Corte di Cassazione ordinanza n. 22477 depositata il 18 luglio 2022
Sanzione unica per le violazioni reiterate
In tema di ICI e di IMU, nell’ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, derivanti da identici accertamenti riferiti a più annualità successive, si irroga una sanzione unitaria determinabile anche da parte del giudice in sede processuale.
ICI – Sanzioni – Applicazione del cumulo giuridico.
Massima:
In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, l’istituto della continuazione, sancito dall’art. 12, comma 5, del decreto legislativo n. 472 del 1997, secondo cui quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, è applicabile anche all’ICI. Nel caso di specie si era in presenza di violazioni identiche riferite ad annualità diverse, avendo il Comune contestato, con diversi avvisi di accertamento, alla contribuente il mancato pagamento dell’ICI. In ragione di ciò trova applicazione, pertanto, quanto alle relative sanzioni, il principio secondo cui per l’ICI, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, citato, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo.
Ritenuto che:
1. Con sei avvisi di accertamento ICl/IMU relativi ai periodi d’imposta 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, e 2015 il Comune di Lodi assoggettava i terreni identificati al Catasto al foglio (XXXXX) p.lle n. (XXXXX) all’imposta dovuta per “aree fabbricabili”, diversamente da quanto ritenuto dalla contribuente secondo cui gli stessi avevano natura di “terreni agricoli”. In particolare, a parere dell’ente impositore, ai fini della suddetta qualificazione assumeva rilievo la circostanza che i suindicati terreni erano inseriti nell’Ambito di Trasformazione previsto dal Piano di Governo del Territorio (PGT) adottato con Delib. del Consiglio Comunale n. 13 del 2010, e approvato con Delib. del Consiglio Comunale n. 135 del 2011, e resi edificabili attraverso la successiva approvazione di un piano urbanistico attuativo (nel caso di specie di un Piano Integrato di Intervento (PII).
2. La I. Q. S.r.l., impugnava i suddetti avvisi sul presupposto, tra l’altro, del difetto del requisito di edificabilità dei terreni sopra indicati.
3. Con sentenza n. 4414/18/18, depositata il 19/10/2018, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (CTR) in accoglimento parziale dell’appello proposto dalla contribuente dichiarava dovute le sanzioni secondo il criterio di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, confermando per il resto la sentenza di primo grado che aveva affermato la legittimità degli avvisi impugnati.
4. Avverso tale sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
5. Il Comune di Lodi ha depositato controricorso.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la I. Q. S.r.l. lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 2, comma 1, lett. b), del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. in L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. in L. n. 248 del 2006.
Il ricorrente dopo aver ripercorso l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di qualificazione, ai fini ICl/IMU, di un terreno come edificabile e del rilievo, a tali fini, del PRG, rileva che a quest’ultimo non è equiparabile il PGT, previsto dalla L.R. Lombardia n. 12 del 2005, e che il Piano Integrato di Intervento (PPI) previsto dalla medesima legge, non è qualificabile come Piano urbanistico attuativo previsto dalla suindicata L.R., art. 12, ma come strumento di secondo livello con valenza programmatica degli interventi urbanistici.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR accolto l’impugnazione quanto alla determinazione delle sanzioni secondo il cumulo giuridico D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12, comma 5, ma ne ha rimesso la determinazione al Comune di Lodi così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia sul punto.
3. Il primo motivo non è fondato.
La questione sottoposta alla Corte è se l’inserimento nel Piano di Governo del Territorio (PGT) previsto quale strumento urbanistico nella Regione Lombardia è sufficiente per qualificare un terreno come edificabile.
3.1 In tema di ICI il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, per quanto di interesse in questa sede, stabilisce che “1. Ai fini dell’imposta di cui all’art. 1: a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato; b) per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. (…)”.
Questa Corte (Cass. n. 6702 del 2020 Rv. 657450 – 01), confermando l’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità (S.U. n. 25506 del 30/11/2006 Rv. 593375 – 01), ha affermato che “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. f). L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone, peraltro, di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio“.
3.2 Fatta tale premessa, il PGT è uno strumento urbanistico introdotto nella Regione della Lombardia n. 12 dell’11 marzo 2005 (Legge per il governo del territorio).
In particolare, l’art. 1 (Oggetto e criteri ispiratori) stabilisce che “1. La presente legge, in attuazione di quanto previsto dall’art. 117 Cost., comma 3, detta le norme di governo del territorio lombardo, definendo forme e modalità di esercizio delle competenze spettanti alla Regione e agli enti locali, nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento statale e comunitario, nonchè delle peculiarità storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche che connotano la Lombardia”, stabilendo il successivo art. 6, inserito nel Capo II (Pianificazione comunale per il governo del territorio) che “1. Sono strumenti della pianificazione comunale: a) il piano di governo del territorio; b) i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale” e precisando l’art. 7 (Piano di governo del territorio) che “1. Il piano di governo del territorio, di seguito denominato PGT, definisce l’assetto dell’intero territorio comunale ed è articolato nei seguenti atti: a) il documento di piano; b) il piano dei servizi; c) il piano delle regole”.
Il documento di piano (art. 8) definisce il quadro generale della programmazione urbanistica anche in base a proposte pervenute dai singoli cittadini o associati; il piano dei servizi (art. 9) indica le strutture pubbliche o di interesse pubblico di cui il Comune necessita; il piano delle regole (art. 10), infine, definisce la destinazione delle aree del territorio comunale, individuando quelle destinate all’agricoltura, di interesse paesaggistico storico ambientale, quelle che non saranno soggette a trasformazione urbanistica. Esso, definisce, altresì, le modalità degli interventi urbanistici attuabili sul patrimonio edilizio esistente, nonchè i relativi edifici di nuova edificazione così stabilendo le regole alle quali si dovranno attenere le nuove costruzioni.
