Corte di Cassazione ordinanza n. 22555 depositata il 19 luglio 2022
agevolazioni in favore della piccola proprietà contadina – giudicato esterno
Rilevato che:
1. – con sentenza n. 638/07/16, depositata il 15 marzo 2016, la Commissione tributaria Regionale della Puglia ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, per suo conto, aveva accolto l’impugnazione di un avviso di liquidazione emesso, – per il recupero a tassazione ordinaria delle imposte di registro, e ipotecaria, dovute in relazione a contratto di compravendita di terreni agricoli registrato in data 23 maggio 2007, – sul presupposto dell’intervenuta decadenza dall’agevolazione usufruita dal contribuente ai sensi della l. n. 604 del 1954;
1.1 – a fondamento del decisum, il giudice del gravame ha considerato che:
– nella fattispecie, il contribuente, non aveva presentato all’Ufficio, nel previsto termine triennale, il certificato definitivo relativo alla sussistenza dei requisiti richiesti per usufruire dell’agevolazione, per quanto pur avesse dato conto di averlo tempestivamente richiesto;
– secondo un consolidato orientamento del giudice di legittimità, «l’intempestiva presentazione del certificato definitivo, di cui agli artt. 3 e 4 della legge n. 604/54, determina la decadenza dal relativo beneficio fiscale, salvo che il contribuente non dimostri che il ritardo sia riconducibile alla esclusiva responsabilità dell’amministrazione tenuta al rilascio dell’atto, fermo restando, altresì, la necessità di dimostrare di aver agito con la dovuta diligenza per ottenere in tempo utile detto certificato.»;
– detto termine di presentazione del certificato definitivo non era stato abrogato dalla n. 25 del 2010;
– alla fattispecie non poteva applicarsi la disposizione di cui alla n. 212 del 2000, art. 6, c. 4, in quanto non si verteva «nella fattispecie di accertamento d’ufficio, bensì nella richiesta di fruizione di un beneficio ottenibile su istanza di parte previa produzione della prova di essere in possesso dei richiesti requisiti.>>;
2. – G.G. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che:
1. – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. n. 604 del 1954, artt. 3, 4 e 5, ed açJli artt. 23 e 53 Cost., assumendo, in sintesi, che, nella fattispecie, il possesso dei previsti requisiti, – che non era stato nemmeno contestato da controparte e che, peraltro, il giudice del gravame avrebbe potuto autonomamente accertare, – era stato debitamente certificato con riferimento (proprio) alla data del rogito notarile, così che avrebbe dovuto ritenersi «irrilevante la mancata produzione del relativo certificato definitivo nel triennio»; sogç1iunge il ricorrente che, del resto, la disposizione di legge (art. 4, c. 2, c:it.) nemmeno espressamente sanziona con la decadenza l’inosservanza del termine in questione, così come reso esplicito dalla disposizione di cui all’art. 5, cit., che, a sua volta, prevede il diritto al rimborso su presentazione tardiva del certificato definitivo;
– il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., e dell’art. 324 cod. proc. civ., sull’assunto, in sintesi, dell’effetto estensivo che, nella fattispecie, doveva riconoscersi alla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari (n. 4058/2015, del 18 dicembre 2015), passata in giudicato successivamente alla gravata pronuncia, con la quale era stato accertato il diritto di esso esponente all’aqevolazione in contestazione, in relazione a contratto di compravendita di terreno agricolo del 28 dicembre 2007;
– col terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 6, c. 4, declucendo che, in relazione alla disposizione di cui alla l. n. 241 del 1990, art. 18, c. 2, deve riconoscersi natura di principio generale alla reçiola secondo la quale l’amministrazione è tenuta ad acquisire di ufficio i documenti «attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni», così che, nella fattispecie, costituiva per l’appunto onere dell’ufficio acquisire il riscontro documentale di quei requisiti che, già certificati, rilevavano ai fini dell’agevolazione in questione;
