata.

3.1. La Corte territoriale ha ritenuto confermato l’abuso del permesso fruito (…) nel senso dello sviamento della funzione assistenziale propria del permesso.

3.2. In particolare, il giudice di appello ha accertato che la condotta tenuta dal lavoratore – il quale durante il giorno si era assentato dal domicilio dell’invalida >1 cui doveva prestare assistenza dalle 9,30 alle 13,30 e poi dalle 17,00 alle 19,23 – integrasse l’abuso contestato e costituisse una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede realizzando una indebita percezione dell’indennità da parte dell’istituto previdenziale.

3.3. Pur dando atto del fatto che l’assistenza all’invalido può essere prestata con svariate modalità, la Corte ha tuttavia evidenziato che le caratteristiche dell’invalidità dell’assistita – gravemente obesa ed incapace di muoversi da sola sicché necessitava di assistenza per ogni cosa, assistenza che il lavoratore, per la sua prestanza, era in grado di offrire anche da solo – comportavano che questi dovesse rimanere nei pressi della stessa per assisterla ed avrebbe potuto allontanarsi solo per brevissimi periodi. Peraltro, il giudice di secondo grado ha evidenziato che l’assenza si era protratta praticamente per l’intera giornata, escluso l’orario di pranzo e di cena, e che era risultato che durante le ore di assenza erano state disbrigate incombenze diverse.

3.4. La Corte del reclamo, poi, ha ritenuto che la spiegazione data dal ricorrente – di essere stato impegnato nella ricerca di un letto antidecubito – non era credibile tenuto conto del fatto che i giri erano stati fatti a bordo di un mezzo intestato ad una società di un parente, la (…), e che quest’ ultimo era a sua volta socio al 50% della società (…), della moglie (…).

4. Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso (…) affidato a quattro motivi ed ulteriormente illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.. La (…) ha depositato procura al solo fine di partecipare alla discussione della causa e poi, fissata per la decisione in camera di consiglio, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.. Quindi, rinviata a nuovo ruolo la decisione in relazione al sopravvenuto impedimento del relatore, la causa è stata fissata per la decisione all’udienza odierna.

Considerato che

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c..

5.1. Deduce il ricorrente di aver allegato che il giorno 22.10.2016 era stato assegnato al turno notturno, dalle 22,00 alle 6,00 e precisa, quindi, che aveva chiesto di beneficiare del permesso poiché doveva prestare assistenza all’invalida proprio nelle ore notturne. Rammenta inoltre che nella giornata del 22 ottobre era rientrato presso il domicilio alle 19,43 e che, da allora, non si era più mosso. Osserva che perciò aveva prestato assistenza all’invalida per tutte le otto ore in cui avrebbe dovuto svolgere la sua attività lavorativa utilizzando il permesso in maniera corretta.

Deduce che la Corte territoriale, nel rigettare la sua domanda, non aveva tenuto conto del fatto che si trattava di un turno lavorativo posto a cavallo tra due giornate e sostiene che la legge n. 104 del 1992 deve essere interpretata nel senso che non deve essere escluso il periodo in cui il lavoratore avrebbe dovuto prestare servizio.

6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata nuovamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.. Sostiene il ricorrente che nel caso in cui, come nella specie, il turno lavorativo si protragga a cavallo di due giornate per verificare la corretta fruizione del permesso accordato si sarebbe dovuto valorizzare il periodo in cui l’attività lavorativa avrebbe dovuto essere prestata tenendo conto del fatto che trattandosi di turno notturno durante le ore diurne nessuna attività lavorativa gli poteva comunque essere richiesta.

7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata poi la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. e si deduce che l’assistita era un’invalida grave e perciò necessitava di assistenza globale estesa a tutte le necessità anche collaterali e non necessariamente collegate all’assistenza alla persona (nella specie durante il giorno si era provveduto all’acquisto di piastrelle per eliminare umidità nella stanza dell’invalida e di un letto contro decubito).

8. Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e si deduce che l’istruttoria svolta, i cui esiti erano stati disattesi dal giudice di appello, aveva confermato le regioni dell’allontanamento dal domicilio dell’invalida da assistere. Ha evidenziato poi che solo alcuni dei testi escussi erano legati da un vincolo di parentela con il ricorrente e che comunque tale circostanza non era di per sé sufficiente a privare le loro dichiarazioni del crisma dell’attendibilità. Infine, ha ritenuto illogico il ragionamento della Corte di merito che ha disatteso tali evidenze sottolineando che vi erano altri modi per procurare all’invalida il letto antidecubito senza tuttavia chiarire come.

9. I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati e devono perciò essere accolti restandone assorbito l’esame delle altre censure.

10. È noto che, a norma dell’art. 33 commi 3 e 7 della legge n. 104 del 1992, il lavoratore che presti assistenza ad un familiare disabile ha diritto a tre giorni di permesso mensile. Tuttavia, l’assenza dal lavoro deve porsi in relazione causale diretta con tale assistenza senza che il dato testuale e la “ratio” della norma ne consentano l’utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza. Il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l’abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Ente assicurativo ed ha rilievo anche ai fini disciplinari. Si tratta di condotta che priva il datore di lavoro ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente (cfr. Cass. 19/07/2019 n. 19580, 13/09/2016 n. 17968, 04/03/2014 n. 4984).

11. Nel valutare la condotta del lavoratore, tuttavia, occorre tenere conto delle modalità con le quali la prestazione viene resa ed in particolare, con riguardo al caso in esame, dei tempi della stessa.

12. È condivisibile l’affermazione della Corte di merito che ha ricordato che l’assistenza può essere prestata anche svolgendo compiti che si risolvano in un’utilità per l’invalido e che, tuttavia, si deve tenere conto, ponendoli a raffronto, anche dei tempi di assistenza diretta prestata. Tuttavia, nel compiere tale operazione è necessario avere ben presente, nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, se effettivamente durante il permesso dal lavoro sia stato sottratto tempo all’assistenza del disabile.

13. Ritiene, allora, il Collegio che nel caso in esame la Corte territoriale sia incorsa nella denunciata violazione di legge laddove – pur non essendo contestato in giudizio il fatto che il lavoratore aveva chiesto un permesso in relazione ad una giornata di lavoro in cui era stato assegnato ad un turno da svolgersi nelle ore notturne (dalle 22 p.m. alle 6 a.m.) – aveva ritenuto che l’essersi allontanato dal domicilio dove si trovava l’invalida da assistere nelle ore diurne immediatamente precedenti (tanto era stato accertato dai controlli effettuati da una agenzia investigativa per ciò incaricata dalla datrice di lavoro) costituisse uno sviamento della funzione assistenziale da svolgere nella giornata di permesso.

14. In tale prospettiva, pertanto, la Corte territoriale dovrà procedere ad un nuovo esame delle evidenze istruttorie per verificare se, effettivamente, tenuto conto dei modi e dei tempi della prestazione e delle esigenze assistenziali dell’invalida, il lavoratore con la sua condotta si sia sottratto agli obblighi di assistenza in relazione ai quali il permesso era stato accordato.

15. L’accoglimento dei primi due motivi assorbe l’esame delle altre censure.

16. In conclusione la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di lecce in diversa composizione alla quale è demandata anche la regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.