L’art. 87, disciplina i Programmi integrati di intervento (PII) stabilendo che “1. I comuni, nell’ambito delle previsioni del documento di piano di cui all’art. 8, e nel rispetto di quanto disposto dall’art. 15, commi 4 e 5, nonchè in coerenza con le disposizioni di cui all’art. 1, comma 3-bis, promuovono la formazione di programmi integrati di intervento al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio e ambientale del proprio territorio. (…)”.
Dall’esame delle norme sopra richiamate e, diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, deve affermarsi che il PGT ha sostituito nella Regione Lombardia il Piano regolatore generale (PRG) come strumento di pianificazione urbanistica a livello comunale disciplinato dalla L. n. 1150 del 1942, e, dunque, l’inclusione dei terreni oggetto del presente giudizio tra le quelli soggetti a trasformazione nel PGT equivale all’attribuzione agli stessi di un’astratta potenzialità edificatoria rilevante ai fini della imposizione fiscale.
Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra indicato risulta, poi, irrilevante la natura di piano attuativo del PII che, peraltro, deve essere riconosciuta. Sul punto assume, infatti, rilievo la circostanza che l’art. 87, fa discendere i PII dalle previsioni del documento di cui all’art. 8, parte del PGT, e che lo stesso art. 12, nel disciplinare i piani attuativi comunali precisa che “1. L’attuazione degli interventi di trasformazione e sviluppo indicati nel documento di piano avviene attraverso i piani attuativi comunali, costituiti da tutti gli strumenti attuativi previsti dalla legislazione statale e regionale”, dovendosi, dunque, far rientrare in questi ultimi anche i PII previsti dal citato art. 87.
3.3. In conclusione, nel caso di specie il fatto che i terreni di cui è causa siano stati inseriti nell’Ambito di Trasformazione previsto dal documento di Piano del PGT e resi edificabili attraverso la successiva approvazione di un PII è sufficiente a far ritenere gli stessi come aree edificabili ai sensi della giurisprudenza di legittimità richiamata.
4. Il secondo motivo è fondato.
Non vi è dubbio che nel caso di specie si sia in presenza di violazioni identiche riferite ad annualità diverse, avendo il Comune di Lodi contestato, con sei diversi avvisi di accertamento, alla contribuente il mancato pagamento, per il periodo 2010-2015, dell’ICI. In ragione di ciò trova applicazione, quanto alle relative sanzioni, il principio affermato da questa Corte (Cass. n. 11432 del 2022 Rv. 664351 – 01) secondo cui “In tema di ICI, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo“.
Per come risulta dagli atti (sentenza, ricorso e controricorso) la contribuente nell’impugnare la sentenza di primo grado aveva denunciato la illegittimità delle sanzioni applicate, tra l’altro, per la mancata applicazione del cumulo D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12.
In particolare, per effetto dell’art. 12, comma 5, in ipotesi di violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, l’Ufficio in sede di notifica dell’atto di irrogazione deve procedere alla ricostruzione di un’unica serie progressiva, che comprende anche le violazioni precedentemente considerate e contestate, e deve tenere conto, nel determinare l’importo della sanzione, di quello già indicato nell’originario atto notificato.
L’art. 12, comma 5, citato ha introdotto lo stesso principio in campo processuale, stabilendo che quando siano pendenti più giudizi, non riuniti, anche dinanzi a giudici diversi e sempre con riferimento a una serie di violazioni suscettibili di unificazione, il giudice a cui è devoluta la cognizione dell’ultimo degli atti di irrogazione per una delle violazioni coinvolte possa procedere, a seguito di ricognizione di tutte le sentenze intervenute nei singoli processi non riuniti, ad una ricostruzione unitaria, ove ne sussistano i presupposti, dell’intera serie di violazioni, secondo le regole fissate dall’art. 12, rideterminando quindi la sanzione unica applicabile (in senso conforme, circolare del Ministero delle Finanze n. 138 E del 5 luglio 2000 e circolare n. 180 del 1998).
Per effetto di tale disposizione discende che in fase processuale, qualora l’Amministrazione non abbia provveduto all’applicazione del cumulo previsto dall’art. 15, cit., è il giudice che deve provvedere stabilendo il quantum dovuto dal contribuente, risultando evidente che l’attribuzione di tale potere-dovere nelle ipotesi di pendenza di più giudizi, presuppone il suo riconoscimento anche nelle ipotesi, come quella in esame, in cui i diversi ricorsi sono stati oggetto di riunione. Sarebbe, infatti, illogico ritenere che il giudice sia chiamato all’opera di quantificazione della sanzione nei termini di cui all’art. 12, cit. nel caso di giudizio non riunito afferente ad una violazione suscettibile di riunione e non lo sia nel caso in cui di unico giudizio, risultando in tale ultima ipotesi di più immediata soluzione circa l’individuazione dell’unica sanzione a cui deve essere sottoposto il contribuente.
La CTR con la sentenza impugnata in questa sede, dopo avere correttamente riconosciuto che l’applicazione del cumulo giuridico invocato dalla contribuente, anzichè rideterminare la sanzione complessiva, come richiesto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, ha proceduto, peraltro senza offrire adeguata motivazione, a rimettere al Comune di Lodi la determinazione della stessa.
La sentenza va, pertanto, cassata.
In conclusione, rigettato il primo motivo di ricorso, in accoglimento del secondo motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, la quale dovrà procedere a nuovo esame ai fini della rideterminazione delle sanzioni, oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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