– il quarto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa appliicazione della l. n. 25 del 2010, art. 1, c. 1, deducendo il ricorrente che detta disposizione aveva abrogato, con effetto utile rispetto alla fattispecie in contestazione, le disposizioni della l. n. 604 del 1954 relative ai prescritti requisiti dell’agevolazione. e, con ciò, l’obbligo di presentazione della certificazione definitiva circa la loro sussistenza;
2. – seguendo l’ordine logico delle questioni poste, il primo ed il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente, sono destituiti di fondamento, e vanno senz’altro disattesi;
2.1 – secondo il consolidato orientamento interpretativo della Corte, in tema di agevolazioni in favore della piccola proprietà contadina, il contribuente può avvalersi della facoltà di chiedere l’applicazione provvisoria dei benefici contemplati dalla n. 604 del 1954 al momento della registrazione dell’atto, presentando l’attestazione di cui all’art. 4, c. 1, della detta legge, ma deve, nel previsto termine cli decadenza di tre anni, produrre il certificato definitivo, attestante il possesso dei requisiti prescritti, verificandosi, nel caso in cui non effettui tale produzione nel termine indicato, una condizione risolutiva dei benefici anticipatamente ottenuti, integrata la quale l’Ufficio può richiedere il pagamento delle imposte nella misura ordinaria (v., ex plurimis, Cass., 16 luglio 2020, n. 15156; Cass., 14 novembre 2018, n. 29293; Cass., 5 luglio 2018, n. 17642; Cass., 7 febbraio 2018, n. 2941; Cass., 26 luglio 2016, n. 15489; Cass., 17 dicembre 2015, n. 25438; Cass., 4 marzo 2013, n. 5349; Cass., 8 ottobre 2007, n. 21050; Cass., 23 ottobre 2003, n. 15953);
– e si è, altresì, rimarcato che a distinti presupposti risponde la procedura di rimborso che, disciplinata dalla l. n. 604 dlel 1954, art. 5, presuppone la mancata produzione dell’attestazione provvisoria (di cui all’art. 4, c. 1) e del certificato definitivo (di cui all’art. 3; v. Cass., 7 febbraio 2018, n. 2941, in motivazione; Cass., 8 ottobre 2007, n. 21050; Cass., 23 ottobre 2003, n. 15953), sia pur implicando necessariamente la dichiarazione del contribuente, formulata nell’atto traslativo sottoposto a registrazione, di volersi avvalere dello specifico trattamento agevolato (v., altresì, Cass., 15 giugno 2018, n. 15863);
2.2 – con riferimento, poi, alla condizione integrante la cennata decadenza (omessa presentazione del certificato definitivo nel termine triennale) si è rilevato che non può imputarsi al contribuente il superamento di detto termine qualora ciò sia dovuto a colpa degli uffici competenti (e, dunque, all’indebito ritardato rilascio del certificato), purché il contribuente offra la prova «di aver operato con adeguata diligenza anche dopo la mera richiesta, allo scopo di conseguire la certificazione in tempo utile ad evitare la decadenza, non essendo sufficiente soltanto la mera sua richiesta iniziale» (così Cass., 16 aprile 2010, 9159; v. altresì, ex plurimis, Cass., 7 febbraio 2018, n. 2941; Cass., 19 aprile 2017, n. 9842; Cass., 17 ottobre 2014, n. 21980; Cass., 12 maggio 2011, n. 10406; Cass., 12 luglio 2005, n. 14671);
– nella fattispecie, per converso, l’accertamento sulla maturata decadenza è stato fondato sulla stessa omessa presentazione del certificato definitivo (depositato dalla parte in giudizio, in allegato a memoria difensiva depositata il 31 luglio 2013; v. il ricorso, fol. 5), così che il giudice del gravame ha dato corretta applicazione ai principi di diritto ripetutamente enunciati dalla Corte;
2.3 – né, diversamente, rileva che, come pur in più occasioni rimarcato dalla Corte, al giudice del merito deve riconoscersi un autonomo potere di accertamento in ordine al possesso, in capo al contribuente, dei requisiti rilevanti ai fini del riconoscimento dell’agevolazione in discorso, posto che un siffatto accertamento non è predicabile in relazione alla maturata decadenza (dovuta al fatto del contribuente) e, – così come reso esplicito dalle fattispecie volta a volta esaminate dalla Corte, – si correla alla stessa impossibilità di produzione del certificato perché omesso o, ad ogni modo, negato (v. Cass., 7 febbraio 2018, 2941; Cass., 9 aprile 2014, n. 8326; Cass., 15 maggio 2006, n. 11152; Cass., 28 luglio 2003, n. 11610; Cass., 28 dicembre 1998, n. 12850);
2.4 – i rilievi sin qui svolti danno, poi, conto dell’infondatezza del terzo motivo in quanto, come anticipato, la fattispecie costitutiva dell’agevolazione si correla, – secondo la concreta articolazione dell’atto contrattuale che ha usufruito del trattamento di favore, – ad uno specifico adempimento del contribuente (la produzione di un certificato definitivo a fronte della richiesta di aç1evolazione con attestazione provvisoria), adempimento prescritto a suo carico e nel rispetto di un termine istituito a pena di decadenza;
3. – del pari destituito di fondamento è il quarto motivo di ricorso;
3.1 – la Corte, difatti, ha ripetutamente statuito che l’obbligo di deposito del certificato dell’ispettorato prnvinciale agrario, attestante la sussistenza dei presupposti per usufruire dei benefici per la piccola proprietà contadina, è venuto meno solo per gli atti stipulati successivamente all’entrata in vigore del comma 4 bis dell’art. 2 del d.l. n. 194 del 2009, che è stato introdotto con la legge di conversione n. 25 del 2010 e che non ha portata retroattiva, come si desume dal suo tenore letterale (Cass., 5 ottobre 2020, n. 21291; Cass., 7 febbraio 2018, n. 2941; Cass., 28 ottobre 2016, n. 21842; Cass., 7 febbraio 2018, n. 2941; Cass., 6 giugno 2016, n. 11559; Cass., 9 marzo 2016, n. 4644; Cass., 30 dicembre 2015, n. 26190);
4. – anche il secondo motivo di ricorso è destituito di fondamento;
4.1 – vengono, innanzitutto, in evidenza pronunce che hanno ad oggetto diversi avvisi di liquidazione, a loro volta emessi in relazione a distinti atti negoziali, così che la pronuncia che si assume passata in giudicato si correla ad un bene della vita (ad un oggetto) diverso da quello (ora) in cognizione;
– né, per vero, viene in considerazione un rapporto di durata, – cui possa ascriversi la regula iuris delineata dalle Sezioni Unite della Corte (Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916), – in quanto, così come reso esplicito dalla natura dei tributi in contestazione, il relativo presupposto impositivo si fonda sull’atto oggetto di tassazione;
4.2 – per di più, va rimarcato, la pronuncia passata in giudicato si fonda, – in relazione ad un avviso di liquidazione emesso sul presupposto della maturata decadenza del contribuente dall’agevolazione, per omessa produzione del certificato definitivo (nel termine triennale di cui alla l. n. 604 del 1954, art. 4), – su di una particolare interpretazione del dato normativo, quale attribuita alla Corte, ed alla cui stregua l’agevolazione andrebbe <<riconosciuta al contribuente che possieda e spenda la qualifica di coltivatore diretto già alla data dell’atto (per il quale abbia chiesto l’applicazione dell’imposta ridotta), restando irrilevante la mancata produzione del relativo certificato definitivo nel triennio (ipotesi che riguarda il diverso caso di contribuente che non risulti ancora possedere la qualifica: Cass., ordinanza n. 10248 del 2.5.2013; in senso conforme anche Cass., n. 8326 del 9.4.2014) .»;
– interpretazione, questa, che, – ben vero difforme dai principi di diritto enunciati dalla Corte (v. sub 2. che precede), – negli stessi rapporti di durata non è idonea a fondare l’efficacia espansiva del giudicato che, come la Corte ha rilevato, trova ostacolo in relazione alla interpretazione giuridica della norma tributaria, ove intesa come mera argomentazione avulsa dalla decisione del caso concreto, poiché detta attività, compiuta dal giudice e contestuale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire un limite all’esegesi esercitata da altro giudice, né è suscettibile di passare in giudicato autonomamente dalla domanda e dal capo di essa cui si riferisce, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (Cass., 1 giugno 2021, 15215; Cass., 15 luglio 2016, n. 14509; Cass., 21 ottobre 2013, n. 23723);
5. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in€ 2.200,00 oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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